Uno dei più importanti genetisti italiani ci racconta la storia di come eravamo e com’era la vita quotidiana milioni di anni fa, a partire dai volti dei nostri antenati restituiti in quindici magnifiche sculture iperrealistiche.
«Il racconto di Barbujani comincia da Lucy e arriva sino a sapiens. Dico «sino a», ma è scorretto, perché il libro ci porta a esplorare vicoli ciechi dell’evoluzione, aspetti impervi e deformi che sembrano riportare la storia dell’uomo indietro anziché avanti, cervelli troppo piccoli o troppo grossi o troppo veloci a diventare grossi.» - Alessandro Tacchino per Maremosso
Dal primo avventurarsi su due gambe nelle
pianure africane alla produzione di pitture rupestri, piramidi,
bastimenti, parlamenti e molto altro: tanto si è scritto sul cammino
evolutivo dell’umanità grazie al lavoro di paleontologi, archeologi e
genetisti. Ciascuno di loro ha messo un tassello a formare un quadro
generale della nostra storia. Ma oggi siamo riusciti a compiere un altro
passo: con la capacità che abbiamo acquisito di leggere a fondo il DNA
di tante persone, passate e presenti, e di interpretarne le differenze,
quei resti non solo ci danno un’idea delle migrazioni, degli scambi, dei
processi di adattamento all’ambiente che hanno fatto di noi quello che
siamo, ma ci hanno anche permesso la ricostruzione delle sembianze dei
nostri antenati. Il lavoro scrupoloso di un gruppo di artisti ci fa
finalmente guardare in faccia Homo erectus, che per primo ha imparato a
maneggiare il fuoco, e i piccoli ominidi dell’isola di Flores in
Indonesia, che qualcuno ha ribattezzato hobbit; i vecchi europei, gli
uomini di Neandertal e quelli nuovi come Ötzi, l’uomo dei ghiacci del
Museo di Bolzano, e tanti altri. Guardandoli negli occhi possiamo capire
meglio quanto abbiamo in comune, quanto ci siano vicini, quanto è vero
che, nonostante la grande distanza temporale, noi in qualche modo siamo
loro.
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