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venerdì 29 maggio 2020

Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto di Francesco Filippi (Bollati Boringhieri)













Dopo il grande successo di Mussolini ha fatto anche cose buone, Francesco Filippi è ormai riconosciuto come una voce importante nel dibattito sul fascismo in Italia. Avendo effettuato il suo meticoloso e definitivo lavoro di «debunking» sulle numerose e ostinate leggende relative al ventennio fascista e alla figura del duce, ancora così diffuse nel nostro paese, Filippi dirige ora la sua affilata analisi verso i motivi che hanno portato tanti nostri concittadini a cadere vittime, ancora oggi, di una propaganda iniziata oltre due generazioni fa. Com'è possibile – ci si chiede in molti – che dopo tutto quello che è successo – dopo una guerra disastrosa, milioni di morti, l'infamia delle leggi razziali, la vergogna dell'occupazione coloniale, una politica interna economicamente fallimentare, una politica estera aggressiva e criminale, un'attitudine culturale liberticida, una sanguinosa e lunga guerra civile... –, oggi ci guardiamo intorno, ben addentro al terzo millennio, e ci scopriamo ancora fascisti? Ma cos'altro avrebbe dovuto succedere per convincere gli italiani che il fascismo è stato una rovina? Eppure ancora si moltiplicano le svastiche sui muri delle città, cresce l'antisemitismo, un diffuso sentimento razzista permea tutti i settori della società e il passare del tempo sembra aver edulcorato il ricordo del periodo più oscuro e violento d'Italia: a quanto pare la storia non ci ha insegnato abbastanza, non ci ha resi immuni. Per aiutarci a capire perché, Filippi in questo libro ci racconta molte cose: ci racconta com'è finita la guerra, cosa è stato fatto al termine del conflitto e cosa non è stato fatto, quali provvedimenti sono stati presi nei confronti dei responsabili, quali invece non sono stati presi, cosa hanno scritto gli intellettuali e gli storici e cosa non hanno scritto, cosa è stato insegnato alle nuove generazioni e cosa invece è stato omesso e perché. Soprattutto, ci mostra come noi italiani ci siamo raccontati e autoassolti nel nostro immaginario di cittadini democratici, senza mai fermarci a fare davvero i conti col passato. Che, infatti, non è passato.

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