Nell’agosto
del 1962, nel centro esatto del Monte Bianco, viene abbattuto l’ultimo
diaframma di granito che separa l’Italia dalla Francia. Gli operai hanno
sopportato crolli, ritardi e imprevisti, procedendo palmo a palmo per
5800 metri, immersi nel fango, esposti alle emorragie d’acqua che
frantumano la roccia. Nel ventre della montagna tutti gli uomini
sembrano piccoli. Ma Ettore sente che quell’impresa visionaria lo
riguarda, perché c’è un fronte di scavo anche dentro di lui, e quella
meravigliosa cosa da pazzi vale una vita intera.
All’inizio degli anni Sessanta, centinaia di uomini sono impegnati
nella piú grande operazione di «chirurgia geografica» del secondo
dopoguerra: il traforo del Monte Bianco. Devono procedere spediti, e
soprattutto dritti, altrimenti la galleria italiana e quella francese
non s’incontreranno. Ettore è un uomo di città, chiamato in valle per
partecipare al progetto. I calcoli e le misurazioni sono il suo pane
quotidiano, l’ingegneria il suo mestiere; di colpo viene precipitato in
uno scenario che gli allarga la mente e il respiro. Insieme a lui ci
sono Hervé, capocantiere di poche parole che di quei sentieri conosce
ogni segreto, e Nina, indomita, che lavora alla mensa ed è sola con un
figlio piccolo. Il fronte di scavo avanza, mentre Ettore impara a
conoscere loro e sé stesso, accordando pian piano il suo ritmo a quello
della montagna. La Regina Bianca è volubile e capricciosa, dorme per
giorni, ma nella strana partita di conquista e seduzione che gioca con
gli operai può trasformare il tunnel in un campo di battaglia. Con una
scrittura limpidissima, Sara Loffredi ci guida nelle profondità della
montagna e degli uomini, e ci mostra una pagina epica della nostra
storia, scritta da un’Europa appena uscita dalla guerra ma capace di
guardare con fiducia al futuro.
Nessun commento:
Posta un commento