Tullio Avoledo esordisce nel noir con un romanzo vorticosamente
appassionante e di grande attualità, che non teme di calarsi nei recessi
più oscuri di una società rabbiosa e corrotta.
«Se la
vita è un piano inclinato, sul quale la tua caduta si fa sempre più
veloce, dev’esserci un momento in cui invece di continuare a rotolare
puoi fare uno sforzo e spostarti di lato per cadere dal bordo, giù
nell’abisso che cancella ogni colpa»
Sergio Stokar era un buon
poliziotto. Forse il migliore a Pista Prima, degradata ma ancora grassa
città del Nord-Est. Fino al giorno in cui, senza saperlo, ha pestato i
piedi alle persone sbagliate. Così qualcuno l’ha lasciato, mezzo morto,
sulla porta dell’ultimo posto in cui avrebbe voluto finire: le Zattere,
un complesso di edifici abbandonati dove si è insediata, dandosi proprie
leggi, una comunità di immigrati irregolari. Quel rifugio
dall’equilibrio fragile e precario – con la sua babele di lingue, razze e
odori – normalmente sarebbe un incubo per uno col credo politico di
Sergio. Ma è un incubo in cui è costretto a rimanere, adattandosi a
nuove regole e a convivere con una realtà che un tempo avrebbe
rifiutato. Per poter stare al sicuro, è diventato “lo sceriffo delle
Zattere”: mantiene l’ordine, indaga su piccoli reati. Finché un giorno
il Consiglio che governa il complesso gli affida un incarico speciale.
Alcune ragazze delle Zattere sono state uccise in modo orribile, c’è un
assassino in agguato, e solo un poliziotto abile come Sergio può
scovarlo, con il suo fiuto e le sue conoscenze, ma soprattutto grazie a
un’ostinazione che lo trasforma in un autentico rullo compressore. In
un’Italia appena dietro l’angolo – l’Italia di dopodomani, che ci indica
con chiarezza dove sta andando il nostro paese – Sergio Stokar deve
tornare dal regno dei morti e rimettersi a indagare, frugando nel
passato e negli angoli più in ombra della sua città, per scoprire, alla
fine, che forse l’indagine è una sola, e che l’orrore si nasconde in
luoghi e persone insospettabili. Tutto è legato da un filo. Un filo nero
come la notte, rosso come il sangue. Perché in un mondo che ha fatto
dell’avidità il suo credo non esistono colpevoli e innocenti, ma solo
infinite sfumature di male.
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