Negli anni appena successivi alla Marcia su
Versailles i rivoluzionari, divisi in due fazioni, si trovarono di fronte
un’impresa inedita: costituire una nuova forma di autorità. La continuazione
della rivoluzione si dimostrò, come spesso accade (basti pensare all’odierno
Egitto), più onerosa della pars destruens. Il periodo del Terrore iniziò con
quel taglio netto necessario a un nuovo inizio: la decapitazione del re.
L’analisi di Roberto Paura, fondata sul parere di storici come Quinet,
Gueniffey, Michelet, Soboul e tanti altri, parte dall'assunto che “se il 1789
fu il laboratorio politico del XIX secolo, il 1793 è stato senza dubbio il
laboratorio politico del XX e del XXI secolo. Problemi straordinariamente
moderni, dal suffragio universale al reddito minimo, dall’ateismo ai diritti
sociali – il diritto al lavoro, il diritto all’istruzione –, dall’emancipazione
delle donne alla conflittualità tra democrazia rappresentativa e democrazia
diretta, dai rischi di un potere incontrollato fondato sulla persecuzione di
quanti non ne condividono il progetto politico” e non a caso l’ultimo
monumentale romanzo dei Wu Ming, L'armata dei Sonnambuli (Einaudi 2014)
riguarda proprio quel periodo. Paura si focalizza sul lasso di tempo che va dal
1793, in cui venne ghigliottinato il cittadino Luigi Capeto, al 1794, anno in
cui un complotto in seno alla Convenzione volle e ottenne la morte di Maximilen
Robespierre, "l’Incorruttibile" avvocato che sacrificò la propria
esistenza alla causa rivoluzionaria. Girondini e Giacobini si combatterono
sanguinosamente al fine di egemonizzare la forma politica, le leggi e i
principi fondamentali della nuova forma politica che stava nascendo. Ma se i
giacobini si indirizzavano verso una giusta redistribuzione della ricchezza (e
non l'eliminazione della proprietà privata) come professava Rousseau, la
gironda avrebbe preferito un sistema oligarchico. Tra i due, gli umori del
"popolo", potenza spesso vista come cieca, altre come materia da
interpretare e assecondare. Chi aveva creduto fino al giorno prima alla
violenza per eliminare gli avversari politici, oggi la teme e anzi soccombe ad
essa.
Il Terrore fu l’essenza stessa della rivoluzione,
non il “raptus” di un momento. Ma precisa Paura: "è opportuno distinguere
tra tre tipi di Terrore: il primo, quello che nasce con la Rivoluzione stessa,
che ha le sue prime espressioni nella Grande Paura del 1789, e che dà vita alla
mentalità complottista, ai massacri di settembre, è il Terrore che infetta le
masse popolari e le élites rivoluzionarie. Il secondo Terrore è quello che
coglie i girondini di fronte agli eccessi di violenza, soprattutto all’indomani
dei massacri di settembre, e che li porta ad allontanarsi dalla base popolare
della Rivoluzione, fino a esserne travolti. Infine, il Terrore istituzionale,
quello teorizzato per primo da Danton, secondo cui «bisogna essere terribili
per impedire che lo sia il popolo», e che cerca di incanalare la violenza
popolare in una cornice legalitaria. Robespierre non ne è né l’espressione né
l’autore, ma l’interprete più acuto." L'analisi, ad ogni modo, non
soppianta la scorrevolezza della prosa e
la piacevolezza dell'esposizione dei fatti. In definitiva, quello di Paura, è
un saggio utile per capire senza altri strumenti un periodo di capitale
importanza per la storia europea.
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