Con enorme interesse e favore
abbiamo accolto e letto il libro-intervista di Matteo Incerti al
"nuovo" sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, "Cittadini a 5
stelle". Innanzitutto, evidentemente per l'adesione all'attualità della
pubblicazione; non recentissima, tra l'altro, se si considerano i tempi
dell'editoria 'moderna', ma - certamente - (almeno) recente. In seconda istanza
in quanto il "fenomeno Grillo" e, soprattutto, le azioni e la vita
del MoVimento 5 stelle ha sempre sortito in noi interesse: di segno positivo
come di segno negativo, d'altronde. In ultimo perché avevamo davvero la voglia
d'ascoltare la voce d'un primo cittadino che si concede in risposte d'ampio
respiro. Allora, a lavoro fatto, possiam dire una serie di cose. Intanto che
Incerti non lavora da giornalista puro, in questo caso. In quanto in primis
avrebbe dovuto dimostrare che l'intervista era finalizzata a esternare
solamente il lato, per così dire migliore, di Pizzarotti e degli 'stellati',
dei fan più accaniti di Beppe Grillo. Il libretto, dunque, appare utile. Più
che utile, anzi. Praticamente essenziale. Ma per dimostrarci, e ne avevamo un
po' bisogno, quanto e come un neo-amministratore del MoVimento risponde alla
prova dei tempi classi della politica. Dopo aver vinto elezioni garantite, in
un certo qual modo, dalla politica intesa in senso davvero classico. A nostro
modesto avviso, Pizzarotti cade. Più volte. La sua "prosa" è almeno
ripetitiva. Gli stessi concetti sono rimestati, allargati e rimpiccioli alla
bisogna. Senza dar giudizi politici, perché intanto siamo difronte alla grande
novità della partecipazione reale, provata, concreta e fattiva del
"cittadino", molte incognite sul futuro, già di Parma, ci rimangono.
Detto ciò, messa a confronto l'intervista d'Incerti a Pizzarotti con quella
d'Adornato al capo del Pci Enrico Berlinguer sul 1984, riproposta sempre da
Aliberti, col titolo "La consapevolezza del futuro", quest'ultima
c'appare un oggetto da studiare nelle università. Ché Ferdinando Adornato come
prima cosa si pone il problema di presentarsi. Poi senza timori porta il
segretario del Partito Comunista a ragionare su temi imprescindibili, per
rispondere a domande che mai sfiorano il terreno della banalità. L'intervista
originaria, va ricordato, uscì su uno speciale che l'Unità aveva dedicato
all'arrivo del 1984 (in connessione ideologica col romanzo d'Orwell - speciale
al quale aderino con loro testi decine d'intellettuali e artisti
internazionali). Il dialogo è intenso. L'attenzione di chi legge non può venir
meno. Enrico Berlinguer tra le altre cose, pe dire dei contenuti,
"rilegge" George Orwell e spiega che non si dovrebbe aver remore
nell'accettare l'innovazione tecnologica. Il pensiero di Berlinquer si potrebbe
sintetizzare anche con questa parole: nuovi mezzi a disposizione potranno far
avanzare l'umanità. Una certa affinità, forse, tra gli argomenti proposti da
Berlinguer nel'83 e a duemilaedieci inoltrato dagli stellati c'è. Epperò
Berlinguer non aveva dubbi sulla necessità d'uscire dal dominio del localismo.
Al contrario, tecnicamente, degli stellati. Magari persino per questa semplice
ragione Enrico Berlinguer è rimasto nella storia. Alla stregua d'altre
personalità che fecero parte d'un segmento parlamentare, diciamo pur sapendo di
semplificar troppo, che ruotava dalla parti sempre del Pci. L'aiuto, questa
volta, c'arriva dal saggio firmato dallo storico Giambattista Scirè, "Gli
indipendenti di sinistra". Scirè, attraverso materiali e analisi, descrive
cosa fu proprio questo gruppo parlamentare che, fra gli altri, vide l'adesione
di uomini che si chiamarono Carlo Levi e Altiero Spinelli, passando per persone
che ancora si muovono come Stefano Rodotà e Adriano Ossicini (nonostante
quest'ulimo sia tra i più anziani reduci di quell'esperienza). Lo studio di
Scirè, strutturato in maniera inattaccabile e felice nello svolgimento, ha il
grande merito di ragionare sulle correlazioni del lavoro di Parri e altri con i
fatti più importanti del secondo Novecento italiota. Se Pizzarotti e altri
dicono di venir dalla Resistenza, intendendo l'adesione a quei valori morali,
buona parte degli Indipendenti di Sinistra lottarano direttamente contro il
fascismo. E da sinistra rivendicavano: "come valori irrinunciabili la
libertà, la democrazia, il pluralismo, la laicità, rifiutando sia l'ideologismo
e il centralismo democratico del movimento operaio, sia la stretta dipendenza
dalla gerarchia ecclesiastica e l'interclassismo democristiano". Cattolici
e laici, erano. Senza compromessi di sorta agivano.
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