Il Libro dell’Inquietudine si presenta ad occhio nudo come un’accozzaglia in
apparenza sconnessa di riflessioni, impressioni, valutazioni, vaneggiamenti
della mente. Non sarebbe quindi da ascrivere nella categoria del romanzo, ma
piuttosto in quella del diario. Pessoa ha infatti inventato un personaggio di
nome Bernardo Soares e gli ha affidato il compito di stendere un diario. Soares
è dunque un personaggio di fantasia che usa la sottile finzione letteraria
dell'autobiografia. L’autore delega così il diario alla penna di una delle sue
molteplici identità letterarie: Bernardo Soares. Il diario di Pessoa copre
l’arco di circa un ventennio ed è giunto tra le nostre mani quasi sotto le
sembianze di fogli sparsi, come se l’autore avesse voluto privarlo di un ordine
concettuale. La bellezza di quest’opera risiede proprio nella possibilità che
offre al lettore di farsi leggere a caso e lasciarsi stregare; leggerlo
diviene, infatti, un barcamenarsi nella poesia, è identificarsi in qualcuno che
si tratteggia come nessuno, è isolarsi da una realtà che pure viene investigata
in modo ossessivo ed analitico. Ad una prima disincantata lettura si ha pronta
l’impressione che lo scritto non vesta alcuna consistenza, alcuna tangibilità
di fatti, impressioni, esperienze. Il ricorrere insistente, sovrastante delle
parole "fingere", “inganno”, "mentire " può infatti facilmente
portarci nella direzione di una non considerazione del reale come se Pessoa
volesse eludere il nudo, crudo dispiegarsi della vita, ma ad una più
coscienziosa lettura questo suo artificio si rivela essere la sola via per
affrontare svestiti la nuda realtà. Il libro chiede di essere letto più e più
volte per farci diventare coscienti che si tratta invece di un’opera
eccezionalmente lucida sull'esistenza. Il risultato finale somiglia a qualcosa
come“perdersi in Pessoa” e perdersi vuol dire conoscerlo e conoscersi,
guadagnare se stessi. Pessoa è insieme poeta e filosofo e nel libro le due
identità si compenetrano costantemente contribuendo a fare dello scritto una
singolare opera d’arte. Il suo pensiero visionario di cui è impregnata ogni
pagina, è ciò che in realtà conferisce all’uomo Pessoa , alla sua opera e alla
vita stessa la sua significatività. Questa è una caratteristica profonda del
suo pensiero: comunicarcelo attraverso immagini balenanti, inebrianti anche
quando queste sembrano mostrarsi più rispondenti al concreto. Altro elemento
degno di nota è il rapporto strettissimo tra l’Io e il resto del mondo, ma ciò
che rende questo dettaglio insolito è ancora una volta l’esprimerlo attraverso
un’apparente dicotomia d’immagini, pensieri, annotazioni. Pare che Pessoa
voglia comunicarci la verità attraverso il suo contrario o l’annullamento della
stessa e ciò che colpisce è l'estrema angoscia ed insieme l'estrema lucidità
nel considerare ogni cosa, come si può ben vedere in frasi del tipo:“Ho capito,
con una illuminazione segreta, di non essere nessuno”. Suona quasi sconcertante
questa sua capacità di immergersi nella verità e fluttuare nei suoi labirinti
più inesplorati e temuti sino a giungere alla conclusione che nulla di quel che
si palesa è veramente. Attraverso la sua opera, Pessoa negando e al tempo
stesso riconoscendo tutto e niente vuole educarci al mutamento, alla pluralità
che ogni essere è al di là di verità umane date per risolutive e quindi, alla
possibilità di risorgere sempre.
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