“Quando Katniss urla "Mi offro volontaria, mi offro volontaria come
tributo!" sa di aver appena firmato la sua condanna a morte. È il giorno
dell'estrazione dei partecipanti agli Hunger Games, un reality show organizzato
ogni anno da Capitol City con una sola regola: uccidi o muori. Ognuno dei
Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che
verrà gettato nell'Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo,
il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli
sponsor, l'audience. Katniss appartiene al Distretto 12, quello dei minatori,
quello che gli Hunger Games li ha vinti solo due volte in 73 edizioni, e sa di
aver poche possibilità di farcela. Ma si è offerta al posto di sua sorella
minore e farà di tutto per tornare da lei. Da quando è nata ha lottato per
vivere e lo farà anche questa volta. Nella sua squadra c'è anche Peeta, un
ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui è determinato a
mantenere integri i propri sentimenti e dichiara davanti alle telecamere di
essere innamorato di Katniss. Ma negli Hunger Games non esistono gli amici, non
esistono gli affetti, non c'è spazio per l'amore. Bisogna saper scegliere e,
soprattutto, per vincere bisogna saper perdere, rinunciare a tutto ciò che ti
rende Uomo
lunedì 30 aprile 2012
domenica 29 aprile 2012
Obbedienza e libertà. Critica e rinnovamento della coscienza cristiana di Vito Mancuso (Fazi Editore)
Un vero e proprio manifesto della “teologia mancusiana”. Obbedienza e
libertà è una sintesi matura del pensiero di Mancuso e lancia un messaggio
chiaro: libertà e religione non devono più essere viste come alternative. Un
“discorso sul metodo” in presa diretta, fondato sul principio di coerenza e
onestà invece che su quello di autorità. Un libro che nasce dal disagio di Vito
Mancuso di vedere la propria Chiesa riproporre una verità non al passo coi
tempi, prigioniera di una visione superata del mondo e dell’uomo. Un discorso
sul metodo, non solo della teologia, ma anche e soprattutto della coscienza.
Divisa tra obbedienza e libertà, la coscienza cristiana (e non solo essa) è
inquieta come non mai, ed è alle sue inquietudini che questo nuovo libro di
Vito Mancuso si rivolge affrontando con chiarezza i nodi più importanti del
dibattito odierno: la verità e il potere, la religione al servizio della
politica e il principio di laicità, l'identità umana tra anima e coscienza, il
destino finale tra nulla ed eternità, il dialogo tra le diverse religioni e le
diverse spiritualità del mondo. I temi sono i grandi temi di Mancuso, la
radicale onestà intellettuale e il primato della vita, ma qui trovano un loro
scenario caratteristico che distingue questo libro dagli altri: il delicato
rapporto tra il potere ecclesiastico e la verità. Partendo dal motto caro a
Martini, “pro veritate adversa diligere” (ovvero essere contenti delle
contraddizioni), il teologo della vita autentica ci spiega come la “verità
autentica” non sia qualcosa di statico, di ricevuto in eredità, ma qualcosa a
cui si arriva per contrarietà. In un corpo a corpo con l’ortodossia, Mancuso si
dichiara contento delle contraddizioni, esprimendo così il suo amore per la
vita. Il pensiero di Vito è come sempre antinomico e non dicotomico, analogico
e non oppositivo.
Vito Mancuso, teologo, docente di Teologia presso la Facoltà di Filosofia
dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano dal 2004 al 2011 ed
editorialista de “la
Repubblica”. Oltre ad articoli su riviste specializzate, alla
partecipazione ad opere collettive (tra cui: Che cosa vuol dire morire. Sei
grandi filosofi di fronte all’ultima domanda, a cura di Daniela Monti, Einaudi
2010, con R. Bodei, R. De Monticelli, G. Reale, A. Schiavone, E. Severino), tra
le sue opere più recenti ricordiamo i bestseller La vita autentica (Raffaello
Cortina, 2009), Disputa su Dio e dintorni, con Corrado Augias (Mondadori,
2009), L’anima e il suo destino, con la prefazione di Carlo Maria Martini
(Raffaello Cortina, 2007) e Io e Dio. Una guida dei perplessi (Garzanti, 2011).
Con Elido Fazi dirige la collana di libera ricerca spirituale “Campo dei
fiori”. Presso una delle più prestigiose case editrici accademiche tedesche è
stato pubblicato di recente un saggio sul suo pensiero: Corneliu C. Simut,
Essentials of Catholic Radicalism. An Introduction to the Lay Theology of Vito Mancuso.
sabato 28 aprile 2012
Franco Quinto. Commedia di una banca, di Friedrich Durrenmatt, traduzione di Aloisio Rendi (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa
Sappiamo sempre meglio che le banche sono il malessere della società.
Producono morti reali. Dalla morte dell’economia. Garantiscono illegalità etica
diffusa, le banche. Ma lo spettacolo teatrale di Friederich Durrenmatt, “Franco
Quinto”, commedia che oggi ci torna con un testo finalmente giunto in Italy –
per chi non possiede l’edizione svizzera dell’86 – è il racconto, paradossale
fino a un certo punto, di tutto ciò. Franco Quinto e la moglie Ottilia, eredi
d’una immortale dinastia di banchieri, ne inventano di tutte e di più per far
sopravvivere, si fa per dire, la stirpe. Da due secoli ingannano, falsificano,
e addirittura uccidono pur di far profitti e nascondere le loro tremende
nefandezze. E’ tornare indietro non è possibile. La Banca deve vincere e
vincerà! Se il premiato autore del recentemente pubblicato in Italia e anche questo
da Marcos y Marcos, “Romolo il grande”, fu acclamato all’uscita di questa
ovviamente immortale opera, capolavoro assoluto del farsesco e dell’assurdo ma
non troppo, oggi sarebbe osannato dalla parte dei medium che cercano d’inviare
criticità alla finanza. “Il rilancio di Franco Quinto – dice giustamente
l’editore nel presentare il libro - ha coinciso con l'esplosione dei recenti
scandali che hanno scosso le banche (e i risparmiatori) di mezzo mondo”,
infatti. Epperò le ambientazioni inventate dalla penna del drammaturgo e
scrittore svizzero, non è nel loro contenuto ideale che danno l’interesse più
grande. Perché è nella poesia dei soggetti della scena che rintracciamo, non
bisogna scordare, il ‘plusvalore’. Dove il gioco tra “cori” ed “Egli” raggiunge,
in effetti, la vetta più altra della drammatizzazione. Mentre, appunto, gli
affondi e le sferzate da anarchico, oggi da persona dotata di buonsenso, sono
il motivo centrale, il corpus della grande, anzi immensa scena.
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Coriandoli nel deserto di Alessandra Arachi (Feltrinelli)
Ha perso la gloria e la fama, che sono andate tutte a lui, l'amico fraterno.
Il premio Nobel per la fisica. L'inventore dell'energia atomica. Enrico Fermi.
Forse sarebbe bastato poco per condividerle. Ha perso anche l'amore, quello per
lei. L'unica ricercatrice del gruppo di via Panisperna. La donna che saliva e
scendeva dagli aerei come dalla sua bicicletta. Nella Mortara. Forse sarebbe
bastato un attimo per averlo. È il giugno del 1969 quando dal suo letto
d'ospedale Enrico Persico ripercorre il tracciato della sua esistenza vissuta
all'ombra del genio. Schiacciato dal peso del genio. Non si può competere con
il più grande scienziato del Novecento quando si ha la sventura di fare lo
stesso mestiere e, ironia del destino, di averne pure lo stesso nome. Da quel
letto vediamo Persico inseguire la speranza e l'ambizione, e sentiamo il
destarsi di una voce, di segrete accensioni, di timidi stupori, di malcelati rimpianti:
la sua è la storia di un eterno secondo, sullo sfondo di un teatro umano
irrimediabilmente più grande di lui. Col passo del romanzo, in un frenetico
andare e venire del tempo, Alessandra Arachi ci racconta i coriandoli della
vita di un uomo.
venerdì 27 aprile 2012
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: La paura della lince di Antonella Cilento (Rogiosi)
Esordio nel genere “giallo” per la scrittrice Antonella Cilento, una delle
firme più prestigiose della narrativa, e non solo, italiana degli ultimi
vent’anni. La paura della lince è un mistero complicato ed affascinante in cui
la tensione resta alta per l’intero arco della narrazione fino a restituire al
lettore tutte le risposte per un finale sorprendente ma anche l’unico
possibile. Nella Napoli dei giorni nostri una guida turistica si trova, suo
malgrado, a ricevere le rivelazioni di un uomo in fin di vita, inizierà da quel
momento un susseguirsi di eventi inquietanti dal cui corso la protagonista non
riuscirà a sottrarsi
Il Fu Mattia Pasca di Luigi Pirandello a cura di Sergio Campailla (Newton Compton)
Il fu Mattia Pascal, il più famoso dei romanzi pirandelliani, riveste
un’importanza fondamentale nella letteratura italiana del Novecento. Grottesco
antieroe, Mattia Pascal è uomo senza certezze e senza vocazioni. Creduto morto
dopo una fuga da casa, pensa di approfittarne per cambiare vita, ma il
desiderio di spezzare le catene delle convenzioni sociali, lo slancio verso la
riconquista di un’originaria purezza e autenticità falliscono:perché la vita
deve comunque darsi una forma, e la fatica che bisogna affrontare per crearne
una nuova e sostenerne i condizionamenti e i compromessi è talora così grande
che ci costringe a rientrare precipitosamente nella vecchia.
La quale, pur con
i suoi originari limiti e le sue falsità, rende possibile l’esistenza,
allontanando il rischio della disgregazione, impedendoci di essere altro da
noi, inchiodandoci a una realtà fittizia, ma inalienabile.
«Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa:
che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno
de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di
venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle,
socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: – Io mi chiamo Mattia Pascal.»
giovedì 26 aprile 2012
PRESENTAZIONE AL BUIO DEL LIBRO “GLI OCCHI DI MIA FIGLIA” DI VITTORIA COPPOLA
Per la prima volta in Italia un libro viene letto e presentato al buio. A promuovere l’iniziativa L’Unione Italiana
per ciechi e Ipovedenti di Lecce, la casa editrice Lupo e la libreria
Liberrima. Ad essere protagonista di
questa esperienza, in uno strano gioco di significati, “Gli occhi di mia
figlia”, libro best seller salentino di Vittoria Coppola, edito dalla Lupo
Editore e vincitore del primo posto nell'annuale sondaggio promosso da
“Billy", la rubrica letteraria del TG1. Lo scopo è quello di sperimentare
nuove modalità comunicative ed espressive e sensibilizzare alla lettura. È un percorso che si compie in totale assenza
di luce dando importanza alla voce dei protagonisti e affidandosi al solo udito
per vivere un'esperienza straordinaria e per avvicinarsi all’esercizio della
lettura per un non vedente. L’evento si
terrà venerdì 27 aprile 2012 alle ore 19:30 presso la sala conferenze
dell’Istituto dei ciechi Anna Antonacci di Lecce (via Scipione De Summa) e sarà
coordinata dal giornalista Raffaele Gorgoni.
Dopo i saluti del presidente dell’Unione Ciechi di Lecce Antonio
Maggiore, Tony Donno incontrerà al buio la scrittrice Vittoria Coppola per
iniziare insieme questo nuovo percorso di sensi e per presentare la versione
audiolibro del testo realizzata dal Centro Nazionale del Libro Parlato
dell’unione Italiana Ciechi Il libro,
che ha riscosso un notevole successo, non solo in Salento, ma in tutta Italia,
ha una trama di romanzo d’altri tempi e racchiude il tema dei sentimenti che
legano madre e figlia e il desiderio di quest'ultima di affrancarsi da un
affetto che pesa come un macigno. La
presentazione al buio diventa, quindi, non solo possibilità di incontro con
l’autrice, ma occasione per ascoltare il suo libro e, soprattutto,
sensibilizzare alla lettura come possibilità di dare delle forme e dei colori,
costruire un percorso di associazioni e di immaginazione che si distacca dalla
pura materialità del libro scritto. Il
racconto, la storia, il romanzo, diventa un’esperienza da vivere in totale
libertà e distacco dal senso stesso della vista per costruire diversi mondi e
vite possibili. PER INFORMAZIONI SCRIVERE A tonydo67@alice.it
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Uccidimi di Ana Maria Sandu (nella traduzione di Ileana M. Pop) edito da Aisara
Ramona vive a pensione da una gentile signora con la quale convive in un
clima di intimità e amicizia, ma la serena convivenza si trasforma presto in un
incubo, e quella casa così accogliente in una prigione popolata di fantasmi e
allucinazioni. Un luogo situato in quel labile confine fra lucidità e follia. "Io sottoscritta Ramona Petrescu, nata
il 12 aprile 1981, dichiaro che la sera di giovedì 22 settembre ho perso la
ragione e ho ucciso una donna di nome Veronica Manea, di anni settanta, residente a Bucarest, in Strada Domenii 76.
Preciso inoltre che tra me e la signora Manea non c’era alcun grado di
parentela."
“Dalla finestra, che dava su un cortile interno, vedeva l’appartamento più
luminoso della terra. Quello con le vetrate dal soffitto al pavimento e una
gran quantità di piante rampicanti. A
volte vedeva la ragazza che ci abitava e le veniva da andare alla sua porta a
chiederle se una casa possa rendere più
felici, almeno un po’..
ANA MARIA SANDU (Târgu Jiu, Romania, 1974), scrittrice, poetessa e
giornalista, debutta nel 2003 con un’opera sulla sessualità e la femminilità,
nominata al premio “România Literara” come miglior esordio e al “Premio aspro”
come miglior esperimento letterario dell’anno e pubblicata in Francia con il
titolo L’écorchure (Chemin de Fer, 2010).
mercoledì 25 aprile 2012
I Caffè della cultura a Poggiardo con Pierluigi Mele
Sarà Pierluigi Mele, poeta, autore e regista teatrale tra i più apprezzati,
con l’antologia poetica “Ho provato a non somigliarti” (Lupo Editore) il
protagonista del nuovo appuntamento de “I Caffè della Cultura” in programma
giovedì 26 aprile alle ore 19.00 nella sala conferenze del Palazzo della
Cultura di Poggiardo. Presenta l’incontro Tonio Tondo, giornalista Gazzetta del
Mezzogiorno. I caffè della Cultura, sono promossi dalla Biblioteca
comunale-Assessorato alla Cultura del Comune di Poggiardo con il sostegno di
Sole Vento Energia Poggiardo. Seguiranno degustazioni culturali. Ho provato a
non somigliarti raccoglie poesie degli anni 1985-2010, senza tracciare
traguardi. Sono slanci, diversamente l’esistenza non avrebbe casa né strada.
Poesie dello stupore, della perdita e del ritrovamento. Della trasfigurazione
soprattutto. Poesie di luoghi e d’illusione. Di tutte quelle minuscole e fonde
cose che hai attraversato e che poi, senza preavviso, bussano alla porta
pretendendoti daccapo. Con più forza del passato e meno scuse. Perché quando
accadevano, nel mentre, tu non eri pronto a stringerne l’essenza. Non lo sei
neppure ora, non lo sei mai. Però succede di avvertire questi passi alla
soglia, questo soffio alla tempia del passato, il passato che s’impasta al
presente che respiri, lo infiamma col tuo possibile domani. Qualcuno lo
chiamerebbe destino. E allora la poesia non è che resoconto di stagioni,
vissute e sublimate. Non puoi sottrarti dal tuo stesso nome che ti chiama,
dalle tue radici e utopie.
Info Comune di Poggiardo:
dott. Pasquale De Santis (coordinatore rassegna) 0836.909817/329.3173865 -
dott. Antonio Ciriolo (Responsabile Ufficio Cultura) 0836.909812
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Delitto a Stoccolma di Liza Marklund (Marsilio)
Mentre Stoccolma si prepara a celebrare le Olimpiadi, una bomba esplode
nello stadio principale della città, simbolo stesso dei Giochi. Dopo pochi
giorni, un'altra bomba fa saltare un impianto sportivo, seminando il terrore.
La polizia parla di atto terroristico, ma dalle pagine della Stampa della Sera,
Annika Bengtzon conduce la sua personale indagine e scava nel mondo del
comitato olimpico e della sua direttrice, donna potente e famosa, ma con molti
lati oscuri nella vita privata. Appena promossa caposervizio di nera, Annika
insegue una difficile carriera in una grande città: osteggiata da parte della
redazione, deve dimostrare ogni giorno che anche una donna madre di due bambini
è in grado di fare bene il suo lavoro e di battere la concorrenza.
Ivan il terribile, di Alcìde Pierantozzi (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa
Devono farci paura. Devono spaventarci, i libri veri. E "Ivan il
terribile", romanzo del giovanissimo Alcìde Pierantozzi da San Benedetto
del Tronto, è uno di quelli che provoca immensi timori. Pierantozzi, tra le
altre cose, è lo stesso autore che avevamo applaudito all'uscita dell'opera
prima "Uno in diviso" (Hacca, 2006) e che allora c'aveva dato
spietatezza e scrittura pura. Adesso che lo scrittore sta crescendo, e oltre a
essere diventato collaboratore della rivista "Rolling Stone" e ad
avere alle spalle l'impegnativo e poderoso "L'uomo e il suo amore"
(Rizzoli, 2008), s'è collocato vitalmente nella Milano della finanza letterata,
ma soprattutto ha provato le carezze dell'inizio e le difficoltà del
continuare, ha scritto un'opera ch’è stata il dolce avvelenato delle nostre
letture. La pozione esatta a iniettare il veleno della paura assoluta. La prima
parte del romanzo, quasi per cento pagine, più che presentarci Roccofluvione
dipinge il paesino Roccofluvione analizzato dalle retine degli adolescenti che
si chiamano Federico, Sara e Ivan. E se quest'ultimo è il terribile,
terribilmente Sara e Federico, lei da sempre e lui da poco, non sopportano
quanto la marginale e provinciale Roccofluvione sia pregna d'una quotidianità
oramai stantia e i suoi vizi simili a molte altre marginalità - si veda qui
"La notte dei petali bianchi" dell'esordiente Gianfranco Di Fiore
(Laurana, Milano, 2011) - italiane. Ma ci sarà un diversivo; simile al
divertimento di lanciare pietre dai cavalcavia: scelte che fanno male a chi le
compie e a chi le subisce. Eppure Sara e Federico hanno i loro amori. Hanno una
il maneggio con le cavalle preferite, l'altro l'acquario coi cavallucci
(marini). Che con cura mantengono in vita. Sarà proprio al maneggio che, tra un
passaggio e l'altro della televisione normale della Maria De Filippi già spiegataci
in altro modo, con tutt'altro approccio da Pierantozzi e con dovizia di
particolari dall’Emanuele Kraushaar in stato di grazia con "Maria De
Filippi" (Alet, Padova, 2011), appare il magnetico Ivan Cresciani
direttamente dal carcere minorile, dal carcere minorile di Casal del Marmo.
Ragazzo senza scrupoli e senza serenità. Giovane che ha una delle famiglie più
sconquassate e scombinate della storia, totem della famiglia in generale. Un
adolescente che in ammollo nella cattiveria tiene qualche microbo di dolcezza.
Ma sarà la cattiveria, evidentemente, ad attrarre verso Ivan Federico e Sara.
Specie quest’ultima, che vorrà nonostante gli accadimenti una lenta e bruciante
vendetta. Ovvero la ragione che porterà al finale tragico. Sentimenti
individuali, proviamo a definire. Perché ogni soggetto dell’opera non è che
corpo separato: tranne per il fatto fisico e morale che inciderà sul destino
dell’altro. La ferocia dei giovanissimi protagonisti di “Ivan il terribile” ci
fa tanta paura, ché potrebbe capitare d’incontrala nell’adolescenza a noi
prossima. Senza dubbio Ivan, Federico e Sara sono conseguenza d’errori e
peccati della coscienza famigliare, però non sarà alla fine questa ragione a
farci stare un po’ più tranquilli. Pierantozzi è oggi la penna matura che
avevamo intuito potesse nascere all’esordio. E quindi merita sempre maggiore
attenzione e rispetto.
martedì 24 aprile 2012
E QUALCOSA RIMANE – Nicoletta Bortolotti (Sperling and Kupfer, collana Pandora).
"Non ho bisogno del tuo amore". Sembra dire questo Viola, con gli
anni di silenzio che l'hanno divisa dalla sorella Margherita, compagna di
un'infanzia ormai troppo lontana. Un'infanzia di ginocchia sbucciate, risate e
mille giochi inventati insieme per non vedere l'amore dei genitori sgretolarsi
a poco a poco, nella Milano dei concerti di Vecchioni, delle canzoni di Ornella
Vanoni e delle Feste dell'Unità, dove mamma e papà si baciavano, cantavano,
litigavano e si baciavano ancora. Ma oggi, dopo tutti questi anni, Viola
ritorna: la sorella più piccola, quella che non aveva mai paura del buio, che
baciava gli sconosciuti e si innamorava del vento, libera e generosa di sé come
Bocca di Rosa, è tornata per chiedere alla sorella più grande di passare un
giorno al mare, loro due sole. Per raccontarle finalmente il segreto che l'ha
tenuta così a lungo distante. E dimostrarle che un amore da lontano non è un
amore da meno. Nicoletta Bortolotti racconta una storia di famiglia agrodolce e
delica. La storia di un amore assoluto, e di un'infanzia che se n'è andata in
punta di piedi, senza voltarsi ad aspettare.
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: I Falò d’autunno di Irene Némirovsky (Adelphi)
" – Vedi - " dice la nonna
alla nipote, immaginando di prenderla per mano e condurla attraverso vasti
campi in cui vengono bruciate le stoppie "sono i falò dell'autunno, che
purificano la terra e la preparano per nuove sementi". Ma Thérèse è
giovane, non ha la saggezza della nonna: ancora non sa che prima di poter
ritrovare Bernard, l'uomo che ama da sempre, a cui ha dedicato la vita intera,
le toccherà attraversare con pena e con fatica quei vasti campi, e subire le
dolorose devastazioni provocate da quegli incendi. Perché Bernard,
l'adolescente intrepido, impaziente di dar prova del proprio coraggio, partito
volontario nel 1914, è tornato dalla guerra cinico e disincantato: quattro anni
al fronte l'hanno trasformato in uno sciacallo, uno che non crede più a niente,
che aspira solo a diventare ricco, molto ricco - e che per farlo si rotolerà
nel fango della Parigi cosmopolita del dopoguerra, in quella palude dove
sguazza la canaglia dei politicanti, dei profittatori, degli speculatori. Alla
dolce, alla fedele e innamorata Thérèse, e ai figli che ha avuto da lei,
preferirà sempre il letto della sua amante e lo scintillio dei salotti
parigini. Ci vorranno la fine delle grandiose illusioni della Belle Epoque, la
rovina finanziaria, e poi un'altra guerra, la prigionia, la morte del
primogenito, perché Bernard ritrovi la sua anima: la cenere degli anni perduti
servirà a purificare il terreno per una vita diversa.”
lunedì 23 aprile 2012
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Dalla terra di Pomarico alla Rivoluzione - Vita di Niccola Fiorentino a cura di Nunzio Festa e Pietro Varuolo (Altrimedia Edizioni)
" Il 24 giugno 1799 la
Restaurazione aveva spazzato via a colpi di baionette e lacci
al collo decine di persone, gente umile e intellettuali, appartenenti alle
classi meno abbienti e professionisti di fama. Furono decine i lucani
assassinati da Ferdinando IV. Un'ondata di vendetta che non risparmiava. E
dalla Basilicata sparirono le vite attive di tanti. Fra questi, Niccola
Fiorentino. Portato sul patibolo il 12 dicembre 1799. Nonostante fosse stato
servitore statale per lunghi anni, scrupoloso dipendente della monarchia
borbone. Prima di divenire convinto rivoluzionario.”
IL LIBRO DELL’INQUIETUDINE DI BERNARDO SOARES (Fernando Pessoa, Feltrinelli). Intervento di Mariangela Notaro
Il Libro dell’Inquietudine si presenta ad occhio nudo come un’accozzaglia in
apparenza sconnessa di riflessioni, impressioni, valutazioni, vaneggiamenti
della mente. Non sarebbe quindi da ascrivere nella categoria del romanzo, ma
piuttosto in quella del diario. Pessoa ha infatti inventato un personaggio di
nome Bernardo Soares e gli ha affidato il compito di stendere un diario. Soares
è dunque un personaggio di fantasia che usa la sottile finzione letteraria
dell'autobiografia. L’autore delega così il diario alla penna di una delle sue
molteplici identità letterarie: Bernardo Soares. Il diario di Pessoa copre
l’arco di circa un ventennio ed è giunto tra le nostre mani quasi sotto le
sembianze di fogli sparsi, come se l’autore avesse voluto privarlo di un ordine
concettuale. La bellezza di quest’opera risiede proprio nella possibilità che
offre al lettore di farsi leggere a caso e lasciarsi stregare; leggerlo
diviene, infatti, un barcamenarsi nella poesia, è identificarsi in qualcuno che
si tratteggia come nessuno, è isolarsi da una realtà che pure viene investigata
in modo ossessivo ed analitico. Ad una prima disincantata lettura si ha pronta
l’impressione che lo scritto non vesta alcuna consistenza, alcuna tangibilità
di fatti, impressioni, esperienze. Il ricorrere insistente, sovrastante delle
parole "fingere", “inganno”, "mentire " può infatti facilmente
portarci nella direzione di una non considerazione del reale come se Pessoa
volesse eludere il nudo, crudo dispiegarsi della vita, ma ad una più
coscienziosa lettura questo suo artificio si rivela essere la sola via per
affrontare svestiti la nuda realtà. Il libro chiede di essere letto più e più
volte per farci diventare coscienti che si tratta invece di un’opera
eccezionalmente lucida sull'esistenza. Il risultato finale somiglia a qualcosa
come“perdersi in Pessoa” e perdersi vuol dire conoscerlo e conoscersi,
guadagnare se stessi. Pessoa è insieme poeta e filosofo e nel libro le due
identità si compenetrano costantemente contribuendo a fare dello scritto una
singolare opera d’arte. Il suo pensiero visionario di cui è impregnata ogni
pagina, è ciò che in realtà conferisce all’uomo Pessoa , alla sua opera e alla
vita stessa la sua significatività. Questa è una caratteristica profonda del
suo pensiero: comunicarcelo attraverso immagini balenanti, inebrianti anche
quando queste sembrano mostrarsi più rispondenti al concreto. Altro elemento
degno di nota è il rapporto strettissimo tra l’Io e il resto del mondo, ma ciò
che rende questo dettaglio insolito è ancora una volta l’esprimerlo attraverso
un’apparente dicotomia d’immagini, pensieri, annotazioni. Pare che Pessoa
voglia comunicarci la verità attraverso il suo contrario o l’annullamento della
stessa e ciò che colpisce è l'estrema angoscia ed insieme l'estrema lucidità
nel considerare ogni cosa, come si può ben vedere in frasi del tipo:“Ho capito,
con una illuminazione segreta, di non essere nessuno”. Suona quasi sconcertante
questa sua capacità di immergersi nella verità e fluttuare nei suoi labirinti
più inesplorati e temuti sino a giungere alla conclusione che nulla di quel che
si palesa è veramente. Attraverso la sua opera, Pessoa negando e al tempo
stesso riconoscendo tutto e niente vuole educarci al mutamento, alla pluralità
che ogni essere è al di là di verità umane date per risolutive e quindi, alla
possibilità di risorgere sempre.
domenica 22 aprile 2012
L’ultimo vangelo di Barbara Goldstein. Traduzione di Taddeo Roccasalda (Fanucci Editore e Time Crime)
Un avvincente thriller storico che svela il segreto del mandylion, la
raffigurazione del volto di Cristo la cui origine si perde nel buio dei secoli
e del mito... Italia, inverno 1453. All’interno di un’abbazia abbandonata, un
rudere fortificato in mezzo alle nevi del Gran Sasso, Alessandra d’Ascoli, una
mercante di reliquie e confidente di papa Niccolò V, si sveglia: è ferita ma
non ricorda nulla, salvo l’immagine di una sanguinosa battaglia. Uno
sconosciuto, che afferma di essere suo marito, le rivela che il suo nome è
Alessia. C’è tuttavia qualcosa in quell’uomo che le fa paura, qualcosa che le
sfugge ma la terrorizza... Nonostante sia così debole, Alessandra si costringe
dunque ad alzarsi e si inoltra lungo un sentiero che circonda l’abbazia, fino a
una tomba sulla cui lapide è inciso il suo stesso nome. Comincia così un
viaggio verso le ombre che assediano il suo passato, un viaggio che ben presto
si rivelerà infernale: qual è la sua reale identità? Cos’ha fatto prima di
perdere la memoria? Nel frattempo, qualcuno si aggira nel cuore dell’abbazia.
Cosa sta cercando? E a chi appartiene quella salma esposta all’interno della
cripta? Barbara Goldstein è nata nel 1966. Dopo aver lavorato come responsabile
delle risorse umane per una grande banca tedesca, ha deciso di dedicarsi a
tempo pieno alla scrittura. Studiosa di filosofia e scienze comportamentali,
quando non viaggia per effettuare le sue ricerche risiede a Monaco di Baviera.
È autrice di altri sette thriller storici, le cui protagoniste sono sempre
donne forti e indomite, che hanno avuto ottimi riscontri di critica e di
pubblico. Barbara Goldstein sta scrivendo un nuovo romanzo che ha per
protagonista Alessandra d’Ascoli, Das Testament.
«Alessandra, per me, è una specie di alter ego grazie al quale mi muovo nel
mondo virtuale del Rinascimento italiano; rispecchia il lato più audace,
avventuroso e temerario della mia personalità, una donna capace di osare là
dove io mi limito a sognare. È la personificazione della fermezza d’animo, del
gusto d’avventura, della curiosità intellettuale e della tolleranza.» Barbara Goldstein
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Tre volte all’inferno di Cristian Borghetti (Perdisa Pop)
" Tre romanzi brevi che danno nuova forza alla narrativa gotica
italiana, tornando alle origini della stessa letteratura dell’orrore: Cristian
Borghetti mescola linguaggi antichi e atmosfere storiche per dare vita a un
mondo onirico e surreale, denso di citazioni e suggestioni proprie di scrittori
come Edgar A. Poe o H. P. Lovecraft. Un’eccezionale immaginazione visionaria al
servizio di incubi e paure ancestrali catapulta il lettore nell’oscurità, tra
sangue ed erotismo, orrori e follie, creature infernali e misteriosi labirinti
della mente, nei quali il macabro si allea con il romantico, la scienza con le
arti occulte, l’amore con la morte.
Cristian Borghetti è nato a Lecco nel 1970. Ha studiato
Filosofia Estetica all'università di Milano. Nell'ottobre del 2006 ha pubblicato la
raccolta Ora di vetro (Montedit). Ha un blog www.cristianborghetti.it”
sabato 21 aprile 2012
Il caso Maloney - La prima indagine del detective Joe Faraday. Traduzione di Mara Bevilacqua (Fanucci Editore e Time Crime)
Con Il caso Maloney, Graham Hurley inaugura
una serie che in Gran Bretagna e in Francia ha fatto scalpore: thriller forti
di una scrittura scabra e cristallina, e di una capacità di restituire la
realtà della scena criminale con tale efficacia da annoverare tra i molti
estimatori i più alti gradi della polizia e dell’investigazione del Regno
Unito. Stewart Maloney è scomparso nel nulla: l’ispettore Joe Faraday è
convinto che sia stato assassinato. Ma ci si può basare su una semplice
intuizione in un luogo come Portsmouth, una delle città più povere e violente
d’Inghilterra, dove le uniche leggi sono il traffico di droga e il crimine, e
la sola regola è l’omertà? Sprecare energie dietro un presunto caso di omicidio
è una perdita di tempo che Joe non può permettersi. Ma Faraday sta lottando
anche contro altro: sotto un cielo grigio che incombe, nel quale solo il volo
degli uccelli sembra avere ancora una direzione e un senso, i demoni di un
passato che lo ossessiona non gli concedono tregua. Perché ritrovare Stewart
Maloney vivo o morto è il perno intorno al quale ruota ormai la sua intera
esistenza: e fallire significherebbe arrendersi a quei demoni, arrendersi alla
follia...
Graham Hurley è nato nel 1946 a Clactonon-Sea, Essex.
Dopo una fortunata carriera come documentarista, ha deciso di dedicarsi
interamente alla scrittura. Il caso Maloney, primo thriller della serie che ha
per protagonista Joe Faraday, consta al momento di dodici volumi e ha
conosciuto un ampio consenso di critica e di pubblico; France 2 ha prodotto una fortunata
trasposizione televisiva di quattro romanzi della serie. Hurley vive e lavora a
Exmouth, nel Devon, con la moglie Lin, i tre figli e un gatto. «Se siete
convinti, come lo sono io, che alcuni settori della nostra società siano al
collasso, tenete presente che la prima testimone del degrado al quale si è
giunti è la polizia. Perché è la polizia la prima ad avere a che fare con la
rottura dei vincoli familiari, con gli orrori di un’educazione sbagliata, con
la povertà e le ingiustizie che questa implica. Quello di cui sono testimoni oggi
gli agenti di polizia è spesso lo specchio di quello che domani ci riguarderà
tutti.» Graham Hurley
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Un segreto non è per sempre di Alessia Gazzola (Longanesi)
"Mi chiamo Alice Allevi e ho un grande amore: la medicina legale. Il
più classico degli amori non corrisposti, purtroppo. Ho imparato a fare le
autopsie senza combinare troppi guai, anche se la morte ha ancora tanti segreti
per me. Ma nessun segreto dura per sempre. Tuttavia, il segreto che nascondeva
il grande scrittore Konrad Azais, anziano ed eccentrico, è davvero
impenetrabile. E quella che doveva essere una semplice perizia su di lui si è
trasformata in un'indagine su un suicidio sospetto. Soltanto Clara, la nipote
quindicenne di Konrad, sa la verità. Ma la ragazza, straordinariamente
sensibile e intelligente, ha deciso di fare del silenzio la sua religione. Non
mi resta che studiare le prove, perché so che la soluzione è lì, da qualche
parte. Ma studiare è impossibile quando si ha un cuore tormentato. Il mio
Arthur è lontano, a Parigi o in giro per il mondo per il suo lavoro di
reporter. Claudio, invece, il mio giovane superiore, il medico legale più
brillante che conosca, è pericolosamente vicino a me. Mi chiamo Alice Allevi e
gli amori non corrisposti, quasi più delle autopsie, sono la mia
specialità."
venerdì 20 aprile 2012
Se fossi fuoco, arderei Firenze, di Vanni Santoni (Laterza) e Bar Atlantic, di Bruno Osimo (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa
I gambrini, per inteso, coi ragazzi di vita nulla han a che fare. Nonostante
Vanni Santoni, in un passaggio alquanto istrionico ma pur sempre e
semplicemente sempre estroso di "Se fossi foco, arderei Firenze",
citi il poeta del fazzoletto rosso. Mentre una delle tante voci, accompagnate
dalla voce principale, anorché esterna la seconda, fa il giro di boa in una
delle traverse della capitale del Rinascimento. Una scorribanda senza corsa
cominciata da uno studente di lettere e proseguita da una straniera
allampanata. Che a sua volta finisce nello squardo del giovane che spera e
spererà che un giorno il suo presidiare il Gabinetto Viesseux si trasformi
nella casuale non casualità d'incrociare un grande e affermato che si voglia
affidare ai suoi servigi di studioso in erba. Prima che dal Gambrinus, un
gambrino si faccia ingoiare dalla foga di scrive grazie a un gruppo di lettori
e scrittori giovani che dedicano parte del loro tempo libero a queste attività
dello 'spirito' e della "vita". Duccio, insomma, potrebbe esser nato
dappertutto. Ma solamente a Firenze avrebbe potuto farsi sfregare dai passaggi di
Santa Croce e l'Oltrarno. Duccio in qualsiasi altra città avrebbe potuto
conoscere la redazione sotterranea che gli fa amare la scrittura, eppure
solamente nel capoluogo toscano è spiato dalla Stazione Leopolda. La traccia
del romanzo ha poco da darci; non che sia frivola: più che altro per il fatto
che veramente i personaggi sono troppo abbozzati. C'arrivano, quindi, difronte
in forma di scarabocchio. Eppure quel che vivono potrete trovarlo in giro, a
ben vedere. A incuriosirsi di certi ambienti. Perché si devono amare le
tentazioni d'arte per assecondare gli istinti dei protagonisti del libro di
Santoni. Il quale, dal suo canto, registra la vitalità e le fiacchezze d'una città da toglier di cartolina. E,
adesso, chiediamoci, con una guida romanzata sulla Firenze che fu medicea come
attacca il "Bar Atlantic" di Bruno Osimo? E noi, al dunque, da cinta
ci mettiamo il superlativo spettacolo teatrale di Renzo Martinelli interpretato
a Matera da Federica Fracassi e Guido Baldoni, dall'omonimo libro d'Aldo Nove,
"Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese...". E
state per comprenderne la ragione. La precarietà dei giovani fiorentini, il
precariato agito sotto al Gambrini dai gambrini e le esperienze fatte rivivere
da Fracassi e Baldoni per via di Nove e Martinelli, sono praticamente l'altra
faccia della trama-storia-vicenda dell'Adàm dell'ultimo libro del traduttore e
cultore dell'ebraico Osimo. Un professionista dell'insegnamento che deve,
materia che affronta con una certa apparente dose di tranquillità, divincolarsi
tra treni e città del Settentrione italiota delle sedi universitarie nelle
quali arriva a dar lezioni e sesso. Ebraico e sesso accanito. Mentre la moglie
Ada, per lui Hhava attende a casa e il pene garantito durante il sonno insieme
a un'altra mole di riti domestici. Ada, Paola, Monìca, Teresa, Fernanda, Sasha.
Tutti giorni, l'intera settimana tranne il sabato del riposo, conditi da gesti
abitudinari, nonostante quindi la precarietà di sottofondo, e le scopate.
Nonostante l'affetto e lo stranissimo rispetto riservato alla
mogliettina-commercialista Ada, l'intrigante e fedifrago Adàm si svuota con le
altre, dunque, ma soprattutto come se avesse il culto del mantra si decida ai
doveri che s'è imposto. "La sua vita è un mosaico di momenti vissuti al volo,
tra carrozze ferroviarie, amanti diverse in città diverse e un beato
stordimento, che lo porta a lasciarsi andare a questo flusso ininterrotto di
esperienza con ironia e spirito giocoso. Lo stesso che l’autore mette nelle
spassose note a pie’ di pagina, che costellano il libro con un tocco che mi
viene spontaneo associare ad alcune delle uscite più felici di Woody Allen. Ma
i temi, dicevo, sono seri. Su tutti, il precariato; lo spaesamento che induce
in chi lo vive e si ritrova spezzettato in una serie sfilacciata di momenti.
Manca un baricentro. Per Adàm il surrogato di questo ancoraggio interiore è
l’adorata moglie, che pur cornifica abbondantemente, e anche il bar del titolo
dell’opera, dove si consuma una confortante ritualità di gesti", scrive
infatti in un'acuta, intelligente e sintetica recensione Giovanni Agnoloni.
"Ma in questo suo mondo galleggiante sul mare dell’instabilità rientra
anche la lingua ebraica, l’oggetto del suo lavoro", aggiunge Agnoloni. E
in questo marasma di vicissitudini, non poteva mancare la sorpresa. Perché il
professore deciderà per optare, in conclusione, per una scelta di vita in un
certo qual senso e modo radicale. Che, appunto, modificherà gran parte
d'abitudini e, prima di tutto, farà chiarezza sulla vera inadeguatezza e sul
profondo sentimento d'insicurezza che il colto e attraente docente si
preoccupava di mascherare.
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Cento Micron di Marta Baiocchi (Minimum Fax)
Eva ha quarant’anni, fa la biologa e lavora in un dipartimento
all’università che la costringe a scontrarsi con la desolante situazione della
ricerca in Italia. Bibi è una sua ex compagna di scuola, figlia unica di una
ricca famiglia romana che in passato con l’aiuto di Eva si è rivolta a una
clinica per la fecondazione assistita. Il tentativo di inseminazione non era
riuscito e adesso, rimasta vedova e definitivamente sterile, non può più
procreare in modo naturale. Ma Bibi vuole un figlio a tutti i costi, anche se
la legge italiana non le consente di impiantarsi gli embrioni già fecondati.
Dopo che il tentativo di corrompere il direttore della clinica fallisce, Bibi
viene a sapere che i suoi embrioni sono misteriosamente spariti. Sulle tracce
della verità, Eva e Bibi scopriranno l’esistenza di un traffico internazionale
di embrioni, finalizzato alla sperimentazione clandestina, che attraverso la Svizzera le porterà fino
in un paese asiatico senza leggi né limitazioni dove avvengono esperimenti con
esiti incredibili. Un romanzo coinvolgente che mescola spaccato sociale e
riflessioni sul potere umano di creare e manipolare la vita: la maternità è un
fenomeno naturale, un diritto o un lusso? Dove finisce il progresso scientifico
e dove inzia l’abuso?
giovedì 19 aprile 2012
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: La fame della donne Marosia Castaldi (Manni)
Rosa è una donna tormentata alla ricerca di sé. Se mai è possibile
scoprirsi, pacificarsi, ella trova la propria identità nella cultura millenaria
della cucina appresa dalla madre. E ritrova se stessa nella figlia che la
sfugge e di lei è gelosa. E anche nella passione verso altre donne: la vicina
Tina col suo aspirapolvere infernale, Caterina geisha golosa e viziata, Edda
austera, che viene dal Sud e le sue forme sono guglie. In un ristorante da
grande abbuffata della bassa Padania, le ricette napoletane di Rosa profumano
di erotismo e lussuria e gli squisiti cibi, godimento e ossessione, sublimano
l’amore celebrandolo come cerimonia sacra. In un vorticoso flusso del pensiero
che scorre e non s’acquieta, questa storia è il libro della vita, architettura
del dolore cui fa sempre pendant un’architettura del piacere.
"OLTRE IL SEGNO, Donne e scritture nel Salento (sec. XV-XX) di Rosanna Basso (Lupo Editore)il 21 aprile a Copertino
Per la rassegna La
Settimana della Cultura indetta dal Ministero dei Beni e
delle attività culturali, sabato 21 aprile ore 18,00 presso il Castello di
Copertino a Copertino (Lecce) ci sarà l'incontro di presentazione del libro
"OLTRE IL SEGNO, Donne e scritture nel Salento (sec. XV-XX) di Rosanna
Basso (Lupo Editore) INTERVERRANNO: ROSANNA BASSO (CURATRICE DEL TESTO), DARIA
DE DONNO E MARIACARLA DE GIORGI (AUTRICI), SANDRINA SCHITO (RELATRICE).
MODERATORE DELL'INCONTRO: FAUSTO GUBELLO.
Il volume propone il nesso donne e scritture nel Salento in una prospettiva
di lungo periodo, ma è lungi dal volersi e dal proporsi come antologia di
profili biografici o come silloge di documenti poco noti o del tutto
sconosciuti. Le "donne" e le "scritture" sono coniugate
insieme per raccontare altro; anzi, un "oltre". Oltre il segno,
recita il titolo.
[...] attraverso l'attenzione prestata ad un gran numero di soggettività,
nate e/o fortemente intersecate con la terra salentina, e ad una grande
quantità di testi diversi, si vuole superare il valore, pure importante delle
singole voci e dei singoli frammenti, per riuscire ad intrecciare questi lembi
in una doppia narrazione: una inedita storia della presenza femminile nel
Salento nel corso del tempo e un Salento raccontato in una prospettiva inusuale
e, forse, inattesa.(dall'Introduzione)
Rosanna Basso è Professore Associato di Storia Contempora nea presso la Facoltà di Lingue e
letterature straniere dell'Università del Salento. È interessata allo studio
della società meridionale nei secoli XIX-XX ed ha sviluppato, nell'ottica della
storia sociale e dei gender studies, ricerche sulle povertà urbane
nell'Ottocento, sull'alfabetismo e sull'istruzione popolare, sulle maestre,
sulla produzione editoriale femminile. È responsabile del progetto Archivio
della scrittura femminile salentina a cui si raccordano varie iniziative di
ricerca e di divulgazione scientifica: edizione di studi e documenti,
collezione digitale di testi (www.salentofemminile.unisalento.it), mostre
storico-documentarie.
Ha pubblicato tra l'altro: Stili di emancipazione (Lecce, Argo, 1999); Donne
in provincia (Milano, FrancoAngeli, 2000); Il Filo d'Arianna (Lecce, Milella,
2003); Introduzione e cura del fascicolo monografico di «Studi salentini»,
Donne e giornali. La rappresentazione del femminile nelle pagine di alcuni
periodici salentini (1884-1943) (2009).
Esce in libreria "Sulle orme di Idrusa" (Kurumuny) di Wilma Vedruccio
Protagonista del racconto di Wilma è Idrusa, personaggio di donna otrantina
creata da Maria Corti e trasfigurata dalla storia nel mito. Quella raccontata
da Wilma è quasi un’epopea e Idrusa ha la potenza di un’eroina della
classicità: è senza età, non è soggetta alle categorie del tempo e dello
spazio, incarna l’archetipo di donna: proviene dal passato e si proietta
indomita nel futuro. Idrusa ci riporta alla mente il ricordo di donne
eccezionali, dotate di una straordinaria e inquietante personalità che si
esterna nei rapporti interpersonali o che emerge a livello della coscienza individuale.
Idrusa ha la stessa forza di Didone innamorata, che per amore mette in
discussione il suo ruolo di regina e sempre per amore decide di uccidersi sulla
spada di quello che è stato il suo uomo pur di non rinunciare a nulla di se
stessa. Ogni scelta di Idrusa sembra scaturire da un sentimento di
inadeguatezza, dalla percezione del divario incolmabile tra lei e la realtà
circostante: Idrusa si ribella alle convenzioni della sua intera comunità:
sposa un uomo non amato, stretta tra esigenze razionali e istanze emotive, ma
non cede il suo cuore, non si rassegna, rivendica la sua anima e la sua
intelligenza, resiste fino a incontrare l’amore e la passione sfrontata, che
stravolge il cuore e imprime una svolta decisiva e irreversibile alla sua
esistenza. Al libro è allegato il CD con il racconto di Idrusa letto da Wilma,
che ci porge la sua voce con il giusto pudore, senza pretese attoriali, ma
lasciandosi trasportare, come è naturale per l’autrice, dal desiderio del
racconto. La musica di Rocco Nigro segue con grande sensibilità il disegno di
Wilma, amplifica le emozioni, sa allontanarsi fino a farsi bordone, oppure sa
far danzare a fianco della voce il proprio tema. Personaggi del libro sono
anche Otranto, il profumo del mare, i colori di certe albe, il Salento dei
tratturi e delle pietre parlanti, delle civette dagli “occhi dolci come lampade
a petrolio”.
"Sulle orme di Idrusa" di Wilma Vedruccio, Kurumuny, 2012, ISBN
978-88-95161-69-3, cm.
13,5x16 48 PAGINE, € 10,00, ALLEGATO AUDIO LIBRO
leggi un estratto in formato pdf
Info:
mercoledì 18 aprile 2012
Gli occhi di mia figlia di Vittoria Coppola alla Libreria Giunti al Punto di Lecce
La giovane scrittrice salentina Vittoria Coppola, con il suo libro “Gli
occhi di mia figlia) fenomeno letterario del momento, sarà il 20 aprile 2012 alle
ore 18,30 presso La
Libreria Giunti al Punto di Lecce in Corso Vittorio Emanuele
II, n.59. Presenta l’autrice Mara Benzoni. L’opera, co-edita da Lupo Editore ed
Edizioni Anordest, nel gennaio scorso ha vinto il sondaggio di Billy, la
rubrica del TG1 dedicata alla lettura, sul miglior libro del 2011, superando in
consensi scrittori di successo, come Dacia Maraini, Gianpaolo Pansa e Gianrico
Carofiglio . Gli occhi di mia figlia e la sua autrice sono diventati un vero e
proprio caso editoriale di questi primi mesi del 2012. La ventiseienne
scrittrice di Taviano, infatti, sta riscuotendo un successo inaspettato per
l’enorme diffusione del suo libro sul mercato editoriale italiano. Questa
popolarità è favorita anche dal tour di presentazioni, che la stanno portando
in giro per tutta l’Italia a incontrare i lettori, e dalla presenza in alcune
note trasmissioni televisive, come Sottovoce e Unomattina, che ne hanno
amplificato la fama.
IL LIBRO: Quale ruolo gioca il destino nello svolgersi della nostra esistenza?
E quanto di "nostro" c'è invece nell'imboccare strade sbagliate che
porteranno inevitabilmente all'infelicità? In questa storia di "non
detti", in cui egoismi e fragilità vanno a comporre un perfetto, perverso
incastro, è rappresentato il misterioso e contraddittorio universo dei
sentimenti umani: non basta essere genitori per saper comprendere i propri
figli ed amarli come meritano; non basta essere giovani e di cuore aperto per
essere pronti ad affrontare la vita, né essere innamorati per non farsi complici
della propria ed altrui sofferenza. Dana, pur nei privilegi di ragazza
circondata da benessere e raffinatezza, è soffocata dalla coltre iperprotettiva
di una madre che ha deciso il suo futuro, ma la sua passione per André,
fascinoso pittore di donne senza sguardo, si rivela una fuga più grande della
sua acerba giovinezza, incapace di reggere all'infrangersi di un sogno.
Armando, l'uomo che le offre un amore devoto e remissivo, nasconde un segreto
destinato ad esplodere in modo bruciante. Eppure esistono legami che
sopravvivono al tempo e sono pronti a riservare luminose sorprese, nei giochi
del caso e nel risveglio di coscienze troppo a lungo sopite. Una storia di
solitudini e di scelte, nella quale regge sovrana la solidità dell'amicizia,
l'unica che non tradisce.
Per maggiori informazioni:
Lupo Editore
www.lupoeditore.com
Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Sospiri rivoluzionari di Deborah Govoni (Youcanprint)
Le poesie di Deborah Govoni vivono della vena naturale di un lirismo
istintivo e trasparente, di grande forza comunicativa, filtrato da elementi
linguistici appropriati e maturi, capaci di creare un immediato rapporto col
lettore, che non resta mai spettatore passivo degli eventi narrati. E' un
vitalissimo pullulare d’immagini e metafore che nascono dalla raffinata volontà
di esplorare la vita in tutti i suoi momenti, in una concreta aderenza al
reale, spaziando dalla quotidianità minuta, intima e privata, a temi più
universali, sempre con la medesima energia espressiva, mai fine a se stessa. La
rivoluzione anelata dall'Autrice non conosce soluzioni di continuità, e
coinvolge sentimenti ed emozioni private, quali l'amore, l'amicizia, i rapporti
umani; così come il pubblico in senso stretto, il sociale, il politico,
l'economico, con una purezza d’intenti e una pulizia di scopi tali da rendere
ogni lirica un momento irripetibile, da sorseggiare lentamente, meditando ogni
singola parola, traendone spunto per meditazioni e sensazioni personali. Tutto
ciò rende quest'opera un viaggio intimo e segreto, da vivere con complicità e
curiosità. Poesia in movimento, quindi, mai statica e vuota, ma pulsante di
verità e vita. (Prefazione di Paolo Ursaia)
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