La Signora Cohen,
giornalista per il New York Times, ha scritto un libro affascinante sull’idea
della mezza età, ovvero “ una storia che ci raccontiamo su noi stessi, un
orizzonte a cui miriamo con l’intento di strappar via la sua linea…”. Oggi, più
che mai, quella storia vuole agghindare di poesia l’idea che la mezza età racchiuda
in sé un enorme potere, mentre nello
stesso tempo mira a rivestire la
giovinezza con l’abito dell’ idolatria. Ella ritiene che quest’età sia una
“finzione culturale”, un concetto elastico ricreato da ogni generazione. Gli
accademici stanno ancora definendo l’età che va dai 55 ai 75 come una categoria
a sé stante, abbellendola con etichette come “ generazione del bis”, “ terza
età”, o “passaggio medio”. Considerato il modo consistente in cui la vita dei
salutisti americani si sia prolungata e la rivoluzione indotta dalla
procreazione, la gente oggi, può permettersi di avere più tempo per crescere e
ancora di più per morire, come se la morte fosse manipolabile. Superba ed
irrefrenabile presunzione umana! La signora Cohen ci rende noto che lei
potrebbe ritardare il matrimonio fino ai 39 anni, scegliere di farsi madre sui
40 e pensare ancora a cosa voler fare una volta divenuta adulta, quasi in un
fantastico gareggiar col tempo. Magari accettassimo che il tempo, questo grande
coordinatore delle nostre esistenze, invece crea e disfa realtà in un baleno a
suo unico piacimento! Ciò si presenta come un richiamo personale raro
all’interno di un’opera che poggia su solide e diverse ricerche e che trova i
suoi esempi universalmente riconosciuti nelle opere dei poeti romantici,
Trollope e Arthur Miller, così come anche Bernice Neugarten, un pionere nello
studio dello sviluppo adulto. Prima
della metà del ‘900, la Cohen
proferisce “ l’età non fu un ingrediente essenziale della dignità di un
individuo”. Fu l’influenza di “elementi condizionanti”- matrimonio, parentele,
malattie- a plasmare la narrativa adulta. Nel 1800 le donne furono praticamente
spinte a trasformarsi in madri e quindi ad accudire prole per 17 anni, mettendo
al mondo una media di sette figli. Più tardi fu la volta delle suffragette, la
cui vocazione per i diritti delle donne sul voto contribuì anche ad espandere
le opportunità di carriera per le donne di mezza età. La Cohen descrive anche la
sbalorditiva liberazione sessuale da parte di Edith Wharton. Dopo aver vissuto
un matrimonio disgiunto dal sesso per più di due decenni, la Wharton riscoprì le gioie
di questo piacere a 45 anni, con un “ baffuto mascalzone”. E con le
suffragette, forse, l’anima ha iniziato ad avverare il suo potenziale, le sue
incommensurabili, sorprendenti conquiste di infinito…
All’alba del 1900, gli americani
iniziarono a prender coscienza dell’umana, lecita possibilità di “abbracciare”
i 50 anni. I resoconti del censimento rivelano che puntualmente strappavano
via, come foglie marce da una pianta nel suo abituale fiorire, un decennio
quando venivano intervistati. L’età
media scivolò nell’essere un gioco crudele. Ci fu bisogno di una sommossa del
pensiero da parte di Erik Erikson, un rifugiato tedesco, per vestire di dignità
ed importanza la mezza età. Negli anni 50 Erikson ribaltò la dottrina freudiana- la corazzata
teoria secondo cui la nostra personalità si delinea all’età di 5 anni-
descrivendo la vita come un ciclo di otto fasi. Egli parlò di “ stadio adulto
medio” dai 45 ai 55 anni, quando la forza ci viene elargita attraverso la cura
degli altri e contribuendo al miglioramento della società, che egli denominò “
generatività”. L’età meramente cronologica è chiaramente riconosciuta
oggigiorno come un rivelatore menzognero della crescita adulta o
dell’autenticità dell’identità per tutti coloro che hanno toccato i 50.
Prendiamo in esame il comportamento di due o della maggior parte delle nostre
figure culturali più prominenti. Donald Trump a 65 anni si mostra e agisce come
se si adagiasse ancora sui suoi turbolenti nove anni. Bill Clinton, alla stessa
età, è gioca a voler retrocedere all’adolescenza . Ma allora per quale motivo
le nostre mani si ostinano ad innalzare il muro dell’ansia della mezza età? I
primi incriminati, afferma la
Cohen, sono i venditori di bellezza. In quanto imprenditori
di cosmetici, pubblicità ed industrie di intrattenimento, hanno vestito i panni
di avidi collaboratori nell’impresa lucrativa di restituire all’immagine della
mezza età la sua cornice più bella, perfetta, ma non perfettibile. Ma sul finir
del giorno, quando ci si rende conto di non essersi alzati in tempo per la
lezione di fitness ed esser così mancati a quel “noi” di noi stessi che
crediamo di generare, proprio come l’alter ego in grado di starsene sicuro al
mondo, s’ode per caso una voce molesta che facendo capolino negli antri più
reconditi di noi ci sussurra, “non sarai mai così magro come Jane Fonda?” La
signora Cohen, utilizza Oprah Winfrey come un primo esempio di questa
contraddizione dell’Io. In una forte nota editoriale in O, il Giornale di
Oprah, la 57enne Signora Winfrey, con tono provocatorio annunciò che lei non
avrebbe permesso alla “ cultura dell’ossessione per la giovinezza” di dirle di
non preoccuparsi. Ella ammonì coloro che mentono sulla loro età per “la
malattia di voler essere ciò che non si è”.Perché, in effetti, come possiamo
cambiar di rotta nel navigar della vita come fossimo vascelli senza comando al
timone? Quale disumana presunzione è mai questa? Dobbiamo far nostra l’idea che
Oprah si stia ora confortevolmente sdraiando sulle sue notevoli risorse
finanziarie e fisiche?
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