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mercoledì 29 febbraio 2012

Il Pane di ieri di Enzo Bianchi (Einaudi). Intervento di Adriana Maria Leaci


Circa tre anni fa, o qualcosa in più, mi trovavo a guardare il programma CHE TEMPO CHE FA e Fazio invitò Enzo Bianchi per parlare del suo libro IL PANE DI IERI (Einaudi Editore). Rimasi così rapita del suo modo di parlare e di descrivere situazioni vissute di un tempo che mi promisi di leggerlo appena fosse possibile.  Avrei trovato anche nel libro quell’abilità nel tradurre sentimenti e scandire bene ogni pensiero attraverso le parole. Quando mi ritrovai a leggerlo mi sembrò di conoscere il frate da una vita. Tutto ciò che considero  semplice nella mia vita prese un gusto eccezionale di verità condivisa, perché la pensavo come lui, ed era riuscito a passarmi ogni sensazione. Se c’è una cosa che oggi non si vede facilmente è una lettura che coinvolga tutti i sensi umani. Ho pensato che è scritto con il cuore. E il fatto che sia un frate è soltanto una parentesi di scelta personale che, probabilmente, non avrebbe influito, in nessun momento della sua esistenza, su ciò che ha dentro. Da allora ho seguitato a comprare tutte le sue opere, leggendo allo stesso modo, con trasporto ed entusiasmo, deliziandomi in una conversazione silenziosa tra me e quel pacato signore che si veste di tutte le righe dalle quali sono composte.
Qui vi riporto alcuni pezzi del capitolo intitolato COME DIRE “TI VOGLIO BENE” che non servirebbe neanche commentarlo: “Parliamo di cibo. Non se ne può fare a meno, soprattutto per noi monferrini: il cibo è qualcosa per cui si ha cura, si deve “aver cura” perché è proprio dal mangiare, dalla tavola che si ricevono lezioni e insegnamenti, oltre che consolazioni. La tavola possiede o, meglio, possedeva un grande magistero: oggi purtroppo per molti il cibo è diventato un carburante e la tavola una mensola su cui posare ciò che si consuma. Si mangia qualsiasi cosa, a qualsiasi ora, in qualsiasi modo, accanto e non “insieme” a chiunque e, possibilmente, in fretta…
Invece per me la tavola è stata sempre, e lo è tutt’ora, il luogo privilegiato per imparare, per ascoltare, per umanizzarmi. Non è stato forse così fin dall’inizio della vicenda umana?”
E ancora: “Io amo cucinare, e lo faccio in un grande silenzio perché cucinare significa pensare, essere consapevoli, essere presenti e avere un senso forte della realtà e degli altri per i quali si cucina. Cucinando si è obbligati a una unificazione di aspetti molteplici: le leggi culinarie, le attese di chi mangerà, la conoscenza dei prodotti, l’esperienza del fuoco, dell’acqua, del tempo… Operazione straordinaria che rende intelligenti.”
A questo punto, chi mi conosce, sa che ho esagerato nell’entusiasmo e nella gioia, ma sa anche che è così che vivo tutti i giorni.


martedì 28 febbraio 2012

Esce in libreria per Kurumuny Edizioni Raccontiamo di Rosaria De Pascali


Alla fine si scrive sempre una fiaba. Non si può scrivere nient’altro che una fiaba. Perché tutta la vita è come una fiaba: si incontrano creature che sono buone o cattive, si attraversano mari e montagne e boschi scuri, si vivono giorni belli e giorni brutti. Allora si scrive una fiaba per capire la vita, per rintracciarne il senso più profondo, per delineare la fisionomia delle esistenze che abbiamo dentro, che ci sono intorno. Antonio Errico

Rosaria De Pascalis (Nicosia, 1964), vive da otto anni nel Salento e qui svolge la professione di docente della scuola secondaria di secondo grado e si dedica con passione a scrivere raccolte di fiabe e favole. Ha già pubblicato “Una settimana di racconti” (Ed. Salentina, 2009), e un articolo, “Identità nazionale e valori della Costituzione”, sulla rivista “Nuova Rassegna” (Noccioli Ed. Firenze).

lunedì 27 febbraio 2012

Indivisible: Restoring Faith, Family, and Freedom Before It's Too Late by Jay W. Richards (FaithWords). Intervento di Mariangela Notaro


Questo libro getta un profondo sguardo su quello che è diventato il più grande dibattito dei nostri tempi, ovvero il ruolo del governo nelle nostre vite e il disegno del concetto di libertà personale. Questo suona imperturbabilmente come un libro dai toni cristiano-conservativi. Come tale verrà ritenuto fuori dalla portata di chiunque cammini lontano dal sentiero del diritto religioso. Ma questo significherebbe “edificare” le trame di un errore terribile. Alla stessa stregua di un altro imponente libro sul moderno sistema politico, quello di Juggernaut: “Perché il sistema frantumi le uniche persone che possono salvarlo”, questo libro si addentra nei meandri di alcuni dei più affascinanti paradossi del mondo moderno e ci mostra quanto si sia fatto abbagliare dalle luci della perversione. Si tratta di un argomento che tutti possono valutare, non importa quale colore politico un individuo vesta.
L’indagine inizia con il titolo. In ogni caso cosa può fregiarsi del titolo di esattamente “Indivisibile?” Gli autori sottolineano il fatto che la libertà non possa esser divisa tra il vivere sociale e quello meramente fiscale.
Se desideri la libertà, devi lottare per entrambe. Questo è il punto dove subentra la parte intrigante. Quando gli autori affermano che un individuo deve combattere per la libertà, non stanno sancendo che tutti possono fare tutto quel che desiderano fare. Come sottolineano, la libertà è “arrivare a fare ciò che non vuoi fare, non fare ciò che vuoi fare”.
E qui un animo che sia perspicace più del solito, può già scorgere il germe di una libertà che si eleva al di sopra di se stessa sino a toccare la sua essenza più inviolata, ma anche la più ardua da raggiungere perché prevede un’apparente contraddizione, cioè quella della libertà di fare ciò che non si vuol fare. Ma, per questo, si sa, occorre Libertà…!
E cantando questo inno, gli autori lamentano con l’arma dello sprone, che, per difendere la propria libertà, si deve non solo scoraggiare l’intromissione del governo nei piani economici e fiscali, ma bensì anche in quegli sociali. Per essere sicuri, gli autori contestano l’intervento del governo nelle zone fiscali, ma confutano allo stesso modo tale intervento nel regno sociale. Ciò che appare interessante è che gli autori non abbracciano tale teoria affinché si giunga a legalizzare ogni cosa dall’aborto al matrimonio gay. Ai loro occhi, la difesa della libertà in ambito sociale significa infatti tutelare le leggi da realtà come l’aborto e il matrimonio tra omosessuali. Ma, forse, così s’incappa nel rischio di demolire il concetto primigenio di rispetto della persona nelle prevedibili sfumature del suo essere, al di là di assetti che le convenzioni cercano di imporre come imprescindibili.
Ciò potrebbe suonare un tantino istintivamente ostile ad un primo sguardo. Questo è il modo in cui la logica funziona. Gli autori portano alla luce un punto importante: Alle origini dello Stato, la libertà religiosa era considerata di una tale importanza che nessun tipo di governo avrebbe potuto incollare la sua etichetta religiosa sui suoi cittadini. Oggi la situazione è sfuggita di mano. Non vi è più il bisogno di vietare allo Stato l’imposizione del suo credo religioso, è necessario, invece, impedire allo stesso di prescrivere il suo ateismo. Era diffusa la prassi che fossero i liberi pensatori i migliori beneficiari della libertà religiosa, oggi, invece, coloro che ne beneficiano sono i veri religiosi. Alla fine la morale della storia è la stessa: l’unico modo affinché le genti possano vivere imbevuti di spirito di fratellanza in una società complessa è quello che permette loro di professare il proprio credo religioso senza incombenze da parte dello stato. Se abbracciamo tale fondamento, ci contorniamo di persone prospere, determinate nel costruire per se stesse e capaci di condurre la macchina del commercio incentivando la produttività e la crescita. Diversamente, privi di questo fondamento, ci gironzolerà intorno gente calunniosa, spinta a lottare contro i suoi simili affinché la propria rotta di vita si erga a unica lecita da seguire.
Lo stato ci si aspetta che non abbia alcun colore religioso, questo è vero. Ma ci si aspetta anche che sia passibile di limiti. Quando lo stato estende la via che ha battuto negli ultimi molteplici decenni, il suo fondamento non religioso è dato dal fatto che vi sono degli standards di ateismo emersi nelle nostre usuali attività. Certo, possiamo essere religiosi al di fuori del nostro rapporto con lo stato, ma, sempre più diviene difficile fare qualsiasi cosa liberi dal giogo raffinato della supervisione dello stato. Non ci resta che aspettare il conseguimento di quella libertà depurata di se stessa che permetterà ad ogni individuo di fare esattamente ciò che non vuole fare, ‘ché fare semplicemente quel che si vuole è esistere ordinario e approssimativo. Il libro si candida a promotore di una lettura eccellente per tutti coloro che provano interesse per la grande battaglia che popola questi giorni.

Il Bene e il Male per Bookatini al Cafè di veglie

Mercoledì 29 Febbraio 2012, alle ore 21.00, prosegue la programmazione culturale del Bar Cafè di Veglie (Via Italia Nuova, 24). La fortunata rassegna "Bookatini", dismessi gli abiti e le maschere di carnevale, prosegue con due ospiti d'eccezione, Chiara Cordella e Gianluca Conte, impegnati in un nuovo ciclo di incontri che metteranno a confronto personaggi e scritture "differenti", voci nuove e affermate del panorama letterario attuale, salentino e non. Per l'occasione Bookatini diventa "Il bene e il male", un incontro dedicato alla scrittura; la scrittura che esalta e quella che ferisce, il racconto che spiazza e quello che innalza, la poesia che racconta la realtà cruda dei nostri giorni e la prosa che sonda gli abissi incredibili della mente e dei sentimenti umani, in due parole: il Bene e il Male. Due categorie che rappresentano la vita in tutte le sue sfaccettature, divenendo simbolo di volontà, energia, passione e istinto.  Durante la serata il maestro di fornelli Antonio Caputo 'racconterà' le sue ricette in versi, con intermezzi poetici. Chiara Cordella, giovane autrice salentina, scrive narrativa e ha pubblicato di recente una raccolta di racconti (Medusa, Lupo Editore).
Gianluca Conte è poeta, ha esordito nel 2008 con la raccolta "Insidie" (Il Filo) e pubblicato nel 2010 la sua seconda raccolta intitolata "Il riflesso dei numeri" (Centro Studi Tindari Patti), a breve verrà
pubblicata la sua terza raccolta di versi. L'incontro, condotto da Stefano Donno e Luciano Pagano, sarà occasione per conoscere dalla voce degli autori la produzione di Chiara Cordella e Gianluca Conte, oltre che per ascoltare alcuni racconti letti dagli stessi autori.

domenica 26 febbraio 2012

In Our Prime: The Invention of Middle Age by Patricia Cohen (Scribner). Intervento di Mariangela Notaro


La Signora Cohen, giornalista per il New York Times, ha scritto un libro affascinante sull’idea della mezza età, ovvero “ una storia che ci raccontiamo su noi stessi, un orizzonte a cui miriamo con l’intento di strappar via la sua linea…”. Oggi, più che mai, quella storia vuole agghindare di poesia l’idea che la mezza età racchiuda in sé un enorme potere,  mentre nello stesso tempo mira a  rivestire la giovinezza con l’abito dell’ idolatria. Ella ritiene che quest’età sia una “finzione culturale”, un concetto elastico ricreato da ogni generazione. Gli accademici stanno ancora definendo l’età che va dai 55 ai 75 come una categoria a sé stante, abbellendola con etichette come “ generazione del bis”, “ terza età”, o “passaggio medio”. Considerato il modo consistente in cui la vita dei salutisti americani si sia prolungata e la rivoluzione indotta dalla procreazione, la gente oggi, può permettersi di avere più tempo per crescere e ancora di più per morire, come se la morte fosse manipolabile. Superba ed irrefrenabile presunzione umana! La signora Cohen ci rende noto che lei potrebbe ritardare il matrimonio fino ai 39 anni, scegliere di farsi madre sui 40 e pensare ancora a cosa voler fare una volta divenuta adulta, quasi in un fantastico gareggiar col tempo. Magari accettassimo che il tempo, questo grande coordinatore delle nostre esistenze, invece crea e disfa realtà in un baleno a suo unico piacimento! Ciò si presenta come un richiamo personale raro all’interno di un’opera che poggia su solide e diverse ricerche e che trova i suoi esempi universalmente riconosciuti nelle opere dei poeti romantici, Trollope e Arthur Miller, così come anche Bernice Neugarten, un pionere nello studio dello sviluppo adulto.  Prima della metà del ‘900, la Cohen proferisce “ l’età non fu un ingrediente essenziale della dignità di un individuo”. Fu l’influenza di “elementi condizionanti”- matrimonio, parentele, malattie- a plasmare la narrativa adulta. Nel 1800 le donne furono praticamente spinte a trasformarsi in madri e quindi ad accudire prole per 17 anni, mettendo al mondo una media di sette figli. Più tardi fu la volta delle suffragette, la cui vocazione per i diritti delle donne sul voto contribuì anche ad espandere le opportunità di carriera per le donne di mezza età. La Cohen descrive anche la sbalorditiva liberazione sessuale da parte di Edith Wharton. Dopo aver vissuto un matrimonio disgiunto dal sesso per più di due decenni, la Wharton riscoprì le gioie di questo piacere a 45 anni, con un “ baffuto mascalzone”. E con le suffragette, forse, l’anima ha iniziato ad avverare il suo potenziale, le sue incommensurabili, sorprendenti conquiste di infinito…
All’alba del 1900, gli americani iniziarono a prender coscienza dell’umana, lecita possibilità di “abbracciare” i 50 anni. I resoconti del censimento rivelano che puntualmente strappavano via, come foglie marce da una pianta nel suo abituale fiorire, un decennio quando venivano intervistati.  L’età media scivolò nell’essere un gioco crudele. Ci fu bisogno di una sommossa del pensiero da parte di Erik Erikson, un rifugiato tedesco, per vestire di dignità ed importanza la mezza età. Negli anni 50 Erikson  ribaltò la dottrina freudiana- la corazzata teoria secondo cui la nostra personalità si delinea all’età di 5 anni- descrivendo la vita come un ciclo di otto fasi. Egli parlò di “ stadio adulto medio” dai 45 ai 55 anni, quando la forza ci viene elargita attraverso la cura degli altri e contribuendo al miglioramento della società, che egli denominò “ generatività”. L’età meramente cronologica è chiaramente riconosciuta oggigiorno come un rivelatore menzognero della crescita adulta o dell’autenticità dell’identità per tutti coloro che hanno toccato i 50. Prendiamo in esame il comportamento di due o della maggior parte delle nostre figure culturali più prominenti. Donald Trump a 65 anni si mostra e agisce come se si adagiasse ancora sui suoi turbolenti nove anni. Bill Clinton, alla stessa età, è gioca a voler retrocedere all’adolescenza . Ma allora per quale motivo le nostre mani si ostinano ad innalzare il muro dell’ansia della mezza età? I primi incriminati, afferma la Cohen, sono i venditori di bellezza. In quanto imprenditori di cosmetici, pubblicità ed industrie di intrattenimento, hanno vestito i panni di avidi collaboratori nell’impresa lucrativa di restituire all’immagine della mezza età la sua cornice più bella, perfetta, ma non perfettibile. Ma sul finir del giorno, quando ci si rende conto di non essersi alzati in tempo per la lezione di fitness ed esser così mancati a quel “noi” di noi stessi che crediamo di generare, proprio come l’alter ego in grado di starsene sicuro al mondo, s’ode per caso una voce molesta che facendo capolino negli antri più reconditi di noi ci sussurra, “non sarai mai così magro come Jane Fonda?” La signora Cohen, utilizza Oprah Winfrey come un primo esempio di questa contraddizione dell’Io. In una forte nota editoriale in O, il Giornale di Oprah, la 57enne Signora Winfrey, con tono provocatorio annunciò che lei non avrebbe permesso alla “ cultura dell’ossessione per la giovinezza” di dirle di non preoccuparsi. Ella ammonì coloro che mentono sulla loro età per “la malattia di voler essere ciò che non si è”.Perché, in effetti, come possiamo cambiar di rotta nel navigar della vita come fossimo vascelli senza comando al timone? Quale disumana presunzione è mai questa? Dobbiamo far nostra l’idea che Oprah si stia ora confortevolmente sdraiando sulle sue notevoli risorse finanziarie e fisiche?


“Pandereski” di Cristiana Koll (Youcanprint)


“Pandereski” di Cristiana Koll, edito da Youcanprint, è il romanzo di esordio di un’autrice che dimostra, già da questa sua prima opera, una grande competenza per quanto riguarda gli scenari e i materiali presenti nella narrazione. La storia parte da un evento luttuoso: la morte del padre della protagonista Emma, giovane donna che sogna di trasformare la sua passione per la matematica in una professione. Dopo il funerale uno dei fratelli di Emma le dà una busta, che contiene le ultime volontà del padre … o meglio delle indicazioni per raggiungere un notaio a Milano, il quale custodisce una busta apribile solo a morte avvenuta del genitore. Emma accetta il suo destino, e raggiunge il capoluogo lombardo, venendo ospitata da un suo vecchio amico. L’autrice insinua nel lettore il germe del dubbio e del sospetto: a una normale fase, tipica, contraddistinta dalla cordialità per Emma, ne segue una in cui il suo vecchio amico sembra via via come “spersonalizzarsi”, quasi sia controllato a distanza come un automa. Non saranno queste le uniche cose che sarà costretta a scoprire Emma nel corso della storia, purtroppo ciò che la attende, in un susseguirsi di vicende bilanciate da un sapiente gioco di incastri della narrazione, sarà una verità ben più grande, un gioco di denaro, potere e segreti che coinvolgerà il mondo intero. Emma sta per scoprire che forse tutta la sua vita è stata una gigantesca, assurda finzione. Qualcuno ha cancellato in un istante le sue radici, i suoi ricordi, tutto, per occultare la verità su suo padre. Toccherà a Emma scoprire chi era il suo vero padre e quale ruolo aveva in un’importante agenzia privata che si occupava di intelligence. Al lettore il piacere di scoprire quale storia nasconde il passato di Emma e quali implicazioni potrebbe avere il suo futuro, che potrebbe coinvolgere il destino di tutti gli abitanti del mondo.

Una storia da non perdere, un viaggio mozzafiato dall’Italia agli Stati Uniti, passando per la Russia e l’Austria, un turbinio di avventure ad alta densità di adrenalina!

Dal sito di Youcanprint.it

“Scoprire che le proprie radici non esistono più. Sapere che il suo vero padre è a capo della più importante agenzia privata di intelligence. Puntare tutto su due amici. Essere salvata dalla Cia. Una serie di avvenimenti e disavventure che la porteranno dall’Italia agli Stati Uniti, passando per altri Paesi Europei. Emma Parker rischia la vita per conoscere la verità. “Pandereski” è il primo libro di una serie dedicata al ‘giallo’ vecchio stile, che punta sulle indagini e sul ragionamento piuttosto che sulle analisi chimiche.”

“Pandereski”, di Cristiana Koll, Narrativa, Agosto 2011, pp. 298, 9788866182450

sabato 25 febbraio 2012

Le Confessioni di un Illuminato di Leo Lyon Zagami (Uno editori)



Con questo libro, il primo di una trilogia dedicata alle sue Confessioni, Leo Lyon Zagami ci introduce con dovizia di particolari nella complessa gerarchia delle Società Segrete che fanno capo al segretissimo mondo degli illuminati. Le varie scuole, la storia segreta, le pratiche e le tradizioni che si nascondono in questo mondo misterioso e sconosciuto, legato alla creazione di un Nuovo Ordine Mondiale e a un’elite che da sempre governa, dietro le quinte della storia, i destini dell’umanità. Ma Zagami non è solo un giornalista investigativo o il classico teorico della cospirazione, egli ha vissuto questa esperienza in prima persona, rimanendo coinvolto in spiacevoli esperienze quali le numerose minacce di morte, l’internamento in istituti mentali, la tortura, il successivo arresto per spionaggio, l’allontanamento dal figlio e la continua persecuzione da parte degli ex soci della famigerata Loggia Monte Carlo, iniziata dopo aver deciso di uscire da ambienti legati a pratiche di magia nera e satanismo come l’Ordo Templi Orientis. Zagami in questo saggio ci mostra per la prima volta, documenti e immagini che provano senza ombra di dubbio non solo l’esistenza del network dei cosiddetti illuminati, ma anche i legami dell’elite con entità extradimensionali, e il loro modus operandi nel settore dell’intelligence.

"In questo testo, ricchissimo di testimonianze e di nomi insospettabili, Leo Zagami produce un autentico fuoco pirotecnico di informazioni e di dati generalmente riser­vati a una ristretta élite e qui presentati al grande pubblico per la prima volta. Si tratta di eventi storici e percorsi iniziatici sconosciuti ai più ma ben noti dalla masso­neria internazionale, la quale, sotto un velo di appaiente ufficialità, conosce, traman­da ed usa tuttora pratiche magiche di vario tipo, per conservare vecchi privilegi, ac­quisirne di nuovi o in casi più rari per seguire un puro cammino di conoscenza."
(Pablo Ayo, Giornalista, scrittore, ricercatore, docente di informatica, noto per la sua rubrica sul programma televisivo Mistero)

"Un saggio straordinario che vi terrà inchiodati nella lettura dall'inizio alla fine. Una delle opere più dettagliate e documentate sulla Massoneria, Illuminati, NWO, ritua­li occulti e realtà UFO. Nulla a che fare con il complottismo senza prove e senza metodo degli ultimi ventanni. Zagami apre a un nuovo approccio scientifico e at­tendibile per lo studio dei movimenti occulti, del satanismo e del fenomeno UFO interpretato in chiave parafisica. Finalmente un autore esperto di esoterismo, occul­tismo, magia e simbolismo che ha vissuto sulla propria pelle le vicende che narra. Una lettura che potrebbe cambiarvi la vita..."
(Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice)

"Le verità sono spesso molteplici e l'unico modo per provare a districarcisi è praticare la via delle fonti e di chi vi ha avuto accesso. Nella ricostruzione ricca e documentata offertaci dall'autore la voglia di sapere e il desiderio di capire possono farsi strada e trovare i modi per discernere, come sempre è bene e necessario fare nelle situazioni complesse." (Mauro Biglino, autore e traduttore di testi antichi)

"Leo Zagami affronta con coraggio e determinazione il diffìcile tema delle società se­grete e in particolare del sistema iniziatico occidentale, offrendo una valanga di det­tagli storici e preziose informazioni. Un'opera titanica, densa di chiarezza e realismo, indispensabile per chi vuole comprendere a fondo uno scenario da sempre occulto ai più, ma anche una guida "illuminata' per meglio affrontare un mondo che si sta ac­cingendo a radicali mutazioni nel delicato imperscrutabile rapporto tra potere terre­no e potere ultraterreno." (Varo Venturi regista del film 6 giorni sulla terra, 2011)

venerdì 24 febbraio 2012

Vittoria Coppola con il suo “Gli occhi di mia figlia” (edizioniAnordest/Lupo) al Liceo Statale Don Tonino Bello di Copertino


Doppio appuntamento per la scrittrice salentina Vittoria Coppola e il suo ultimo successo di rilievo nazionale “Gli Occhi di mia figlia” (edizioniAnordest/ Lupo editore),  lunedì 27 febbraio 2012 al Liceo Statale “Don Tonino Bello” di Copertino. L’autrice sarà alle ore 9,30 presso la succursale di via Pirandello, alle ore 11,00 presso la sede centrale di via E. De Nicola.   L'incontro con Vittoria Coppola sarà diretto dal Prof. Cesare Augusti (dirigente scolastico), che introdurrà i contenuti del libro e presenterà l’ospite alle classi del Liceo.  E’ previsto l’intervento  dell'editore Cosimo Lupo.  Coordina i lavori la prof.ssa Sandrina Schito.  Il liceo continuando nella ricerca di un confronto con il mondo giovanile e con gli autori che ad esso fanno riferimento, ospita dunque l'autrice Vittoria Coppola.


Quale ruolo gioca il destino nello svolgersi della nostra esistenza? E quanto di "nostro" c'è invece nell'imboccare strade sbagliate che porteranno inevitabilmente all'infelicità? In questa storia di "non detti", in cui egoismi e fragilità vanno a comporre un perfetto, perverso incastro, è rappresentato il misterioso e contraddittorio universo dei sentimenti umani: non basta essere genitori per saper comprendere i propri figli ed amarli come meritano; non
basta essere giovani e di cuore aperto per essere pronti ad affrontare la vita, né essere innamorati per non farsi complici della propria ed altrui sofferenza.
Dana, pur nei privilegi di ragazza circondata da benessere e raffinatezza, è soffocata dalla coltre iperprotettiva di una madre che ha deciso il suo futuro, ma la sua passione per André, fascinoso pittore di donne senza sguardo, si rivela una fuga più grande della sua acerba giovinezza, incapace di reggere all'infrangersi di un sogno. Armando, l'uomo che le offre un amore devoto e remissivo, nasconde un segreto destinato ad esplodere in modo bruciante.
Eppure esistono legami che sopravvivono al tempo e sono pronti a riservare luminose sorprese, nei giochi del caso e nel risveglio di coscienze troppo a lungo sopite.
Una storia di solitudini e di scelte, nella quale regge sovrana la solidità dell'amicizia, l'unica che non tradisce.

Ha 26 anni, vive a Taviano (Le). Laureata in Lingue e Letterature Straniere, Comunicazione Linguistica Interculturale  (Università del Salento, luglio 2010). Attualmente lavora come receptionist presso un albergo di Gallipoli (Le). La passione assoluta che muove le sue giornate è la scrittura. Di questo dice: “Lo scopo che mi prefiggo nel momento in cui inizio a riempire pagine di parole e sentimenti, è quello di emozionare, regalando a chi mi privilegia “leggendomi,” attimi personalissimi di evasione dalla realtà, ma anche, perché no, arricchimento della stessa. Confido sempre nella bellezza dei sentimenti e perciò, quando qualcuno reputa banale il parlare d’amore, io sorrido, e vado avanti per la mia strada”.

giovedì 23 febbraio 2012

Multisala Salento di Mattia De Pascali (Kurumuny) il 25 febbraio ai Cantieri Teatrali Koreja

 In occasione dell’uscita del volume MULTISALA SALENTO  - Come fare film sotto il sole con pochi soldi e a stento di Mattia De Pascali, edito da Kurumuny, sabato 25 febbraio 2012 a partire dalle 18,00 (ingresso libero) ai Cantieri Teatrali Koreja (via Guido Dorso 70) ci sarà un incontro - dibattito sullo stato dell’industria cinematografica salentina. Obiettivo dell’appuntamento è quello di cercare di comprendere se un’industria del cinema salentino esista oppure no, ma soprattutto capire a cosa va incontro chi vuol fare cinema nel Salento. L’autore di MULTISALA SALENTO – Come fare film sotto il sole con pochi soldi e a stento attraverso una serie di interviste agli addetti ai lavori, registi, attori, sceneggiatori, delinea il quadro dell’industria cinematografica salentina. La tesi fondante del libro è che ci sia moltissimo entusiasmo, molte idee, molti giovani talenti, la maggior parte formatisi da autodidatti, che però non hanno a disposizione risorse per realizzare i loro progetti.  Il Salento resta dunque terra di migrazione per troupe provenienti da fuori, un luogo dove manca chi possa investire del suo per promuovere un’industria in grado di crescere su basi solide e non essere alla mercé di tagli e crisi economiche? Parteciperanno Edoardo Winspeare, Davide Barletti, Rossella Piccinno, Gabriele Russo, Franco Ungaro, Luigi Chiriatti, Mattia De Pascali. Coordina Raffaele Gorgoni, giornalista Rai. “Forse non è Hollywood, forse con la California avrà in comune soltanto le temperature miti che diventano infuocate a ridosso del solleone, fatto è che al Salento piace il cinema e al cinema piace il Salento, un amore corrisposto e burrascoso che viene raccontato e riassunto agevolmente in un saggio di Mattia De Pascali, giovane autore supersanese (nato a Gallipoli), appena edito da Kurumuny. Il titolo è eloquente almeno quanto l’argomento “Multisala Salento. Come fare film sotto il sole con pochi soldi e a stento”. Basta scorrere l’indice del volume per accorgersi di avere tra le mani, finalmente, una bussola critica su un fenomeno al quale negli ultimi anni sono stati dedicati nel bene e nel male, centinaia e centinaia di articoli, discussioni, forum, dibattiti. In principio fu Carmelo Bene, così verrebbe da dire; prima degli anni in cui il nostro-non-nostro ambientava “Nostra signora dei turchi” (1968) a Santa Cesarea Terme non c’era stato molto spazio per questa terra, sul grande schermo; la perizia critica del lavoro di De Pascali rintraccia in “Tarantula”, un breve documentario di Gianfranco Mingozzi, la prima ‘traccia’ filmica lasciata sull’estremo lembo d’Italia, per poi descrivere e elencare la quasi (perle nascoste in archivi permettendo) totalità della produzione filmica in Salento.” (dalla recensione di Luciano Pagano sul blog de La Repubblica)

Info Kurumuny edizioni : www.kurumuny.it


mercoledì 22 febbraio 2012

In libreria Il mio precipizio di Matteo Gubellini (La Gru)


I racconti di Matteo Gubellini sono sogni lucidi. Incontrare le sue parole è come viaggiare nei suoi quadri e osservarli dall'interno, muovendosi tra pennellate ipnotiche e ombre silenziose. Non si ha la sensazione di leggere una storia pensata, bensì di addentrarsi in un mondo le cui luci e le cui ombre sono generate dai colori di un artista che vuole aprirci le porte del suo sentire e ci presenta un mondo che può essere osservato solo con occhi nuovi, con occhi che sanno vedere oltre l'apparenza, oltre la banalità delle proprie certezze. I pensieri scritti prendono forma in una dimensione che unisce i ricordi al fantastico, al magico, al surreale e così ogni racconto ci attrarrà, quasi sussurrando, verso quella parte di noi che ancora non conosciamo o che abbiamo dimenticato.


Matteo Gubellini nasce a Bergamo nel 1972. Autore e illustratore ha pubblicato albi illustrati con diversi editori, tra cui ArteBambini, Bohem Press Italia, Oqo, Principi & Principi, Logos, Uovonero, Flies France, Anna Chanel, San Paolo, Morfem, Eli. Ama scrivere, e scrivere canzoni. All'attivo ha diversi cd. Tiene corsi d'illustrazione e letture animate in giro qua e là.


Ecco un estratto - Un monologo

Sei sempre un pochino affaticata, e calda in volto, quando entri nel bar e mi siedi di fronte, allora annovero il giorno fra quelli più importanti. Poi cominci a raccontarmi dei sogni che fai, e reclini il capo mentre parli, e inchiodi lo sguardo lontanamente, a stanare le linee, i colori che premurosa riporti in superficie. C’è un arco profondo che taglia le tue palpebre, e le ciglia sono tende, ed ecco dietro grandi iridi come biscotti alla nocciola nevicati di fondente, che profumano di vite immaginarie abilmente intrecciate a un passato che non c’è. Io vorrei conoscere il modo di guardarti vellicando la tua vanità, regalandoti un piacere morbido e frizzante, vorrei parlarti con un suono gentile e liquoroso, che t’invischi irrimediabilmente. In verità io stesso non so ascoltare. Ti guardo, ti guardo soltanto, mentre languidamente sdrucciolo nella girandola variopinta che frulla intorno al tuo fantasma, e tu resti sola nel bar, e discorri, e graziosamente gesticoli.. Anche se nascondo l’orologio sotto l’ampia manica del cappotto, so bene che fra non molto ci saluteremo, così, come fosse stato il primo incontro, quasi una cortesia dovuta, e il mio CIAO sarà uno strozzato suggello a tutte le cose non dette, e solo, mi metterò a passeggiare, un po’ curvo dalla piega che mi stai tracciando dentro, con la testa che si fa pesante, pesante, sul pianto in agguato. Altre volte non ti vedo, e capisco che sei rimasta tra la gente, mentre nel bar io non so proprio come accavallare le dita, e un’ombra scura mi si spalma in faccia, lentamente. Un’inquietudine ispida e caotica mi tira i nervi, li trascina, me li arrotola intorno, e qualsiasi avventore del locale potrà osservare un enorme gomitolo di nervi che vibrano davanti al caffè... forma sinistra e inavvicinabile. Un alone pian pianino si delinea, e si spiana tra i nervi, un poco li allenta, ché un’amarognola malinconia vi si possa insinuare, cupa, cupa, ma pacata finalmente, e monotona.. L’idea di te si fa arrogante, incorruttibile, così dimentico il tuo volto, e le immagini terrene, precise, inutilmente nitide, ti girano intorno. Senza poter compiere un balzo.

martedì 21 febbraio 2012

Affaritaliani.it lancia la sezione PugliaItalia, un ponte tra la Puglia e il resto del mondo

Una nuova sezione arricchisce da oggi il palinsesto di Affaritaliani.it. Il primo quotidiano online lancia PugliaItalia, cultura e politica, economia, turismo e società della regione oggi più trendy e cool d’Italia.
La sezione, aggiornata quotidianamente in tempo reale, si avvarrà di una piccola redazione locale e presenze diffuse in tutte le province e lungo gli ottocento chilometri di coste del tacco d’Italia, grande laboratorio di nuova politica e patria dell’economia green e dello sviluppo ecosostenibile, delle energie alternative e della nuova agricoltura, dell’agroalimentare e della dieta mediterranea. Fucina di nuovi artisti e musicisti e di inedite tendenze culturali, dalla taranta alle pellicole di qualità dell’Apulia Film Commission, dalla letteratura dei Carofiglio e dei Desiati, alla musica di Emma e di Dolcenera. Ma anche terra della Sacra Corona Unita e della crescente presenza sul territorio della criminalità organizzata e della diossina dell’Ilva, fenomeni verso i quali è forte l’azione di contrasto delle autorità e delle popolazioni locali.
«Come ha mostrato alla Bit di Milano, la Puglia in questo momento, con “Live your Puglia experience”, è più che mai pronta e decisa a lanciare nel mondo il suo brand e i prodotti della sua enogastronomia, le sue coste incontaminate e le sue campagne di ulivi dalla terra rossa, risparmiate dalla globalizzazione e dalla speculazione edilizia», spiega il direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino. «Il nostro giornale, con la sua audience “televisiva” di 600 mila lettori, vuol rappresentare un ponte efficace tra la Puglia e il resto del mondo, una vetrina per gli operatori turistici di Bari e della sua incantevole murgia come di Lecce e delle spiagge caraibiche del Salento, del turismo religioso del Foggiano, delle vestigia storiche dei grandi porti della Magna Grecia e della via Appia di Brindisi e Taranto.»

Alla vigilia del rendez-vous estivo, momento in cui dal Gargano al Salento la regione si prepara ad accogliere, con le sue splendide coste e la sua cultura millenaria, un mix di tradizione e innovazione, più di 3 milioni di turisti, PugliaItalia esordisce con un’esclusiva videointervista al principale protagonista del miracolo Puglia, il governatore della regione Nichi Vendola, cui seguiranno gli interventi dell’assessore alle Risorse agricole Dario Stefàno, padre del boom del Primitivo e creatore del progetto “Puglia rurale”, nuova frontiera del turismo lento delle masserie e dei muretti a secco, e le testimonianze di pugliesi d’adozione come Giorgio Forattini (che rivela le sue poesie inedite dedicate alle ragazze pugliesi) e Roberto Vecchioni. Ma anche di big emigrati anni fa ma rimasti legati al loro territorio d’origine come l’attore Michele Placido e il designer di grido Fabio Novembre.

«Al Nord eravamo già presenti con una pagina cult come MilanoItalia, al centro si sta affermando RomaItalia», conclude Perrino. «Ora con PugliaItalia chiudiamo il cerchio sbarcando al Sud e completando la nostra offerta quotidiana di informazione croccante locale e globale».


Per contatti:
Affaritaliani.it   t. 02 29403377

Nell’ambito di “Gli Albanesi, 20 anni dopo” ci sarà “Ritorno al paese delle aquile” di Aldo Renato Terrusi (Besa editrice)


Aldo Renato Terrusi a Roma presenterà il suo libro “Ritorno al paese delle aquile” (Besa editrice, Nardò, Lecce)  il 23 febbraio alle ore 16,00 presso il Museo della civiltà romana di via Agnelli nell’ambito dell’incontro “Gli Albanesi, 20 anni dopo” con la partecipazione oltre dell’autore di Franco Pittau, Rando Devole, Darien Levani, Alessandro Leogrande, Keti Biçoku, Edmond Godo.
L’appuntamento è a cura di Bota Shqiptare. La presentazione avverrà all'interno della manifestazione per i 100 anni dell'indipendenza albanese.

Un percorso alla ricerca delle proprie origini e della propria storia. Ritorno al Paese delle Aquile racconta il viaggio di Aldo e dello zio Giacomo, che tornano in Albania dopo quarantaquattro anni.
Aldo era ancora un bambino quando il regime di Enver Hoxha rinchiuse il padre nel terribile carcere di Burrel, dove morì senza poter dare l’ultimo saluto al figlio e alla moglie. Il desiderio di Aldo di riportare in Italia i resti del padre si scontra con il passato doloroso della famiglia Terrusi e di una nazione che ancora oggi porta impressi i segni laceranti della dittatura. Attraverso i ricordi di una famiglia, si ripercorrono le drammatiche vicende della pagina di storia più cupa del Paese delle Aquile.

ALDO RENATO TERRUSI è nato a Valona, in Albania, nel 1945, da genitori italiani. Dopo gli studi tecnico-scientifici, ha lavorato in enti di ricerca, collabora in qualità di consulente con alcune società e scrive su riviste specializzate. Ha la passione per l’archeologia, l’astronomia e la fotografia. Si diletta inoltre con la pittura e pratica il tiro con l’arco a livello agonistico.

lunedì 20 febbraio 2012

Volevo essere una farfalla di Michela Marzano (Mondadori). Per un giorno … libraia d’eccezione


Venerdì 24 febbraio alla Feltrinelli Point di Lecce in via Cavallotti 7/a dalle ore 16,30 alle ore 17,30 una libraia d’eccezione incontrerà i lettori fornendo i suoi consigli di lettura… Per chi vuole conoscerla direttamente, avere consigli e suggerimenti, scambiare pareri “letterari”, la può trovare in giro per la libreria Feltrinelli Point di Lecce, in un incontro eccezionale e unico nel suo genere… Di chi stiamo parlando? Di Michela Marzano, autrice per Mondadori di Volevo essere una farfalla. Inoltre sarà a disposizione per firmare le copie del suo libro.

Michela Marzano è un'affermata filosofa e scrittrice, un'autorità negli ambienti della società culturale parigina. Dalla prima infanzia a Roma alla nomina a professore ordinario all'università di Parigi, passando per una laurea e un dottorato alla Normale di Pisa, la sua vita si è svolta all'insegna del "dovere". Un diktat, però, che l'ha portata negli anni a fare sempre di più, sempre meglio, cercando di controllare tutto. Una volontà ferrea, ma una costante violenza sul proprio corpo. "Lei è anoressica" le viene detto da una psichiatra quando ha poco più di vent'anni. "Quando finirà questa maledetta battaglia?" chiede lei anni dopo al suo analista. "Quando smetterà di volere a tutti i costi fare contente le persone a cui vuole bene" le risponde. E ha ragione, solo che è troppo presto. Non è ancora pronta a intraprendere quel percorso interiore che la porterà a fare la pace con se stessa. "L'anoressia non è come un raffreddore. Non passa così, da sola. Ma non è nemmeno una battaglia che si vince. L'anoressia è un sintomo. Che porta allo scoperto quello che fa male dentro. (...) Oggi ho quarant'anni e tutto va bene. Perché sto bene. Cioè... sto male, ma male come chiunque altro. Ed è anche attraverso la mia anoressia che ho imparato a vivere. Anche se le ferite non si rimarginano mai completamente. In questo libro racconto la mia storia. Pensavo che non ne avrei mai parlato, ma col passare degli anni parlarne è diventata una necessità." Michela Marzano

Giù la maschera! al Cafè di Veglie


Prosegue la rassegna "Bookatini...in maschera", presso il Bar Cafè di Veglie (Via Italia Nuova, 24), con l'ultima giornata dedicata interamente al Carnevale.
Il Martedì Grasso di Bar Cafè, dopo gli appuntamenti con Franco Ungaro, e Paola Scialpi, sarà ancora dedicata al tema della maschera, questa volta con un punto di vista inedito dal titolo "Giù la maschera", dedicato all'intellettuale, all'artista, allo scrittore che intendono gettare la maschera e svelare se stessi e la propria produzione. Protagonisti della serata saranno gli scrittori e poeti Gianluca Conte (con una sua performance dedicata alla figura dell'intellettuale), Elio Coriano, Francesco Pasca, Francesco Carrozzo, Stefano Donno, Luciano Pagano. Tutti i presenti sono invitati a partecipare a questo incontro mascherati, 'realmente' o 'virtualmente'. Dopo la performance verrà presentato un inedito aperitivo d'autore a cura di Antonio Caputo, maestro di fornelli, e la sera proseguirà con una festa in maschera.
Nume tutelare della serata Pantalone. Maschera veneziana della metà del '500, rappresentante il tipico mercante vecchio, avaro e lussurioso. Questa figura era già presente nelle commedie erudite rinascimentali, ma la sua vera origine risale al personaggio del Magnifico che recitava nelle piazze accanto al servo Zanni, performando scene di grande comicità, che conquistarono i primi palcoscenici della Commedia all'improvviso o dell'arte.

domenica 19 febbraio 2012

FIGURINE (monologhi in versi). Poesie di Liliana Ugolini, LaRecherche.it


“Ti pieghi, batti gli occhi, hai pelle / di velluto e bocca aperta vibrata alle parole / seduto e in piedi stai, / volgi braccia / e mani che protendi come vero.”

Liliana Ugolini è nata a Firenze nel 1934, dove abita. Ha pubblicato diciassete libri di poesia in proprio e in collaborazioni: Il Punto, La baldanza scolorata, Flores, Bestiario, Fiapoebesie/vagazioni, Il corpo-Gli elementi, Celluloide, Una storia semplice, L’ultima madre e gli aquiloni, Marionette e miti, Pellegrinaggio con eco, Imperdonate, Spettacolo e Palcoscenico, A. Nera dalle Voyelles di Rimbaud, Mito e Contagio, Gioco d’ombre sul sipario, La pasta con l’anima.(ediz. Gazebo, Masso delle Fate, Polistampa, Stelle Cadenti, Campanotto, Esuvia, Morgana, Gierre Grafica. Quaderni di Pianeta Poesia.); tre in prosa La Pissera e Delle Marionette, dei Burattini e del Burattinaio (Rilettura fantastica del Teatrino)- Des Marionnettes-( Ripostes, Genesi, The Book Edition) e uno di teatro “Tuttoteatro” (Joker curato da Sandro Montalto). Da questi sono stati prodotti nove spettacoli andati ripetutamente in scena. Cura da 16 anni per “Pianeta Poesia” con Franco Manescalchi per il Comune di Firenze, la poesia performativa e la scrittura in scena. Per la poesia contemporanea ha curato con Franco Manescalchi l’antologia “Carteggio” ediz. Polistampa, Pianeta Poesia Documenti per il Comune di Firenze e Pianeta Poesia Documenti 2 Edizioni Polistampa. Collabora con l’Associazione Multimedia 91 all’Archivio Voce dei Poeti e fa parte del gruppo performativo “Cerimonie Crudeli”. Sul lavoro di scrittura e di teatro Sandro Gros-Pietro ha scritto un saggio antologico: “Liliana Ugolini Poesia teatro e raffigurazione del mondo”. Ediz Genesi. Partecipazioni a performances e mail art.


sabato 18 febbraio 2012

In libreria Le ombre del demone di Eve Silver (Leggereditore)


L’antropologa forense Vivien Cairn teme di aver perso la testa per sempre. La sua libido è fuori controllo e il desiderio la rende cieca, tanto da provocarle una sorta di amnesia temporanea. Sarà l’intervento di un estraneo terribilmente sexy a farle realizzare che in gioco c’è molto di più della sua sanità mentale. E mentre un killer spietato miete una vittima dopo l’altra, e Dain Hawkins si fa strada tra piste indecifrabili e coincidenze troppo evidenti per essere ignorate, i due capiranno che forse i crimini che imperversano sono collegati agli strani comportamenti della donna. Ma questo non scoraggia Dain, che vorrebbe spingersi oltre con Vivien, e così lei dovrà confrontarsi con il peggiore dei suoi incubi, ma anche con una passione sconosciuta e senza limiti che riscriverà per sempre il suo destino. Cos’è più insidioso, l’oscurità di un demone o il terrore di perdersi fra le braccia dell’amore privo di freni?

Breve estratto: “Si sentiva soverchiata, esausta, nonostante la notte di sonno, e spaventata. Tutto quello che aveva nella sua vita era andato, le sue convinzioni sul mondo, la sensazione di sicurezza e di successo, la sua casa, forse persino la sua sanità mentale. In qualche modo, fra la sua casa rasa al suolo dalle fiamme e la sconvolgente notizia che una parte del mondo era popolata di demoni e stregoni, le era stata somministrata una doppia dose della cosa che le sfuggiva da mesi. Il suo problemino non era scomparso, anzi, peggiorava. La terribile verità era che, due notti prima, si era estraniata per dodici ore e le era successo di nuovo il giorno precedente, mentre Dain era fuori. Le ore antecedenti la mezzanotte erano per lei il buio completo. Quando si era ripresa si era ritrovata nel foyer dell’attico di Dain, con il portone spalancato e un graffio lungo e profondo sul braccio. Aveva i piedi nudi e gelati come se avesse camminato sulla neve senza scarpe.

Eve Silver ha letto il suo primo romanzo rosa quando era appena adolescente. Da allora è rimasta affascinata dalle storie d’amore piene di passione, forza, perseveranza e onore, storie che l’hanno accompagnata durante tutto il suo percorso. Ora insegna microbiologia e anatomia umana in un istituto superiore. Quando esce da scuola torna ai romanzi rosa, e alla vita familiare, coronata anch’essa da un lieto fine, come tutte le più belle storie romantiche. Nel 2011 Leggereditore ha pubblicato con grande successo Il bacio del demone, primo romanzo della serie Demon.

venerdì 17 febbraio 2012

MANI PULITE 20 ANNI DOPO di Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio. Prefazione inedita di Piercamillo Navigo. Memorie di un procuratore di Francesco Borrelli (Edizioni Chiarelettere)


Mani pulite, vent’anni dopo. Altro che storia passata, questo libro racconta l’Italia dell’illegalità permanente. Un documento storico che rimarrà per sempre sul tradimento della politica. La cronaca di fatti e misfatti parte da Milano, 17 febbraio 1992, arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio: il primo tangentomane che fa tremare l’impero, a due mesi dalle elezioni. Saranno elezioni terremoto, quelle del 1992, stravinte dal partito degli astenuti (17,4 per cento) e dalla Lega nord. Intanto la Prima Repubblica va in galera ed è ancora solo superficie. Falcone e Borsellino trucidati a Palermo (e nel 2012 molti processi ancora aperti sulle stragi). Un anno dopo la corruzione è ormai un fatto nazionale, nessun partito escluso (70 procure al lavoro, 12.000 persone coinvolte per fatti di tangenti, circa 5000 arresti).
“L’Italia sta risorgendo”, saluta così l’anno nuovo il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Peccato che sia l’inizio del 1994, l’anno di Berlusconi e dell’inizio della restaurazione. Scatta l’operazione Salvaladri, con gli imputati che mettono sotto accusa i magistrati. È il mondo alla rovescia e gli italiani assistono allo spettacolo. Alcuni protestano, molti si abituano e finiscono per crederci.
Poi gli anni dell’Ulivo, della Bicamerale e dell’inciucio centrodestra-centrosinistra, che produce una miriade di leggi contro la giustizia: ad personas, ad castam e ad mafiam. Fino al 2001, che avvia il quinquennio della definitiva normalizzazione: il ritorno di Berlusconi, decine tra imputati e condannati di nuovo in Parlamento, le leggi ad personam, i reati aboliti, i giudici trasferiti... E poi ancora i due anni del secondo governo Prodi e i tre del terzo governo Berlusconi, che fra indulti e altre leggi vergogna ripiombano il paese negli scandali e nella crisi finanziaria. Infine il governo Monti, sempre in attesa di una seria legge anticorruzione, vent’anni dopo.

Gianni Barbacetto è giornalista de “il Fatto Quotidiano”. Per Chiarelettere ha pubblicato MANI SPORCHE (con Peter Gomez e Marco Travaglio, 2007) e LE MANI SULLA CITTÀ (con Davide Milosa, 2011).


Peter Gomez è direttore de “il Fatto Quotidiano” online. Per Chiarelettere ha pubblicato SE LI CONOSCI LI EVITI (con Marco Travaglio, 2008), IL BAVAGLIO (con Marco Lillo e Marco Travaglio, 2008), PAPI. UNO SCANDALO POLITICO (con Marco Lillo e Marco Travaglio, 2009), IL REGALO DI BERLUSCONI (con Antonella Mascali, 2009). Da ricordare anche il bestseller scritto con Lirio Abbate, I COMPLICI (Fazi 2007).


Marco Travaglio è vicedirettore de “il Fatto Quotidiano” e autore di inchieste di successo, molte delle quali firmate con Peter Gomez. Oltre a quelli già citati, ricordiamo i suoi libri più recenti: AD PERSONAM (Chiarelettere 2010), COLTI SUL FATTO (Garzanti 2010) e SILENZIO, SI RUBA (dvd+libro, Chiarelettere 2011) che raccoglie gli interventi della rubrica settimanale “Passaparola”, in rete ogni lunedì fino al settembre 2011. Dopo il successo di PROMEMORIA, 15 ANNI DI STORIA D’ITALIA AI CONFINI DELLA REALTÀ, è in scena nei teatri italiani con ANESTESIA TOTALE, PRIMO SPETTACOLO (POCO SPETTACOLARE) DEL DOPO-B, insieme a Isabella Ferrari. Dopo cinque anni di ANNOZERO, quest’anno prosegue la sua collaborazione insieme alla squadra di Michele Santoro con SERVIZIO PUBBLICO.

giovedì 16 febbraio 2012

Dipendenze, abbandoni e strane forme di sopravvivenza, di LORENZO PEZZATO (Faloppio, LietoColle). Intervento di Alessandra Peluso


Accostatami alla lettura del libro di Lorenzo Pezzato, Dipendenze, abbandoni e strane forme di sopravvivenza, la prefazione mi ha esplicitato il tema principale, la spira dell’intera matassa poetica, ossia la crisi, la decadenza del mondo occidentale, dove l’unico valore, preferisco definirlo pittosto che “entità parassitaria”, è la poesia.
La poesia è vita, necessità di esserci: una necessaria illusione per sopravvivere all’orrore del nulla. «La verità è brutta: abbiamo l’arte per perire a causa della verità». (Nietzsche).
E qual’è questa verità? Può essere quella descritta da Lorenzo Pezzato nelle sue quantomai realistche poesie. Si legge infatti: «Posso accettare la laurea / ad onore la pensione statale / per gli artisti, quel che si vuole / purchè sia un riconoscimento / al talento e non una montagna / da scalare un percorso da compiere / con fatica e applicazione / ... Una poesia si cancella, non si riscrive». (p. 19). Sublime il valore che vien dato alla poesia com’è opportuno, indispensabile per l’essere umano. Ed emerge la “questione dei talenti”, dei meriti, che non rappresentano il metro di valutazione nella società odierna, ma a sostituirli è ben altro, a primeggiare è altro, è quell’“aliud” che non oso specificare, taccio. Così si legge Nella parabola dei talenti: «Scagliano versi con fionde rudimentali / come ciottoli da tavole di legge frantumate / nel passaggio al nuovo millennio, / contemporanei poeti a corta gittatata / stelle filanti / talenti in parabola discendente». (p. 20).
   Pertanto, intravedo la lotta a cacciare la preda migliore, a raggiungere la meta prefissata senza scrupoli, nè rimorsi, a puntare dritto l’obiettivo lasciando a terra sfiancate le proprie vittime, questo vedo, colgo con gli occhi dell’anima, lasciando un’amara sensazione di immobilismo, incapacità di cambiare la realtà che si rispecchia nel consumismo, nel “dio” denaro, nell’individualismo, nell’inquinamento, nella comunicazione virtuale. Proprio questo tipo di comunicazione che aiuta a relazionarsi, a comunicare in qualche modo, comporta alle volte il mutamento della propria identità, perciò l’individuo è portato ad assumere maschere proprio come in teatro, l’individuo si spersonalizza.
Si legge: «Contatti umani / nella rubrica, amici / lontani o s-conosciuti / epistolari muti virtuali / frammenti di conservazioni / rimaste in sospeso relazioni / a tempo determinato che a volte / ho segnalato come “importanti”». (p. 31). E ancora: «Aspettano bavosi un pertugio in cui infilarsi / per brillare un attimo solo di celebrità mediatica / d’immortalità istantanea / poi essere interrati per sempre dimenticati / sotto milioni di clic isterici». (p. 35). L’Io individuo si aliena nelle relazioni sociali, lo sa bene Pezzato che avverte la necessità di essere diversi: «L’guaglianza è una follia / la differenza è guardiana / dell’imperfezione il tassello / che manca alla finitezza per farsi sferica completa / e condannarsi all’implosione». (Diverso è bello) e necessario, p. 64.
Ma come si può fare a salvare l’identità personale dell’individuo in un mondo siffatto, caratterizzato dalla logica ferrea e implacabile dell’omologazione degli stili di vita. L’individuo contemporaneo, ricorrendo al pensiero simmeliano, è il prodotto raffinato di un’articolata differenziazione sociale, si tratta di esserne consapevoli e di non lasciarsi invadere da una razionalità a-coscienziale, sfruttando le proprie capacità e quelle che il mondo offre. Senza dubbio Lorenzo Pezzato possiede questa consapevolezza. Le sue poesie hanno chiara la condizione dell’individuo quanto mai disorientato in un mondo dominato dalla specializzazione delle professioni e dalla razionalizzazione.
   Nell’era della globalizzazione si assiste alla distanza spazio-temporale, alla spersonalizzazione per cui i sentimenti e i valori sono oggetto di relazioni economiche e la comunicazione verbale tende ad essere assorbita dalla comunicazione virtuale. È questa la condizione dell’uomo contemporaneo: arrogante e pieno di sè, che non è più disposto ad accettare i modelli del passato e vive accontentandosi della sua “medietas” come uno “specialista senza cultura” (Weber). Mentre, il razionalismo esasperato promuove un crescente irrazionalismo che Nietzsche configura appunto nell’uso incontrastato delle tecniche, in una cultura dominata della regione e dal calcolo, nel lavoro che la società esalta (se pur in questo momento epocale indispensabile), tralasciando la riflessione filosofica, e quello spirito dionisiaco, creativo, vitale, necessario nella tragedia greca quanto nella vita moderna, che implode nella poesia.  Da questa amara e distaccata analisi, emerge una speranza nelle poesie di Pezzato, ossia che la nascita della consapevolezza di questo “status quo” porterà alla rinascita per le future generazioni. Eppur tuttavia, mi piace concludere con questi versi, se pur non gli ultimi dell’intera raccolta, «Figlio mio / tutto questo un giorno sarà tuo / maledirai la madre bestemierai il padre per la croce / cui il gesto candido ti ha inchiodato / ma durerà tre giorni appena / risorgerai a nuova comprensione e sarà luce / sarà vita vera». (p. 46). Il dolore profondo dell’autore probabilmente condivisibile da molti lettori, il timore per le future generazioni contiene la speranza di salvezza, pur intuendo personalmente, una velata ironia. È come la fine di un amore, sei certo che lui ti ami e tu ami lui, ma poi si conclude con la rottura del rapporto.