Questo libro getta un profondo
sguardo su quello che è diventato il più grande dibattito dei nostri tempi,
ovvero il ruolo del governo nelle nostre vite e il disegno del concetto di
libertà personale. Questo suona imperturbabilmente come un libro dai toni
cristiano-conservativi. Come tale verrà ritenuto fuori dalla portata di
chiunque cammini lontano dal sentiero del diritto religioso. Ma questo
significherebbe “edificare” le trame di un errore terribile. Alla stessa
stregua di un altro imponente libro sul moderno sistema politico, quello di
Juggernaut: “Perché il sistema frantumi le uniche persone che possono
salvarlo”, questo libro si addentra nei meandri di alcuni dei più affascinanti
paradossi del mondo moderno e ci mostra quanto si sia fatto abbagliare dalle
luci della perversione. Si tratta di un argomento che tutti possono valutare,
non importa quale colore politico un individuo vesta.
L’indagine inizia con il titolo.
In ogni caso cosa può fregiarsi del titolo di esattamente “Indivisibile?” Gli
autori sottolineano il fatto che la libertà non possa esser divisa tra il
vivere sociale e quello meramente fiscale.
Se desideri la libertà, devi
lottare per entrambe. Questo è il punto dove subentra la parte intrigante.
Quando gli autori affermano che un individuo deve combattere per la libertà,
non stanno sancendo che tutti possono fare tutto quel che desiderano fare. Come
sottolineano, la libertà è “arrivare a fare ciò che non vuoi fare, non fare ciò
che vuoi fare”.
E qui un animo che sia perspicace
più del solito, può già scorgere il germe di una libertà che si eleva al di
sopra di se stessa sino a toccare la sua essenza più inviolata, ma anche la più
ardua da raggiungere perché prevede un’apparente contraddizione, cioè quella
della libertà di fare ciò che non si vuol fare. Ma, per questo, si sa, occorre
Libertà…!
E cantando questo inno, gli
autori lamentano con l’arma dello sprone, che, per difendere la propria
libertà, si deve non solo scoraggiare l’intromissione del governo nei piani
economici e fiscali, ma bensì anche in quegli sociali. Per essere sicuri, gli
autori contestano l’intervento del governo nelle zone fiscali, ma confutano
allo stesso modo tale intervento nel regno sociale. Ciò che appare interessante
è che gli autori non abbracciano tale teoria affinché si giunga a legalizzare
ogni cosa dall’aborto al matrimonio gay. Ai loro occhi, la difesa della libertà
in ambito sociale significa infatti tutelare le leggi da realtà come l’aborto e
il matrimonio tra omosessuali. Ma, forse, così s’incappa nel rischio di
demolire il concetto primigenio di rispetto della persona nelle prevedibili
sfumature del suo essere, al di là di assetti che le convenzioni cercano di
imporre come imprescindibili.
Ciò potrebbe suonare un tantino
istintivamente ostile ad un primo sguardo. Questo è il modo in cui la logica
funziona. Gli autori portano alla luce un punto importante: Alle origini dello
Stato, la libertà religiosa era considerata di una tale importanza che nessun
tipo di governo avrebbe potuto incollare la sua etichetta religiosa sui suoi
cittadini. Oggi la situazione è sfuggita di mano. Non vi è più il bisogno di
vietare allo Stato l’imposizione del suo credo religioso, è necessario, invece,
impedire allo stesso di prescrivere il suo ateismo. Era diffusa la prassi che
fossero i liberi pensatori i migliori beneficiari della libertà religiosa,
oggi, invece, coloro che ne beneficiano sono i veri religiosi. Alla fine la
morale della storia è la stessa: l’unico modo affinché le genti possano vivere
imbevuti di spirito di fratellanza in una società complessa è quello che
permette loro di professare il proprio credo religioso senza incombenze da
parte dello stato. Se abbracciamo tale fondamento, ci contorniamo di persone
prospere, determinate nel costruire per se stesse e capaci di condurre la
macchina del commercio incentivando la produttività e la crescita.
Diversamente, privi di questo fondamento, ci gironzolerà intorno gente
calunniosa, spinta a lottare contro i suoi simili affinché la propria rotta di
vita si erga a unica lecita da seguire.
Lo stato ci si aspetta che non
abbia alcun colore religioso, questo è vero. Ma ci si aspetta anche che sia
passibile di limiti. Quando lo stato estende la via che ha battuto negli ultimi
molteplici decenni, il suo fondamento non religioso è dato dal fatto che vi
sono degli standards di ateismo emersi nelle nostre usuali attività. Certo,
possiamo essere religiosi al di fuori del nostro rapporto con lo stato, ma,
sempre più diviene difficile fare qualsiasi cosa liberi dal giogo raffinato
della supervisione dello stato. Non ci resta che aspettare il conseguimento di
quella libertà depurata di se stessa che permetterà ad ogni individuo di fare
esattamente ciò che non vuole fare, ‘ché fare semplicemente quel che si vuole è
esistere ordinario e approssimativo. Il libro si candida a promotore di una
lettura eccellente per tutti coloro che provano interesse per la grande
battaglia che popola questi giorni.
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