I versi di Giovanna Frene,
proposti in "Il noto, il nuovo", già pubblicati in lingua inglese
negli States, sono una disquisizione sulla natura del mondo e quindi del potere,
della Storia che abbiamo e che faremo. Forse per questa ragione, tra l'altro,
le musiche dei Poems allegate alla silloge a tratti danno spazi a più quotidiane incombenze. Frene,
insomma, s'affida un compito difficilissimo. Che comunque compie; davvero
facendosi dire appunto come e quanto Giovanna Frene sia da considerare, e non
ce ne vogliano i puristi, poetessa civile. Depositato fra una molte infinita di
citazioni, il verso di Frene usa un'allegoria per certi versi atipica, una
forma d'isolamento dalla realtà dopo aver osservato la realtà: per evocare
senza avocare ad alcun compito proprio. Ma proponendo una lettura e poi una
rilettura della cose del passato, vedi le riproposizioni del male nazista, che
devono sconfiggere quella trappola mortale che è la nuova specie d'indifferenza
oliata da questa e dalla precedente società. Tra i nazisti, allora, e Giovanni
dalle Bande Nere. Fra nettezza, tono schietto e diretto, eppur salato di
musicalità e commozioni, quindi fra fendenti e dialoghi, e aperture che si
rinnovano nei componimenti maggiormente 'discorsivi'. Giovanna Frene interroga
la violenza stessa, dunque, e chi la pratica. Chi la praticherà ancora. Mentre
il comodo dove viviamo non ci consente d'opporci, spesso. Un piccino saggio di
questa compostezza e rigida, intellettuale dominazione del dubbio, dice:
"l'ordine delle forze, l'idea inevasa del bene, invisibile, è sotto / gli
occhi di tutti. raggiunge il suo scopo, il banchetto integro: // il corpo è
sacro, saturo, è fatto di intenzioni; / il cibo è un potere diverso, ma
sempre-cibo nel sempre banchetto." (...). I riferimenti sono tanti. Eppur
potremmo citarne solamente uno, su tutti, Andrea Zanzotto. Non a caso è
Zanzotto il poeta salutato in chiusura d'opera. Il dissidio principale che
Frene rimette sotto i nostri occhi annacquati a volte dall'impotenza, è fra
diritto e obbligo di far il bene, cioè mettersi di traverso all'avanzata del
"motore della storia" (la violenza che opprime i popoli) e il
significato stesso delle nostre azioni. Il motivo dominante de Il noto, il
nuovo, come ci rammenta d'altronde il titolo scelto per la petité raccolta
poetica, è il sentimento d'ineluttibilità del male - assoluto - che ci fa
dannare. Molte volte, però, senza darci dannazioni. Con la poesia di Giovanna
Frene qualcosa invece s'accende. Sapendo del noto. Applicandoci al nuovo.
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