La diffusione del lavoro e lo
sviluppo urbano segnano i processi sociali statunitensi nella seconda metà del
XIX secolo e legano masse di lavoratori, in gran parte unskilled, al lavoro e
al controllo realizzati nelle realtà industriali, delle quali gli sweat-shops,
come i nuovi insediamenti commerciali, sono modello di alto tasso di
sfruttamento, paga incredibilmente bassa e profonda concorrenza tra lavoratori
scarsamente sindacalizzati. La città, protagonista di sogni e progetti da parte
dei suoi abitanti, è anche il luogo di inedite segregazioni degli individui e
di comunità, etniche come religiose, rinnovate e tra loro in gran parte
contrapposte, frammentazione irreversibile di un processo nel quale è destinato
a trionfare l’individuo consumatore. In questa realtà emerge una rinnovata
collocazione femminile, la quale, all’interno di una concorrenza oggettiva con
la forza lavoro maschile, più protetta e sindacalizzata ma certo più costosa,
esplica una presenza nei vari luoghi del lavoro, nella quale subalternità ed
emancipazione si uniscono, in un processo di distacco dalle tradizioni
familiari, di solitudine ed anonimato inediti ma anche di crescenti relazioni,
anzitutto con altre donne. Il lavoro, con tutte le sue contraddizioni, è alla
radice di questo percorso, e mentre segna per le donne nuove dislocazioni
urbane, articolazioni di classe, relazioni, implica comunque un percorso di
autonomia e marginalità, distacchi e progettualità, , affermazioni e sconfitte
che costellano la strada di una eguaglianza a lungo solo silenziosamente
ipotizzata ed ora progressivamente enunciata e praticata. I due saggi di Annie
Marion Mac Lean, presenti nel volume, sono intrisi di questa prospettiva della
quale rendono evidente testimonianza.
Annie Marion MacLean (Prince Edward
Island, Canada, 1866 - Pasadena, USA, 1934), sociologa di origini canadesi ma
divenuta americana per propria volont?, animata, come altre giovani docenti e
ricercatrici, da un interesse profondo e continuo per la riforma sociale, ha
contribuito in modo sostanziale alla istituzionalizzazione e allo sviluppo
della sociologia. Questo, la sua lunga attivit? didattica e di ricerca
nell’universit?, la peculiarit? del suo approccio analitico, la continuit?
della sua collaborazione all’American Journal of Sociology, la sua presenza
nell’American Sociological Society e nell’associazione Kappa Alpha Theta non
sono valse (a lei come ad altre donne, prima delle quali Jane Addams) a farle
superare la marginalit? di collocazione all’interno dell’Universit? di Chicago
e ad avere un pieno riconoscimento accademico. Le sue ricerche, fondate sul
metodo del lavoro di contatto e della raccolta di dati di prima mano, hanno
come referente principale le condizioni di lavoro delle donne (e dei bambini)
interne ai processi contraddittori di sviluppo degli Stati Uniti della seconda
met? del XIX secolo. Le sue indagini sul lavoro nei grandi magazzini, negli
sweatshops, nella raccolta di luppolo sono essenziali non solo per i metodi
seguiti ma anche per l’attenzione rinnovata ai processi contemporanei di
emancipazione e subalternit?, di autonomia e sfruttamento determinati dalle
nuove realt? sociali. Questi interessi traspaiono anche dai suoi principali
volumi Wage Earning Women (1910), indagine sul lavoro femminile svolta in collaborazione
con il Comitato direttivo nazionale dell’YMCA e realizzata attraverso una
presenza in centinaia di fabbriche, Women Workers and Society (1916), analisi
delle condizioni di lavoro femminili in una “fabbrica modello”, mentre i suoi
interessi, anche contraddittori sul piano teorico, per l’immigrazione trovano
espressione nel volume Modern Immigration (1925), chiaro invito per i nuovi
immigrati a una americanizzazione che riconosca le condizioni culturali, e di
potere, esistenti facendone premessa per i processi di integrazione.