Per chi non conoscesse ancora
Franco Arminio, ma sono sempre di più le persone che lo conoscono, cominciamo
col dire che il poeta e scrittore e meridionale, e quindi paesologo Arminio
scrive sempre libri essenziali e fondamentali, libri summa, perché testi, siano
loro di poesia o di prosa e dunque che facciano paesologia, che nascono da un
viaggio sentimentale e reale attraverso luoghi e comunità. Basterebbe rivedere
due volumetti apparentemente giocosi pubblicati nella Contromano di Laterza.
Reportage dai margini. Fotografie della marginalità. Con desolazioni. E con piccole
salvezze. Fatti di tante morti e possibilità, però, di rinascita. Per chi non
conosce ancora il sottoscritto, invece, e sono tantissime le persone che non mi
conoscono, posso spiegare innanzitutto che veramente di rado, per esempio non
ricordo più quanto tempo fa, mi capita di recensire dei libri pubblicati dalla
casa di Segrate (forse dobbiamo risalire alla lettura di “Guerra” di Franco
Buffoni). E persino raramente ne leggo. O acquisto (in questo caso dobbiamo
sicuramente risalire al primo giorno d'uscita di “Gomorra” di Roberto Saviano,
grazie a un consiglio illustre che non possiam qui rivelare). Ma “Terracarne”
rappresenta ovviamente un evento eccezionale, e grazie all'attenzione
dell'ufficio stampa mondadoriano ho letto in file e poi in cartaceo il libro,
prima d'incontrare, tra le altre cose, nella nostra Matera l'autore stesso.
Ché, appunto, Franco Arminio ha un debole, bello, per la città dei Sassi. E per
lui questo posto dovrebbe diventare la nuova “capitale del mondo contadino”,
dopo esser stata davvero 'mondo contadino'. In quanto per Franco Arminio non si
potrà che tornare alla terra. Tanto vale, allora, attrezzarsi. La suggestione è
fascinosa. Peccato, però, sia sponsorizzata solamente da pochi radical-chic e
qualche paesanologo, oltre che dal nostro paesologo. Dunque immergiamoci, a
questo punto, nel volume. In un testo vivo e che respira. Affanni delle
stanchezze dei suoi protagonisti a parte. La prima parte del testo, l'eponima,
con quattro saggi dolenti e sferzanti allo stesso tempo fa da prefazione.
Leggendo i nomi strani di certi paesi, tra l'altro alcuni persino non del Sud.
Epperò facendoci ripensare a quello che con una sempre più fortuna formula
Arminio chiama “autismo corale”. Perché i paesi hanno abitazioni chiuse e bar
aperti. Vie evacuate dai suoi abitanti e ritrovi per bevitori affollati di chi
è rimasto. Poi la sezione “Viaggio in Lucania”: dalla Basilicata tanto amata
dal poeta. Dai pezzettini di lande che sono stati di Scotellaro e Levi. Mentre
oggi sono dell'inquinamento della cementificazione e dell'abbandono in carne e
ossa. Non sarà un caso, ovvero, se Arminio dirà “terracarne” per farci
conoscere il peso dell'appartenenza. In un'epoca, invece, che ci vede
praticamente tutti quanti figli d'una crisi d'identità. Postumi della crisi di
civiltà. Quando, sappiamo bene, le città si sono presi le campagne e nelle
campagne è entrata, a far saccheggio di valori e usanze, la città. Dopo
l'intervallo di “Piccolo cinema convalescente” troviamo “Terremoto”: e sentiamo
il Franco Arminio di “Viaggio nel cratere”. Dove al superamento di “Paesi
invisibili”, tra i quali troviamo la Rocchetta già visitata per ricordare da De
Sanctis, troviamo “I carpentieri del nulla” - condito da “Rileggendo Salvemini”
- e “Geografie della Controra”. Fino ai “Paesi giganti” ecc. Eppure per entrare
nel senso di base, diciamoci, s'ascolti queste frasi di “Il viaggiatore
ripetente”: “Mi piacciono i vecchi, gli inattuali, i malcapitati della sorte,
mi piace chi non smercia, chi butta un occhio alla vita e uno alla morte”.
Sassi coi quali fare inciampare gli antimeridionali e i malpancisti di tutta la
società, i lamentosi e gli ottusi. Chi non vuole sporcarsi le mani, come si
dice, ma soprattutto chi non vuole rovinarsi le retini. “Viaggio nei paesi
invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia” è scritto col mestiere del
reporter, col fiato del poeta, con la preparazione e le descrizioni e il
talento dello scrittore. Terracarne non va letto per queste ragioni, però.
Terracarne è da leggere per le decine di proposte di riscatto che Franco
Arminio, grazie persino a quest'opera letteraria che s'aggiunge ai documentari
e alle invocazioni di “Oratorio Bizantino”, avanza. Siccome so benissimo quello
che Franco Arminio sente e dice, visto che anch'io vivo questi luoghi e anch'io
ho deciso di restare in questi luoghi sperduti, oltre a spingere a leggere
queste pagine in barocco vitale vi chiedo di valutare parola per parola,
proposta per proposta. Siamo
noi i fili d'erba.
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