Ho iniziato a scrivere questo
pezzo dopo averlo concepito mentalmente in almeno tre modi diversi. Intendo
(dire) che questo è (ormai) il quinto incipit. Sì, perché il pezzo che avevo
cominciato e, poi, quasi chiuso è “saltato”! Per una bizza del PC o, forse,
perché sono stato maldestro nell’usarlo (il PC). C’è che c’ho (cècchècciò: a
dirlo a viva voce e a ripeterlo è quasi un allegro motivo musicale…) combattuto
per diversi minuti e, in fine, ho deciso di cestinarlo, ché il file si apriva,
W (cioè il sistema) recuperava i dati, poi mi interrogava se volevo o meno
segnalare il problema al dio dei PC, quindi chiudeva quel file, ne apriva un
altro vuoto e… HO DETTO BASTA! L’ho preso come un segno: dovevo rifare il
pezzo, ché quello perduto (per un qualche cazzo di motivo a me sconosciuto) non
andava bene. Ché qualsiasi cosa, in un modo qualunque, non dipende soltanto
dalla propria volontà. Ci vuole altro. Perché sia compiuta. Io ci avevo messo
del mio. Forse non avevo aggiunto al mio volere di scrivere un pezzo: sarà “se
ole diu”! Ovverosia: questo mio pezzo lo diventerà davvero, e circolerà, se dio
vuole! “Se Dio Vuole” è il titolo del libro che letto tra sabato e domenica
della scorsa settimana. Fresco di stampa per i tipi di “Giovane Africa Edizioni”
(pagine 61, € 8,00), è la prima prova autoriale di Papa Ngady Faye (alias
Amadou) e Antonella Coletta (compagni di viaggio in questo esordio letterario,
come nella vita). Inshallah, mi ha detto Amadou, accompagnando
l’invocazione-saluto col suo sorriso e con una gestualità appena cennata, come
d i profonda preghiera.
In šā Allāh (إن شاء الله ) -in lingua araba- significa (appunto)
"se Dio [lo] vuole" e indica la speranza di una persona credente
acché un evento possa accadere in avvenire. Io, preferisco l’equivalente
"A Dio piacendo" (e mi capita di dirla spesso, anche se non vi dirò
del mio rapporto con dio o, se preferite, con Dio). Il significato
dell’espressione –in origine squisitamente religioso- ha assunto valenza
(pressoché universalmente riconosciuta, in tutte le religioni ma non solo) di
buon auspicio. A livello strettamente letterale “Sia fatta la volontà di Dio”
(Inshallah) non ha connotati islamici, pur derivando del Corano; infatti, la
sura Al-Kahf ("La caverna") recita: « Non dire mai di nessuna cosa:
"Sicuramente domani farò questo", senza dire: "se Allah
vuole". Ricordati del tuo Signore quando avrai dimenticato di dirlo e dì:
"Spero che il mio Signore mi guidi su una direzione ancora migliore".
» (sura XVIII, 23-24[1]); « E non dire di nessuna cosa: "La farò
domani", senza aggiungere: "se Dio vuole". E se lo dimentichi,
invoca il nome del Signore e dì: "Può darsi che il Signore mio mi guidi a
far cose di questa più rette". » (sura XVIII, 23-24[2]). Trattasi di
espressione tipicamente islamica, ché racchiude quasi un compendio della fede
musulmana, esprimendo la totale sottomissione dell'uomo a Dio.
Perché questo excursus, vi
chiederete. Non tanto per fornire un minimo di approfondimento sul significato
di un’espressione usata di frequente a ogni latitudine (e spesso ripetuta come
un “detto”…), ma per entrare nella maniera migliore (per quel che intendo io,
all’evidenza) nello spirito di questo libro, oserei dire nell’anima del libro
stesso. Avrei potuto dire che si tratta di una pubblicazione che contiene la
leggerezza di una narrazione tra il diaristico e il romanzo (meglio, data la
brevità testuale, di un racconto) di formazione, e la profondità della
riflessione stimolata dalla fiaba, ché Pap’ Ngady Faye è uomo di stirpe “Griot”
e si nota. Avrei potuto dire che i libri di Amadou non sono più nella mia libre
ria. Avrei potuto dire che tutti i libri che Amadou mi ha venduto in tutte le
strade in cui ci siamo incontrati continuano a girare. Tutti quei libri che
erano suoi perché narravano di miti e leggende africane. Di favole. Di fiabe.
Che non sono la stessa cosa (lo sai, vero?). E d’altro. Di quella Terra da dove
anche lui è giunto. Di quella Terra madre di tutti. Anche se qualcuno non lo
sa. O fa finta d’ignorarlo. Avrei potuto dire che tutti quei libri continuano a
viaggiare (insieme a qualche altro migliaio e a altre parti di me…) da quando
ho alleggerito il mio fardello di vita per rendere più agevole il mio cammino…
Questo e ancora avrei potuto dire. E, siccome è un pezzo, scriverlo. Ma
preferisco notare l’aspetto spirituale di questo racconto e l’unico vero modo
possibile per farlo è avvicinarsi alla spiritualità di chi l’ha scritto.
Partendo da qui, la lettura diventerà altro e, quel c he più importa, lascerà
altro. Io, adesso, non ho più nulla di cui disfarmi. Tutto l’inutile e il
superfluo ormai è fuori di me. Non dirò più BASTA! E, parlo con te ora Amadou,
tu sai quanto può far male un BASTAAA! (pag. 44). Io il tuo libro (questo
libro, ch’è tuo, proprio tuo perché lo hai scritto tu, non me lo hai soltanto
venduto) lo conserverò, forse lo rileggerò, ché era destino incontrarti una
volta ancora. Come il tuo destino, “Il destino di un venditore di libri”, nato
in un altro Sud e giunto in questo Sud dal Nord. Lo custodirò il tuo libro
Amadou (lo custodirò Antonella), ché un libro è (anche) dono e come dono va
accolto. Con questo approccio ho letto “Se Dio Vuole”. Chi vuole conoscere il
resto apra questo libro, ma prima abbia cura di aprire il suo cuore.
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