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venerdì 3 settembre 2010

Parola di Dio/Kalimat Allah di Federico Ligotti (Lupo editore)



















A Gaza City, in casa di Kabul – valente specialista di neuroplastica – giunge improvvisamente Noemi, dottoressa israelita in passato a lui legata, che ha deciso di ricorrere alla sua competenza per tentare di risolvere i gravi danni neurologici di cui sono rimasti vittime i suoi studenti, coinvolti in un attentato di matrice palestinese. Kabul rifiuta l’aiuto richiesto, ma gli occhi vigili di Hamas hanno registrato la presenza della donna e una squadra di Segugi Latranti irrompe nella sua abitazione per punirlo in modo esemplare. Sua moglie Adeela viene stuprata e lo stesso medico viene ucciso; i figlioletti Misha, Jasser e la piccola Jasmine restano così affidati al diciottenne Kamil, ormai capofamiglia. A sostenere il giovane è Jaber, il benzinaio padre di Abdel Hadi, amico e compagno di Kamil nella scuola coranica. I due ragazzi hanno condiviso lo studio del Testo sacro e le letture dei classici latini amati da Abdel, che però ha pagato a caro prezzo la sua curiosità intellettuale e da allora vive rintanato in una sorta di follia; solo Kamil gli è sempre rimasto vicino, e per gratitudine Jaber gli offre lavoro.
In questo contesto esplode la disperata rabbia di Kamil, che passa un’intera giornata con Abdel a “ribaltare” il senso delle più belle Sure coraniche: è la sua ribellione contro, il sovvertimento di tutti i principi, contro la corruzione e il tradimento della stessa Parola di Dio. Ma la tragedia di Kamil è solo all’inizio: al ritorno a casa, scopre che Adeela è stata portata via dai Segugi per essere ricoverata in modo coatto in una clinica, e che la piccola Jasmine ha subito violenza dal maestro della scuola coranica. Raggiungere la madre e salvare la sorellina sono gli imperativi categorici che lo spingono ad avventurarsi in città con la piccola straziata sulle spalle, nonostante sia in corso una pesante offensiva israeliana. Nella devastazione generale, il calvario dei due si conclude con la morte tra le macerie della biblioteca di Gaza. Il giovanissimo autore rivela una bella vocazione letteraria. La scrittura è intensa, significativa, caratterizzata da ritmi e da formule che efficacemente rendono atmosfera e cultura, nella ferocia della prima e nelle connotazioni della seconda. Una grande capacità descrittiva e il ricorso al protagonista come Voce Narrante arricchisce di pathos molte pagine. Il “gioco” sarcastico di Kamil sul Testo Sacro suscita nel lettore un notevole impatto, consentendogli di sperimentare una sofferenza spirituale che l’autore estende, nella condivisione, a tutti gli “uomini di buona volontà”; la totale soggettività con cui la storia viene presentata (l’occhio, il cuore… sono sempre e solo quelli del protagonista) autorizza alcuni passaggi acerbi, e consente nello stesso tempo una immersione virtuale nel popolo sofferente di Gaza, tra le “ombre” delle vittime civili. Il risultato è di reale emozione.

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