Questa antologia, introdotta e curata da Andrea Gialloreto, attraversa tutta l’opera poetica di Giorgio Vigolo, dagli esordi vociani alle sorprendenti quanto trascurate raccolte della vecchiaia (come I fantasmi di pietra e La fame degli occhi, edite rispettivamente nel 1977 e nel 1982).
Vigolo coniuga alla disperata pronuncia di un male di vivere non eradicabile l’ascolto delle voci del trascendente. Sono questi messaggeri e visitatori notturni (ombre familiari, angeli e dèmoni che prendono dimora nella mente di Vigolo) a dettare i ritmi febbrili di una poesia connotata da interferenze della memoria, inganni onirici, visioni infere e scorci celesti. Trasfigurazioni fantastiche di strade, palazzi e chiese suscitano i fantasmi di pietra della topografia irreale di una Roma eterna, riletta alla luce del Barocco, del Romanticismo e della pittura metafisica.
Critico, poeta, narratore, traduttore, acuto esegeta dell’opera di Belli, Giorgio Vigolo (Roma 1894-1983) ha manifestato una personalità artistica poliedrica e nutrita di una cultura sterminata. Oggi la sua fama è legata soprattutto al romanzo breve La Virgilia, scritto nei primi anni Venti ma edito solo nel 1982 e alla raccolta di racconti Le notti romane (1960). Tuttavia, è sull’opera in versi – da Canto fermo del 1931 a La fame degli occhi del 1982 – che Vigolo faceva affidamento per dare espressione alla sua scrittura evocativa e a quella tensione all’assoluto che fissava nel mito le ansie, gli stupori e le angosce oniriche di un’anima tormentata, sospesa tra gli inferni pagani e un cielo sentito come patria originaria. Restio a percorrere la via del compromesso con la propria epoca e con l’establishment letterario italiano, Vigolo ha intrecciato nei suoi versi una limpida misura classica, come ritorno al canto, inquietudini formali e il chiaroscuro di una parola scabra e “petrosa”, connotata da una sensibilità ulcerata, che Mario Luzi ha accostato al barocco «interpretato insieme nella luce un po’ straziata dell’affabulazione espressionistica e sul taglio della folgorazione romantica come estremo dibattito e dramma dell’anima e dei suoi demoni».
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