Una narrazione intensa, che ci costringe a confrontarci con le contraddizioni e i fantasmi che abitano le nostre paure.
"Il capro" è il romanzo definitivo sul Mostro di
Firenze: un'opera che scava nell'indicibile per riportare alla luce una
scheggia di verità. Lo schema era fisso. Prima il maschio, poi la
femmina. Prima la pistola, poi il coltello. Infine la firma: i colpi di
una Beretta calibro 22 con la lettera H incisa sui bossoli. Una volta, e
un'altra, e un'altra ancora. Otto delitti, sedici morti, diciassette
anni di buio e angoscia. Per descrivere quell'orrore incomprensibile ed
efferato, circoscritto in un'area della Toscana larga poche decine di
chilometri quadrati, tra colline e oliveti, la cronaca conia un epiteto,
poi ripreso nei servizi di tutto il mondo, nelle indagini e processi:
il Mostro. Un'espressione che sarebbe diventata nel tempo uno dei nomi
dell'oscuro. Partendo dalla gioventù di Pietro Pacciani e dei «compagni
di merende», Silvia Cassioli insegue lungo gli anni settanta e ottanta
il coro dissonante di voci che attraversano e circondano i delitti del
Mostro, ripercorre i passi dei protagonisti e dei comprimari, delinea
psicologie e fisionomie di vittime e sospettati, inquirenti e semplici
osservatori. Il risultato è il ritratto di una provincia feroce e
arcaica, lontana da qualsiasi idillio, specchio ribaltato della mistura
di sessuofobia e bigottismo, gossip e psicosi collettiva che avvolgeva
la nazione. Una narrazione intensa, che ci costringe a confrontarci con
le contraddizioni e i fantasmi che abitano le nostre paure, perché, come
forse ci siamo resi conto solo troppo tardi, «basta un nulla e di
Mostri ne saltano fuori a decine».
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