Le grandi sfide sociali, ambientali e sanitarie impongono modelli di innovazione inclusiva e responsabile, guidata dai bisogni della società. Questi nuovi paradigmi di innovazione si accompagnano a una radicale trasformazione nei modelli di imprenditorialità. Al centro di questa trasformazione - si legge nella prefazione del volume a firma di Mario Calderini - c’è quello che molti definiscono l’imperativo dell’impatto: la ricerca intenzionale di un impatto sociale e ambientale positivo e misurabile, attraverso modelli di impresa economicamente sostenibili. “La buona impresa. Storie di start up per un mondo migliore”, edito dal Sole 24 Ore, in libreria da giovedì 22 luglio al prezzo di 14,90€ propone ai lettori una serie di straordinarie storie imprenditoriali che hanno scelto di integrare strutturalmente la dimensione di profitto con quella di impatto che si va configurando come il nuovo modello ibrido del futuro.
Si può contribuire al bene comune facendo impresa? Da più parti viene espressa la necessità di cambiare la nostra economia a causa degli enormi problemi di tipo ambientale e sociale. Una delle tesi più accreditate è che tale cambiamento possa avvenire solo attraverso un’azione collettiva. In effetti sempre più imprese operano con l’obiettivo di “migliorare il mondo”: in particolare, in molte startup – pur nella consapevolezza di dover raggiungere un equilibrio economico-finanziario – è forte il desiderio di generare impatto sociale. “A questo tipo di imprese, sempre più diffuse nel nostro Paese e all’estero, abbiamo ritenuto di dedicare attenzione con questo volume – spiegano gli autori - Il racconto delle loro storie può essere di ispirazione per tanti giovani potenziali imprenditori ed è stato usato anche per trarre alcuni insegnamenti di management utili per chi effettivamente volesse intraprendere questo viaggio dall’idea all’impatto”.
Un numero crescente di imprese ha perseguito la creazione di valore sociale, considerando i profitti non l’obiettivo primario, ma una sorta di conseguenza della capacità di un’impresa di risolvere bisogni sociali delle persone e dell’ambiente. Gli autori ne hanno selezionate diciassette e hanno raccontato le loro storie come esempio ispiratore per altri potenziali imprenditori, illustrando nell’introduzione del libro i criteri delle loro scelte: Il ruolo delle precedenti esperienze degli imprenditori; L’importanza delle capacità manageriali; Capacità relazionali e creazioni di reti; L’innovazione che parte dalla fragilità; Il ruolo delle tecnologie avanzate; Il contributo dell’università alla nuova imprenditorialità a vocazione sociale; Il radicamento territoriale; Le prospettive future e l’Intraprendenza contagiosa.
Il libro è quindi composto da 17 capitoli, uno per ogni impresa raccontata. Si comincia con il capitolo dedicato al caso BIoverse continuando rispettivamente con le sezioni dedicate alle case history di Catalyst; DIamante; eProInn; Glass to Power; Greenbone Ortho; IntendIme; LIMIx; New Gluten World; Orange FIber; Personal Factory; PCUP; QuId; TomaPaInt; UBT; Transpar3nt e la canzone didattica e la musica “impattosa” dei fratelli Baglioni.
GLI AUTORI
Valentina Cucino. Post-doc di ricerca in Gestione dell’Innovazione presso l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna.
Alberto Di Minin. Professore di Gestione dell’Innovazione presso l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna.
Luca Ferrucci. Professore di Economia e Management delle Imprese presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia.
Andrea Piccaluga. Professore di Gestione dell’Innovazione, è direttore dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna e vicepresidente di Netval.
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