Ci sono due ragazze che baciano i rispettivi ragazzi in una Honda Civic parcheggiata sotto alla notte stellata: sono madre e figlia, Harriet e Lindy, due che potrebbero venir scambiate per sorelle ma non lo sono. Non ci sono trucchi da quattro soldi nei racconti di Robison e anche il fraintendimento è senza inganno. Lindy, poi, si è comprata coi suoi risparmi un telescopio per scrutare i cieli, ma la sua autrice sembra più interessata a rivolgere l’obiettivo dentro le abitazioni, per meglio scrutare ciò che è celato dall’ultimo vero confine da varcare, quello della porta di casa. Rossella Milone scrive nella postfazione a questo libro che Robison «ha sempre prestato orecchio al suono del mondo»: e così ci ritroviamo ad ascoltare le parole che faticano a sovrastare il chiasso mentre la moglie passa l’aspirapolvere e un marito si taglia i capelli in bagno. Una conversazione mobile e sfuggente innerva anche la casa di un coach arrivato finalmente alla stagione della svolta e sua moglie Sherry, una pittrice in cerca dei suoi spazi. Daphne, la figlia, sta per entrare al college dove allena il padre, ma la squadra familiare sembra mostrare le prime crepe e, man mano che orecchiamo, il solco si va allargando. A Robison basta pochissimo, ancora meno che alla sua Gardenia, una trentaseienne che si accontenta di rimanere sobria e non andare troppo in rosso con la Mastercard. Le sue, sono storie che ci precipitano dentro un’America domestica eppure sconosciuta.
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