Da una lunga serie di incontri,
conferenze, convegni, workshop svolti negli ultimi anni in Italia e
all’estero - con annesse discussioni e tesi esposte nelle raccolte di
atti o riviste scientifiche - nasce questo libro segnato da una
convinzione di fondo. E cioè che “i dispositivi tecnologici parlano e vanno ascoltati”. Proprio come avviene per i testi o i discorsi che essi permettono eventualmente di produrre, inviare e ricevere “e in quanto tali vanno analizzati congiuntamente ad essi”, integrando dunque la semiotica del discorso con una semiotica dei dispositivi materiali.
È l’approccio induttivo usato da Ruggero Eugeni nel nuovo saggio dal titolo Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno)
(Scholé-Morcelliana, pp. 336, euro 21). Si tratta di un’analisi
stringente di alcuni dispositivi visuali digitali (definiti dall’autore
“postmediali”), orientata tanto alla loro struttura interna quanto ai
processi e alle pratiche del loro utilizzo; e costantemente guidata
dalle domande “cosa facciamo oggi con le immagini?” e - soprattutto - “che cosa le immagini fanno con noi e di noi?”.
Ecco dunque sfilare sotto la lente analitica di Eugeni, i Google Glass,
le camere a campo di luce, i visori notturni, la realtà estesa, le reti
neurali e la fotomicrografia elettronico-digitale. Quest’ultima il “più
uno” del titolo che riesce a sistematizzare lo sfondo concettuale
emerso dalle singole analisi. Non è tutto. “Nel momento in cui
consentono di gestire l’interazione con il mondo, i dispositivi
postmediali mobilitano una serie di risorse (che possono essere
materiali, energetiche o informazionali), ne guidano gli andamenti e le
relazioni reciproche e le assoggettano a una serie di regole e di
circuiti prefissati: a una eco-logia si lega immediatamente una
eco-nomia”, scrive qui Eugeni confermando un approccio oltre che
ecologico, economico in senso ampio. Più esattamente, argomenta Eugeni,
sono tre le grandi economie mobilitate da tali dispositivi: quella del visuale, cioè la circolazione di immagini; quella della luce, cioè la circolazione di energia luminosa; e quella dell’informazione,
la circolazione di dati. Esse vengono intimamente connesse attraverso
uno sviluppo “archeologico” che passa attraverso apparecchi tecnologici
oggi dimenticati (come per esempio il perceptron di Frank
Rosenblatt), ma pure fondamentali per determinare la situazione
presente. Una situazione in cui le immagini computazionali (che l’autore
chiama in queste pagine algoritmi), appaiono al tempo stesso oggetti e
strumenti dell’estrazione e distribuzione delle risorse comuni: il
“capitale algoritmico” si definisce in tal modo come la reale posta in
gioco della società postmedial
Ruggero Eugeni insegna Semiotica dei media presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano e Brescia. Tra le sue pubblicazioni anche La condizione postmediale (La Scuola, 2015). Ha curato, con Giorgio Avezzù, l’edizione italiana del testo di Jean-Louis Baudry, Il dispositivo. Cinema, media, soggettività (La Scuola, 2017).
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