Ingegneri di anime è la storia incredibile di due viaggi –
uno letterale, uno immaginario – attraverso la Russia contemporanea e la
letteratura sovietica, un saggio narrativo raro e prezioso, capace di
innescare nuove riflessioni e aprire inaspettati punti di vista sul
rapporto tra letteratura e ideologia.
Combinando il
giornalismo investigativo con la storia della letteratura, Westerman
trascina il lettore nella selvaggia euforia della Rivoluzione russa,
indaga la manipolazione della cartografia in epoca sovietica, racconta
il delirante progetto di Stalin di sovvertire l’ineluttabilità delle
forze naturali del territorio russo .
Il 26 ottobre 1932 Stalin si
presentò a una riunione di scrittori a casa di Maxim Gorky. Stalin
dichiarò che i progressi industriali sarebbero stati vani senza la
formazione del nuovo uomo sovietico: la produzione di carri armati
doveva andare di pari passo con quella delle anime e il compito di
forgiarle toccava agli scrittori che furono incoraggiati a cantare le
lodi della costruzione di canali e dighe. Da quel momento non ci fu
complesso industriale che non avesse il suo racconto celebrativo. Ma il
loro entusiasmo – inizialmente spontaneo e idealista – divenne presto un
canto di lode obbligatorio. E poiché questi colossali acquedotti
portarono alla schiavitù, alla morte e alla distruzione, gli scrittori
sovietici lavorano al servizio di un folle progetto totalitario.
Combinando il giornalismo investigativo con la storia della letteratura,
Westerman trascina il lettore nella selvaggia euforia della Rivoluzione
russa, indaga la manipolazione della cartografia in epoca sovietica,
racconta il delirante progetto di Stalin di sovvertire l’ineluttabilità
delle forze naturali del territorio russo attraverso grandi opere
ingegneristiche mai finite (come il prosciugamento del golfo di
Kara-Bogaz per estrarre il solfato di sodio) esaminando sia il panorama
del “dispotismo orientale” sia i libri – e le vite – degli scrittori
catturati dalle ruote del sistema.
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