È una antologia di
poesie inedite, edita da Olio Officina, allestita con l'intento di riportare
l'attenzione dei poeti italiani ed europei sulla campagna. Il lettore troverà
versi di autori italiani, croati, francesi, portoghesi, rumeni, svedesi e
svizzeri. La curatrice del volume, di cui riportiamo la prefazione, ha invitato
quarantatre autori con la dichiarata intenzione di fare i conti con ciò che nel
Ventunesimo secolo si può intendere per vita rurale. La gravidanza della terra
è stata allestita con l'intento di riportare sulla campagna l'attenzione dei
poeti italiani ed europei: il lettore troverà qui anche versi di autori croati,
francesi, portoghesi, rumeni, svedesi e svizzeri. Questa antologia ha cioè
inteso proporre loro l'idea di rifare in qualche modo i conti con ciò che, nel
Ventunesimo secolo, può essere e significare la vita rurale. Una raccolta
varia, come forma/spunto di un dibattito da riaprire pubblicamente, nello
speciale cammino compiuto dalla poesia verso e attraverso il linguaggio, con la
sua costruzione di figure, metafore e simboli, in grado di rappresentare ed
estendere la nostra esperienza della realtà, di ampliare il confronto e la
misura dell'uomo con il mondo, la vita. Per troppo tempo, nella Modernità, una
certa filosofia ha distinto ciò che non poteva esserlo per la stessa natura
biologica e antropologica dell'essere umano. Con effetti pratici non sempre
positivi, a volte drammatici, si è separato l'indivisibile: la Natura dalla
Cultura o dalla Storia; le Scienze dalle Lettere e dalle Arti e così via. Cose
diverse, certamente, ma tronchi di un medesimo legno, scaturiti da uno stesso
ceppo, giusto per usare una metafora vegetale. Dalla condizione connaturata
nell'esere umano – ciò che abbiamo già avuto occasione di definire «umanesimo
antropologico» – non si può e non si deve d'altronde più prescindere, se
vogliamo allargare gli orizzonti, se vogliamo dare al futuro una possibilità in
più di esistere come lo desidereremmo noi. C'è forse una maniera per rendere
oggi ancora più vivo il mito delle metà o dell'ermafrodito, che Platone narra
nel Simposio; e questa è distinguerlo dal mondo dell'eros inteso unicamente
come slancio sessuale, per riconnetterlo a quello di Eros, considerato come
Amore in senso pregnante: attenzione o tensione profonda verso tutto ciò che è
“umano” e può costruirne una totalità nuova, entro una visione mutata della
realtà e della cultura. Ciò significa tentare di riunire su basi contemporanee
quanto la storia delle idee occidentali ha diviso per secoli, almeno a partire
dal Seicento cartesiano: la mente e il corpo. Le più recenti acquisizioni
scientifiche in merito alla genetica, al funzionamento del cervello, della
mente, alle percezioni, impongono infatti ben altre soluzioni e strade di
ricerca, e la letteratura non può ignorarne la portata e le istanze. Così, la
poesia, come tutta l'arte della letteratura, è espressione e anche conoscenza.
Ciò vuol dire che è anche emozione e memoria; è anche esperienza e sorpresa e
piacere; è anche il precipizio oscuro e la luce della certezza. “È anche” tanto
altro, insomma, ad libitum. Che certa poesia contemporanea – spesso
fossilizzata in clichés – ignori una tale complessità, è purtroppo il suo
marchio d'immobilismo. D'altra parte, la situazione umana, nella storia e
nell'ambiente, muta di continuo, come si erano già accorti Francesco
Guicciardini e Giacomo Leopardi. Mutano i tempi, ed i fenomeni sociali ed
economici di industrializzazione e post-industrializzazione – nella loro
sostanza multiforme e nelle loro conseguenze – si presentano ora in maniera
assai più articolata, inconsueta. Ciò vale anche per altri fenomeni ed aspetti
che, per meri pregiudizi ideologici o pigrizia, sono stati sovente relegati
all'ambito di residuo del passato. Ma a torto: è un fatto che oggi il settore
agricolo sia in grado di trainare di nuovo l'economia. Ciò impone un
ripensamento critico su differenti piani: sociologico, economico, storico o
culturale in senso lato. Una simile riflessione la si deve pretendere anche in
poesia, che non può ritenersi un giardino chiuso, uno spazio ripiegato
esclusivamente su un soggettivismo esasperato, sulle limitate ragioni di un io
ipertrofico, pertanto immune dalle lacerazioni o dagli interrogativi dell'esistenza
comune e della cultura. È, lo ribadiamo, quanto abbiamo tentato precisamente di
avviare qui. Abbiamo cercato di restare il più possibile lontani dalle
tentazioni dell'idillio, dal richiamo della campagna come rifugio, quasi
astorico, per una borghesia che si sente comunque superiore ai contadini o alle
classi ancora legate alla terra. Come se oggi la campagna fosse ancora quella
di secoli fa, pochissimo o nulla meccanizzata, non industrializzata, quindi
sospesa in una dimensione priva di consistenza. Abbiamo tentato di evitare le
nostalgie arcadiche, connesse ad una vecchia concezione della Storia reputata
un Assoluto, con le maiuscole appunto, quindi astrattamente: una Storia che
accerchia o annienta la Natura, allo stesso modo considerata un Assoluto. In
breve, una essenza immutabile, e non quello che è: dato ineludibile, ma
anch'esso estremamente composito, in cui alcune realtà – e quella rurale ne è
una – possono cambiare, mentre altre non sono soggette, o lo sono meno, a
mutamenti. Questo non significa sottovalutare le gravi questioni connesse ad
esempio alla produzione dei beni alimentari, fatti oggetto di un attacco
economicistico senza pari; connesse all'ecologia, all'urgenza di salvaguardare
le acque, l'aria, la campagna – il pianeta intero, come casa prima e una
dell'essere umano. Nient'altro si è cercato che avvicinarle in maniera più consapevole,
anche solo tramite il puro e semplice accostamento di tante voci diverse. Non a
caso La gravidanza della terra è una antologia a tema, la prima del genere in
Italia e, forse, non solo. Ampliare il ventaglio degli autori e delle poetiche
rappresentate ha inteso essere un modo per vedere meglio le molte sfaccettature
di una realtà problematica tutta da inventare, scoprire e ricreare. La
condivisione di un invito a rimboccarci le maniche e tornare a coltivare la
terra fertile delle idee poetiche. Fra tanti, ci sarà sicuramente qualcuno che,
nel tracciare il solco, nell'arare il campo, riuscirà appunto a fare cultura
nell'accezione originaria della parola: e, così, nuova poesia.
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