Quante penne possono
vantarsi l'apprezzamento contemporaneo di Rilke, Beckett, Barthes e Handke?
Decisamente poche firme. Emmanuel Bove, all'anagrafe Emmanuel Bobovnikoff, che
usò anche tra l'altro gli pseudonimi Pierre Dugast e Jean Vallois, da questi
grandi grandi della letteratura ricevette elogi. Unendosi al piccolo elenco
degli editori italiani, vedi quando soltanto nel finire degli anni Novanta del
Duemila, grazie al lavoro per esempio di Beppe Sebaste e Giulio Mozzi, alcuni
cominciano a tradurre Bove nell'ex Belpaese, adesso Fusta ci restituisce gli
scritti minimalisti e a effetto da laser raccolti sotto al titolo "Una
visita serale e altri racconti". Racconti che annunciano ogni volta un annuncio,
che sono suspense e tensione per tensione. Queste frecce furono scagliate tra
il 1925 e il 1936, ma non tutti i racconti furono immediamente pubblicati
(l'edizione italiana della raccolta propone anche "Viaggio intorno a un
appartamento" e "Ritorno a casa"). I maschi di Bove sono la
riproposizione della loro stessa indolenza. Fanno paesaggio col piccolo
paesaggio illustratto e puntualmente riscritto dall'autore. Emmanuel Bove firmò
molte opere, in vita, epperò poco riuscì a portare al successo; per quanto,
diciamo, ne avesse davvero voglia. L'arte del racconto breve è dote d'un'élite
di penne. I personaggi di Bove snobbano costantemente la banalità. Se la logica
vuole che restino, vanno. Se pare debbano andare, restano. Per esempio. Oppure
ci lasciano in un'immensa vasta e inespugnabile ma allo stesso tempo abbastanza
comoda zona grigia che ci va vivere tutta l'indecisione e la sospensione
assoluta delle scene composte. Alla fine, certo, l'amaro in bocca. Anzi l'amore
che ci tocca immaginare fuori dalla chiusa d'ogni scritto. Mentre le sensazioni
offerte dallo scrittore, sono il facile tormento che l'autore ci consiglia di
carezzare. Vien voglia, allora, di leggere o rileggere qualche romanzo breve di
Bove. Ma al momento di sicuro rileggiamo queste frecce.
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