Riflessioni
su “Post-patriarcato. L’agonia di un ordine simbolico. Sintomi, passaggi,
discontinuità, sfide”di Irene Strazzeri
Un’analisi minuziosa e
necessaria oggi dei tanti fraintendimenti e usi strumentali, messi in atto sul
finire del patriarcato, per deviare sentieri di consapevolezza e
soggettivazione delle donne, per “domare la sovversione innescata dal pensiero
femminista”, il suo essere forza critica trasformativa. È questo uno dei temi
cardine del libro di Irene Strazzeri, sociologa presso l’Università di Foggia,
dal titolo “Post-patriarcato. L’agonia di un ordine simbolico. Sintomi,
passaggi, discontinuità, sfide” (introduzione di Elettra Deiana), pubblicato da
Aracne Editrice, in cui l'autrice mette a fuoco i misteriosi dispositivi che
agiscono per cui “le donne mettono a valore la loro differenza e vedono
tradotta la loro esperienza nella parità, danno corpo all’autorità femminile e
se ne deduce che aspirano a più potere, si decentrano rispetto all’egemonia
culturale del maschile e vengono lette come amazzoni in guerra contro gli
uomini”.
In questa fase di
crisi, che è crisi di sussistenza della stessa società, e di messa a rischio
della capacità di riproduzione simbolica, Strazzeri evidenzia i molteplici
meccanismi di biopotere di cui si serve il neoliberismo per stravolgere, assumere
a sé, mettere a valore del mercato e deprivare di significato politico i
rilevanti spostamenti antropologici e simbolici che il femminismo ha prodotto
nella modernità. Nuovi meccanismi di discriminazione costituiscono il
cosiddetto sessismo democratico: messaggi fittizi di libertà, collegati al
consumo standardizzato di desideri utilizzati come elemento da cui ricavar
profitto. E’ il fattore D che celebra l’indispensabilità delle donne, proliferazione
discorsiva sulle stesse.
Le modalità gestionali
“inclusive” e di messa a valore della differenza del diversity management, la maggiore produttività delle imprese
guidate da donne, la leva operata dalla womenomics,
la messa in produzione dell’attitudine alla relazione, l’esternalizzazione del
lavoro di cura come bene immateriale sottomesso alla logica del valore di
scambio, la “questione femminile” della conciliazione fra lavoro produttivo
pagato e lavoro riproduttivo non pagato: sono tutte retoriche dietro le quali,
scrive Irene Strazzeri, “si nasconde la ristrutturazione del capitalismo, da
sistema produttivo fondato sull’estrazione di risorse dall’ambiente e di
profitto dallo sfruttamento della forza lavoro, a sistema che trae utile e
profitti dall’estrazione di risorse dalle attività necessarie alla riproduzione
della vita”. Attualmente, continua la sociologa, “la politica e il pensiero
delle donne offrono l’opportunità di afferrare qualità umane e lotte reali per
la libertà femminile, per il pacifismo e la non violenza, per la riconversione
ecologica della società, per i beni comuni e contro la degradazione
dell’istruzione pubblica”. La sfida è allora “mettere al mondo il mondo”, sul
finire del patriarcato. Riprenderci la significazione di quella che è stata la
libertà femminile, quella che ha rotto i vincoli di sistema, della relazione in
termini politici, non come attitudine da sfruttare. Riattivare la
performatività, l’agire consapevole della politica, a partire dal portato del
femminismo, il suo essere azione, forza critica, “capacità di leggere le cose a
partire da noi e interpretare per quello che è la realtà”. Indispensabile,
diventa, sul piano culturale e politico, la ricerca di un “altrove” che sia capace
di creare distanza critica dall’esistente e sveli il grande trucco della nostra
civiltà.
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