"Voglio vedere se
almeno dopo che l'hanno fatto morire povero, qualcuno si degnerà di ricordare
Enzo". Questo sfogo è del maestro Antonio Infantino, raccolto ad Aliano
alle giornate paesologiche di Franco Arminio. Enzo è Enzo Del Re. Il 7 giugno
2011 è la data di morte del "corpofonista". L'opera della quale col
massimo di rispetto possibile, vista l'importanza che ricopre e ricoprirà e
data la sua possenza di documento storico, stiamo per parlare, dunque, intanto
esiste grazie al lavoro appassionato dell'infaticabile Timisoara Pinto,
giornalista Rai e studiosa della canzone d'autore e della cultura popolare, che
fra le altre cose ha diretto diversi eventi musicali in memoria di Del Re e
Rino Gaetano; Enzo Del Re, appunto. Quel cantastorie del quale Pino Masi,
ospite qualche anno fa dell'Osteria Malatesta di Matera, parlava in questi
termini: "L'unico cantautore di brani di protesta che veramente mi
somigliasse". Magari nella stranezza, anche. Ma specie nella genialità.
Quella marcia in più però "fuori dal motore" che per mezzo prima di
Daniele Sepe abbiamo conosciuto anche in Basilicata. Che Eugenio Bennato
portava nel cuore quando l'abbiamo ascoltato a Viggiano e in altre diverse
tappe lucane. Cantastorie e corpofonista, Del Re, amato dal lucano d'origini Andrea
Satta come dall'intramontabile De Sio, dagli ancora giovani Africa Unite
dall'indimenticabile Enzo Gragnaniello. Fino, adesso, al più moderno dei
cantastorie: Vinicio Capossella. Quel Capossella sempre dotato di Banda della
Posta a far da ausilio alle prove più istrioniche. Pinto, e innanzitutto
dobbiamo dire che bellissima appendice fotografica troviamo
nell'importantissimo libro, racconta con la vicinanza della viva voce ripresa
da interviste e incontri telefonici attuali come tolte dall'oblio della memoria
poco riconosciuta di Fo e Marini, Paolo Chiarci, Vittorio Franceschi ecc. chi
era e cosa ha significato, significa e significherà Enzo Del Re. Ovvero,
capiremo, "l’interprete più autentico di una stagione di impegno civile
nella quale le canzoni di lotta e di protesta animavano il sogno di una società
diversa. Con uno stile e un linguaggio inconfondibili, schioccando la lingua e
percuotendo sedie e valigie o qualsiasi altro oggetto che potesse ritmare la
sua urgenza di vita, è stato protagonista di memorabili esperienze culturali e
teatrali, da Ci ragiono e canto 2 agli spettacoli con Nuova Scena, il Teatro
Operaio e i Circoli Ottobre, per poi eclissarsi nella sua Mola di Bari, mentre
il movimento del '77 eleggeva a proprio inno una sua canzone, Lavorare con
lentezza". Quel testo tornato d'attualità con l'uscita del film di Guido
Chiesa. Con tanto di dischi allegati. Nel primo dei cd allegati al volume, una
scelta antologica del repertorio "di una voce irriducibilmente
contro", nel secondo cd "un tributo alla sua memoria da parte di
numerosi artisti che, da Capossela a Teresa De Sio, da Antonio Infantino alle
Faraualla, da Alessio Lega ai Radicanto, dai Têtes de Bois (a partire da Satta,
ndr) a Zurlo, hanno rivisitato alcuni dei suoi brani". L'arte di Del Re è
la storia dell'intransigenza. Che seppellisce ogni tipo di compromesso.
"(...)È una storia che ha inizio quasi cinquant’anni fa, quando la
fotografia era psichedelia, musica e cinema e i colori si mischiavano roteando
a spirale come fluidi rosa miscelati con altri colori, come fa lo scatto, la
morsa dell’obiettivo quando l’immagine finisce in trappola", dice in
apertura del testo Timisoara Pinto. Prima insomma d'entrare nella formazione di
Del Re. Del corpofonista che fece il '68 dal 1967. Se non ancora prima. In una
Firenze vissuta con quell'Infantino di Tricarico bravo a ricordarci ancora oggi
che furono "gli angeli del fango" dell'alluvione fiorentina. Senza
dimenticare quando la coppia Del Re Vincenzo - Infantino Antonio fu fermata in
quella animata Toscana, ed entrambi gli artisti solamente ventitrenni, furono
fermati dalla forze del disordine come "senza fissa dimora" e fermati
(arrestati) "per accertamenti". Pinto ci narra di tutto. Racconta la
nascita di canzoni sempre per il futuro. Da "Tengo 'na voglia e fa
niente". A "Povera gente" ed "Avola". Passando per la
stessa, ovviamente, "Lavorare con lentezza". E da "La 124".
Brani che dicevano un mondo. D'allora. E addirittura del nostro Tremila. Visti
gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta. Le parole del maestro Infantino
riportate nel volume e registrate nel disco spiegano e commuovono. Commuovono
spiegando. Un omaggio sincero e altissimo quanto la dedica di Tonino Zurlo e
l'intepretazione carezzevole per una volta di Teresa De Sio.
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