In piena onestà, a parte alla
fama dell'autore d'"Alfabeto brasileiro", perché sicuramente ammiro,
stimo e seguo (per quel che m'è possibile), lo storico e saggista Angelo
D'Orsi, ultimo e più intransigenti degli studiosi ed esperti di Gramsci - prima
di tutto -, a stimolare il vivo e sincero interessamento a questo libro è stata
la lettura del "Faccia al muro" dello scrittore Cesari Battisti; ché
la sua lettura, romanzata certo, ma per sempre realista e intransigente, del
Brasile m'è rimasta conficcata nel petto - facendo gioco come la punta d'un
uncino sul corpo impotente d'una balena. E avevo voglia di capir meglio quella
terra lontana. E la lettura, possiamo subito dire, oltre che ovviamente
stimolante, è stata grandemente arricchente. Il professore di Storia del
pensiero politico dell’Ateneo torinese non redige l’ennesima guida che magari
serva per invogliare il lettore a partire immediatamente per il Brasile,
quanto, piuttosto, a invitarlo a riflettere sulla complessità brasiliana e
sulle sue contraddizioni. Dagli scritti raccolti, pubblicati in precedenza a
puntate e in altra forma prima sul Manifesto tra agosto e settembre del 2012,
per far cosa più puntuale, abbiamo quindi estratto 12 parole a nostro modo
emblematiche. Con l’intento di spiegare sinteticamente temi e importanza
dell’Alfabeto. Dunque buone loro, a descrivere già loro stesse insomma, questo
immenso Paese che (riprendiamo dalla prefazione dello stesso D’Orsi), “è
America, ma è Africa, Europa, ma è pure la terza nazione”: “è il paese degli eccessi,
il luogo degli opposti: grande e ricco, povero e desolato, sulla via della
crescita e immobile, industriale e rurale”. Ma subito, prendiamoci l’A di
‘acqua’. A ragione del primo contrasto. Ché il Brasile è uno spazio illimitato
sul quale si trova abbondanza d’acqua, appunto, insieme a vaste zone piene di
scarsità della risorsa primaria. Però un altro problema nel problema sarà
sicuramente rappresentato dalla costruenda diga di Belo Monte: che ammazzerà
popolazioni e distruggerà natura. A favore dell’industrializzazione (se per
Lenin era necessaria l’elettrificazione, per Lula, Dilma ecc.: serve lo
sviluppo a tutti i costi, e basta). La D di ‘domingo’ racconta che in Brasile
la settimana comincia dalla domenica, invece che dal lunedì. Ma il punto centrale
del libro è, sicuramente, la E di ‘economia’; guardando ai piccoli successi del
presidente Lula, epperò con gli occhi sconvolti dalla crescita delle
disuguaglianze e del divario fra ricchi e poveri; compresa la presenza costante
delle favelas agganciate ai palazzoni delle megalopoli crescenti proprio in
altezza e consumismo: “In fondo alla scala del Brasile di oggi ci sono i Sem
terra, i contadini non proprietari” (…). Mentre galoppa “una sorta di
‘soluzione finale’, verso gli indigeni”. Perché la H di “historia” si ripete. I
perseguitati son sempre gli stessi. E di certo non basterà rifarci la vista col
capitolo dedicato alla I di ‘italianos’, scritta per ricordare di tutta la
componente italiana arrivata in Brasile da secoli, dal Veneto come dal Sud. A
sognare, se non la P di ‘Progresso’, almeno una sopravvivenza più dignitosa che
in Italia. Eppure oggi “le protezioni accordate ai ricchi, troppo spesso sono
negate ai poveri. Il progresso non è uguale per tutti, neppure in Brasile”. Ci
vorrebbe la Q di ‘quilombo’ o proprio la Z di ‘zumbi’. Eroe battagliero,
rivolta contro il dominio. Non basta, insomma, la S di ‘samba’. Cosa che si
comprende ancor meglio approfondendo la T di ‘terra’, a sua volta strettamente
legata alla V di ‘violenza’. Fatto questo volo d’uccello, poi, ecco le
indispensabili e fornite bibliografia e sitografia. Prima dell’altro viaggio,
quello compiuto e restituitoci dalla più giovane Eloisa, che già nel 2013 aveva
scattato fotografie di vita brasiliana: “Questi frammenti di un diario di
viaggio sono il frutto di un lungo peregrinare quella sequenza di
incommensurabili distanze che è il Brasile”, narrerà allora, con una formula
impeccabile, Eloisa D’Orsi. Pur chi non si trova nelle condizioni di prenotare
immediatamente un aereo per il Brasile, sappia tutto quel che, diciamo con tono
un po’ aulico ma sempre serio e condizionato dalle doti del libro d’Angelo
D’Orsi, è giusto sapere. Specie se s’assorbe a mo’ d’unica informazione il
resoconto superficiale e irrispettoso di tanto giornalismo auto-presentatosi in
veste di cronaca delle proteste scoppiate prima del Campionato Mondiale in
divenire, che si disputerà in odor d’Amazzonia - martoriata dallo sviluppo
incessante.
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