I luoghi devono farsi tutt’uno
alle donne e agli uomini che li vivono o li attraversano. Altrimenti son spazi
morti. Anzi rischiano d’esser pezzi di geografie ammazzate. E Zena Roncada
racconta, con i brevissimi raccolti proprio sotto il titolo di “Margini”,
quelle “Storie di donne e uomini senza storia” denunciate nel sottotitolo del
libretto e che tengono insieme fiume e paese ballati dal Po che erano in
sintonia assoluta con gli abitanti e i naviganti di quei terrestri mari. Per
fortuna, ci fa capire l’autrice nata a Borgofranco sul Po, esistono ancora
certe realtà. Sicurezza di presente che “a fare granaio” si porta con
narrazioni vaganti intorno a ortiche, orti, portoni. “Caro Nunzio, mi fa
piacere che i miei racconti – sono parole private di Zena, che riporto per la
ragione che spiegheremo più avanti – arrivino a te, in una terra che io amo
tanto (la mia Basilicata, ndr). Mio padre, ai tempi della FederBraccianti
nazionale, ha lavorato a lungo nei tuoi luoghi, sotto la guida di Di Vittorio.
Grazie, per ogni cosa”: pensate quale onore e che piacere c’ha dato la lettura
di questo libro; dove in questo pezzetto di Sud lucano dal quale scrivo prendo
tasselli d’un Nord che è stato semplicemente un Settentrione contro la
malvagità dei pregiudizi anti-meridionali. Ma torniamo alle vite dette da Zena
Roncada. Ed ecco che, da premettere, il volume è stato suddiviso in quattro
sezioni. La prima parte titolata “Mappe di terra, di fiume e di cielo”. La
seconda “Il tempo delle formiche sulla tavola”. Poi “Orti, corti e cortili”.
Infine “Amori e spose”. Augurandoci comunque di non far torno all’insegnante
Roncada, bravissima e meticolosa a usare la penna appuntita di chi cura parole
e sensazioni, prendiamo - a esempio buono per un’analisi di contenuti e
scrittura - soltanto uno dei ultimi racconti brevi del libro, il bellissimo
davvero “L’Alda”. “Che poi, lì, era una faccenda d’anima”, meraviglioso
incipit. Che immette in velocissime perfezioni: “La musica si sganghera, sale
per la manica, cerca il collo e la gola”. Con poche fulminanti battute, Zena
Roncada ci spiega chi è e cosa vuole Ada e chi è cosa vuole lo sposo che ha
apprezzato l’anima di questa donnona sgraziata appunto nel fisico e sicuramente
più che aggraziata nell’anima. Un tocco fulmineamente che ci dice come i
suonatori di fisarmonica viaggianti di strade e cantine portano nel taschino la
tristezza del risveglio da dopo-bevuta. Quella disperazione silenziosa a dare
la mancanza o l’esiguità di parole al vero prossimo, alla donna a sua volta
vittima di quel lungo momento di cupa ripartenza. Il racconto è riuscito. Alla
perfezione. E d’altronde è emblematico e rappresentativo delle capacità di
Ronca. Margini è una raccolta di racconti non soltanto validissima, ma
addirittura un libro che dovrebbe piacere molto ad autrici e autori della short
story, Carraro e Benedetti in testa. E che di certo piace a Mauro Corona.
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