Ho avuto modo di apprezzare
l’autrice già nel suo precedente lavoro dal titolo “Amianto” e dopo aver
terminato di leggere questo libro non posso che confermare la mia stima nei
suoi confronti. Si parla nelle pagine di quest’opera di luoghi passati, ahimè,
alla cronaca per veri e propri atti criminali portati avanti da gente disonesta
e senza scrupoli: Porto Tolle, Praia a Mare, Malagrotta, Mugello.
“Ho letto – scrive l’autrice - che in Italia si compie un delitto
contro l'ambiente ogni 43 minuti, secondo i dati del 2010 del ministero per
l'Ambiente. E nei tribunali sono almeno 300 gli eco-avvocati, contando solo
quelli del Wwf, oltre mille ore l’anno di lavoro al servizio della società
civile, 250 udienze nel solo 2010 per difendere salute e ambiente. È da qui che
è partita la ricerca. Mi ha fatto attraversare l’Italia, da Nord a Sud, isole
comprese, scoprendo un altro Paese, che è orgoglioso, e che resiste, nel
silenzio generale. È stato un bel viaggio, quello che mi ha fatto conoscere da
vicino alcune di queste toghe verdi”.
E "Toghe verdi" parla
di situazioni di inquinamento ai limiti della deriva, racconta di zone
geografiche e territoriali completamente devastate, delle lotte senza “se e
senza ma” di associazioni e comitati di liberi cittadini, pronti a lottare per
non accettare passivamente l’orrore dinanzi ai loro occhi di un futuro
tutt’altro che eco/compatibile. Uno scontro quasi antropologico, insomma, tra
due opposte e apparentemente inconciliabili filosofie di vita, tra chi vede il
mondo come una casa in cui abitare, la cui bellezza è da preservare, e chi
riesce a vederlo solo con occhi rapaci, come una “cosa” da sfruttare fino in
fondo, in nome di un indefinito e indefinibile progresso, senza curarsi delle
conseguenze che ne potranno derivare. Da questo assunto e dalle battaglie
legali che si scatenano intorno all’ambiente è partita la ricerca di Stefania
Divertito, la quale offre ai suoi lettori uno spaccato tragico di scenari
naturali e umani irreversibilmente compromessi. E’ vero, possiamo dire che ogni
giorno leggiamo sui giornali di storie a volte anche più gravi, ma che passano
inosservate: c’è stato chi per dare al nostro paese un treno super-tecnologico
non si è fatto scrupoli a “svuotare” il Mugello, a sottrarre acqua a fiumi e
acquedotti, rischiando di mettere in ginocchio una buona parte di Firenze; c’è
stato e c’è tuttora chi (tanto a nord quanto a Sud) mette deroghe alle leggi
pur di favorire imprese fortemente inquinanti, senza curarsi di parchi naturali
o altre zone protette. Eppure, nonostante la lotta intrapresa da parecchie
istituzioni pubbliche e private, accade che non tutti gli “investigatori
togati”, protagonisti di importanti battaglie ambientali, siano realmente
“verdi”. E questo lascia spazio ad alcune mie considerazioni in merito a
giustizia, legalità, ambiente. La lotta per la difesa del nostro ecosistema è
resa particolarmente difficile dalle dimensioni economiche degli interessi con
cui si scontra. Si pensi al confronto permanente, al limite della
conflittualità, tra molti stati per accaparrarsi le risorse del pianeta:
idrocarburi e materie prime, ma anche della stessa acqua. E’ una questione che
ci coinvolge tutti, nessuno escluso, perché dai suoi esiti dipendono salute,
lavoro, ricchezza e qualità della vita di ogni essere umano, ma anche
l’esistenza di piante e animali. Il punto è che, un po’ per la complessità
della materia, un po’ per gli enormi interessi in gioco, un po’ per la
prevalenza dell’ideologia sull’analisi scientifica, non sempre il bianco è
bianco e il nero è nero, così come non è affatto detto che il verde sia verde
per davvero. Anzi a volte accade che, per quelle imprevedibili e
imperscrutabili pieghe che può prendere la realtà quando viene sapientemente
“addomesticata”, alcuni colori possano virare addirittura, con una bella e acrobatica giravolta cromatica, nel
loro esatto opposto.
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