La boutade non è nuova. Per la
prima volta, infatti, come più volte afferma lo stesso autore di “Mussolini
finto prigioniero al Gran Sasso”, Vincenzo Di Michele, fu una rivista e oltre
quarant'anni fa a riportare che il duce in realtà a Campo Imperatore non fu in
prigione ma in vacanza. Oggi, però, Di Michele commenta questo fatto (quei
fatti?) incentrando la ricerca sulle testimonianze d'alcune persone che dicono
d'esser state testimoni oculari di quel momento. Annullando il grosso errore di
Vincenzo Di Michele che facendo addirittura eccesso di ridondanza ripete nel
testo troppe volte due affermazioni fondanti: Mussolini sul Gran Sasso faceva
quello che voleva e incontrava chi voleva, la liberazione di Mussolini a opera
dei nazisti fu una pagliacciata e gli uomini di guardia non reagirono, grazie
al lavoro di Vincenzo Di Michele leggiamo alcuni elementi che dovrebbero
farcire rendere conto quanto da sempre l'italiano medio, tipo il carabiniere di
guardia che poi passa alla Repubblica di Salò, sia disposto da sempre a
vendersi. Eliminando, poi, altri due punti a sfavore del comunque interessante
libro. Intanto l'opera è martoriata dalla presenza di virgole poggiate a caso
nel testo. Ovvero l'utilizzo della punteggiatura da parte di Di Michele è
quanto meno estroso. Poi il tono, e questo è un appunto che non va fatto
soltanto all'autore dell'opera, tende a rappresentare il boia dell'Italia
Benito Mussolini come un uomo dignitoso e già da rispettare, prima di farlo
addirittura passare per vittima della Storia quando invece stiamo parlando
appunto d'un carnefice. Però rivediamo in questo racconto d'un pezzo della
storia italiana e italica di nuovo la fuga del re e di Badoglio, la loro ultima
codardia. Che mai dovremmo dimenticare. Vincenzo Di Michele, quindi, fa bene a
ritornare sui luoghi del delitto. Dove intanto gli occupanti tedeschi fecerono
sceneggiate sbeffeggiando l'Italietta. Perché Mussolini fu dato a Hitler.
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