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venerdì 29 aprile 2011

Contagio di Scott Sigler (Fanucci)












In questo horror-thriller avvincente, dei semi alieni provenienti dallo spazio infettano alcuni esseri umani, che iniziano a sviluppare inusuali sintomi e a manifestare escrescenze blu triangolari sulla loro pelle, diventando infine dei maniaci omicidi. L’agente della Cia Dew Phillips è incaricato di scoprire perché questi docili cittadini sono diventati preda di una furia omicida, e per farlo si avvale della collaborazione dell’epidemiologa Margaret Montoya, che ha riferito il primo degli strani casi. Uno degli infettati, l’ex giocatore di football Perry Dawsey, cerca di resistere all’attacco: egli sa fin troppo bene che, se non controlla la sua irascibilità, la gente può farsi male sul serio. Dopo un lungo percorso, ha finalmente chiuso con il suo passato violento, ma le presenze aliene che abitano il suo corpo reclamano la sua attenzione e non gli daranno tregua finché non le ascolterà.

Scott Sigler è un autore americano di fantascienza e horror. Originario del Michigan, attualmente risiede a San Francisco, in California, con la moglie e due cani. Nel 2006 Sigler ha concorso ai Parsec Awards con il racconto Hero nella categoria Best Fiction dedicata alla narrativa breve e con Infected nella categoria Best Fiction dedicata ai romanzi. Nel 2008, Contagious, il seguito di Infected, ha esordito al 33° posto della classifica dei best seller del New York Times. Nello stesso anno Scott Sigler ha vinto il Parsec Award nella categoria Best Speculative Fiction Story (Short Form) con il romanzo Red Man.

Un estratto


“Capitano Jinky- «Linea diretta del mattino sulle frequenze 92.5, cos’hai da raccontarci?»

«Li ho uccisi tutti.»

Marsha Stubbins gemette. L’ennesima testa di cazzo che si riteneva divertente e cercava di farsi mandare in onda giocando la carta della follia.

«Davvero? Bravo.»

«Devo parlare con il Capitano Jinky. Il mondo deve sapere.»

Marsha annuì. Erano le 6:15 del mattino, proprio l’ora in cui i pazzi e gli idioti si buttavano giù dal letto, ascoltavano il Capitano Jinky e gli Zoolander del mattino battere la fiacca in onda e sentivano di dover intervenire nel programma. Succedeva ogni mattina. Ogni... singola... mattina.

«Cosa deve sapere il Capitano Jinky?»

«Deve sapere dei triangoli.» La voce era sommessa. Le parole giungevano tra profondi sospiri, come se qualcuno cercasse di parlare appena dopo essersi sottoposto a un allenamento sfiancante.

«Bene, i triangoli. Mi sembra più un problema personale.»

«Non farmi la lezione, testa di cazzo!»

«Ehi, non puoi urlarmi in questo modo solo perché sono quella che passa al vaglio le chiamate, intesi?»

«Si tratta dei triangoli! Dobbiamo fare qualcosa. Mettimi in contatto con Jinky, altrimenti vengo lì e ti ficco un coltello in un occhio, cazzo!»

«Uh-uh» esclamò Marsha. «Un coltello in un occhio. Caspita.»

«Ho appena sterminato tutta la mia famiglia, non capisci? Sono ricoperto del loro sangue! Ho dovuto farlo! Perché me l’hanno detto loro!»

«Non è divertente, idiota, e comunque sei il terzo pluriomicida che ci ha chiamato stamattina. Se richiami, telefono alla polizia.»

L’uomo riattaccò. Marsha ebbe l’impressione che fosse stato sul punto di dire qualcosa, di inveire di nuovo contro di lei, fino a quando non aveva pronunciato la parola polizia. Poi aveva riattaccato e l’aveva fatto in tutta fretta. Marsha si massaggiò il volto. Aveva desiderato quello stage, e chi non l’avrebbe fatto? Il programma mattutino del Capitano Jinky era uno dei più apprezzati dell’Ohio. Ma, accidenti, l’incarico di passare al vaglio le chiamate, con le telefonate assurde che ricevevano giorno dopo giorno... Là fuori c’erano un sacco di ritardati convinti di essere divertenti.

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