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lunedì 29 novembre 2010

Scarlett Thomas "Il nostro tragico universo" (Newton Compton editori)




















"Stavo leggendo come sopravvivere alla fine dell'universo quando ricevetti un SMS dalla mia amica Libby. Diceva: Possiamo vederci all'Argine tra quindici minuti? Enorme disastro. Era una domenica fredda dei primi di febbraio, e io l'avevo passata in gran parte rannicchiata a letto, nel mio umido e diroccato cottage a Dartmouth. Oscar, il responsabile della rubrica dei libri nel giornale per cui scrivevo, mi aveva spedito da recensire La scienza dell'immortalità di Kelsey Newman, insieme a un biglietto dove indicava la data di consegna. In quei giorni avrei recensito di tutto perchè avevo bisogno di soldi. In fondo non era così male: mi ero fatta un nome recensendo libri scientifici, così Oscar mi riservava sempre i migliori. Christopher, il mio ragazzo, lavorava come volontario nel settore della conservazione dei beni culturali, perciò toccava a me pagare l'affitto. Non rifiutavo mai una commissione, anche se non sapevo affatto cosa avrei potuto dire sul libro di Kelsey Newman e sulla sua idea di sopravvivere oltre la fine del tempo. "

Può una storia salvarci la vita? Si può sfuggire allo scorrere del tempo, come scrive l’autore di “La scienza dell'immortalità”? Quale misteriosa relazione unisce una strana creatura apparsa a Dartmoor, una nave in bottiglia, il tracciato di un ricamo all’uncinetto e le fate di Cottingley? Tra una recensione da consegnare e un libro da scrivere, Meg Carpenter si barcamena nella vita di tutti i giorni senza porsi troppe domande. Certo, il suo fidanzato è il classico inetto, lei nutre un’insana passione per un uomo impegnato e molto più grande, e arrivare alla fine del mese non è mai una passeggiata. Ma Meg è convinta che interrogarsi sui misteri del suo tragico universo non servirebbe a molto. Fino a quando un improbabile libro di pseudoscienza non le fa cambiare idea… Tra psicologia e tarocchi, filosofia e humour, enigmi buddisti e teoremi di fisica, antiche cosmologie e leggende fatate, Scarlett Thomas ci regala un altro travolgente giro di giostra nella migliore letteratura: quella che fa sognare, appassionare e insieme riflettere sui grandi temi della vita.


Link per leggere le prime 41 pagine del libro di
Scarlett Thomas, Il nostro tragico universo, traduzione di Carla De Caro, Newton Compton, 4 novembre 2010

domenica 28 novembre 2010

Dicono i tuoi pettini di luce di Paolo Carlucci (EdiLet - Edilazio Letteraria)


















«La Tuscia... A poco a poco, col volger degli anni, ho potuto godermela tutta, contrada dopo contrada, comprese le incantevoli propaggini maremmane. Ho potuto amarla nella sua multiforme unicità. Alla domanda a bruciapelo: “Cosa ricordi di più unico?”, la prima risposta sarebbe: “La Civita di Bagnoregio col suo lungo ponte”. Non è un caso se Paolo Carlucci le dedica un nucleo poetico tra i più squisiti dell’intero libro: “Un ciuffo di case / di mura in rovina / nere preghiere di vita / nel sole che muore”. E il canto seguita... Certo, soltanto in un tempo “unico”, “speciale”, “altro” rispetto al tempo banale, possono trascorrere ore come Le ore di Civita: “Nel tormento del giorno / nel lenzuolo di pietre / il calvario di luce / snida dal silenzio / il vento”. La seconda risposta sarebbe forse: “L’eccezionale abbinamento delle due splendide chiese medievali di San Pietro e Santa Maria Maggiore a Tuscania”, scosse dal terremoto di alcuni anni or sono. Ma leggiamo il poeta: “Tra questi sassi violati / dalla collera della Terra / stanno due chiese”. E poi: “Dilaga / dai rosoni / la luce”, che è anche luce del sacro. Il sacro irradia di sé tutto il luogo; e lo ritma la misura assorta e commossa dei versi: “Lasciatemi qui / tra questi calendari di tufo / tra queste vecchie rupi / sacre di millenni. // Qui stanno / solo le cicale / oranti nel sole”. Ottimo preambolo alle innumerevoli attrattive dell’arte e del paesaggio campestre, boschivo, lacustre, così intriso di storia, religiosa e profana. Onnipresente e fondante – come in musica un bordone o un basso continuo – la presenza magica e sacra del sostrato etrusco. Non è facile evocarla senza incorrere in richiami archeologici, in compiacimenti culturali. Ma Carlucci, per esempio, in questa agile ci riesce egregiamente: “Qui / dove il tufo si veste / di malva tra le macchie, / l’ombra sfuggente / della vita / ho visto guizzare / tra i cardi / l’odore del mare”. La Tuscia ha dunque trovato il suo poeta».

Dalla Prefazione di Emerico Giachery


Notturno alle mura di Viterbo

Vestali di pietra, cuspidi di un fuoco

stanno nella notte di luce

queste mura antiche.


Muto filare d'ombra di sassi

dall'incuria assassinati

tra l'erba e il cielo,

sotto il fuoco della memoria

di un pianto sereno di stelle

sabato 27 novembre 2010

Orgogliosa Morte di Thomas Clayton Wolfe (Mattioli 1885). Intervento di Stefano Donno



















Lontani dal glamour dei salotti letterari dell’editoria italiana, lontani dalle convenzioni e dagli stereotipi del mercato del libro nostrano, da tempo seguo una splendida casa editrice Mattioli 1885, che con il suo rigore e il suo buon gusto, mi ha fatto innamorare dei suoi libri. Sarà per il ‘minimalismo’ nel suo design, sarà perché nulla di stucchevole o di inautentico compare sulle sue pubblicazioni, tra tutti questi pregi per me ne ha uno su tutti, ovvero quello di avermi fatto conoscere un autore immenso come Thomas Clayton Wolfe. Qualcuno potrebbe obiettarmi “CHI????”. Thomas Clayton Wolfe altri non è che il guru, il maestro ispiratore e penso anche spirituale non solo di Jack Kerouac, ma di tutta la Beat Generation. Ho avuto modo, non più di qualche giorno fa, di finire la lettura di “Orgogliosa Morte”, sempre di Wolfe e sempre editato da Mattioli 1885. Libro che definire una piccola e rara perla preziosa, sarebbe come sminuirlo profondamente e maldestramente. "Già in città avevo già visto la morte in faccia tre volte, e quella primavera stavo per incontrarla di nuovo. Una notte - in una delle mie caleidoscopiche e rabbiose notti di follia di quell'anno, quando vagavo ubriaco per le strade buie da mezzanotte all'alba del giorno dopo - mi capitò di vedere un uomo morire in metropolitana." Si parla dell’eterna lotta tra la Vita e la Morte, tra le periferie dell’esistenza ed un agognato benessere che sembra sempre più lontano e irraggiungibile - quasi si parlasse di un’utopia - attraverso un linguaggio che non solo è rapsodico, ma tende a fondere in maniera impressionistica tracciati autobiografici con piani più macroscopici che descrivono fondamentalmente tutta quella cultura popular e metropolitana americana a cavallo tra 1920 e il 1936 circa. Per chi dunque volesse saperne di più sulla società americana, soprattutto nel periodo compreso tra i due conflitti mondiali, in particolar modo su quella porzione di società americana fatta da rarefatte e malinconiche atmosfere dove l’incomunicabilità dell’uomo moderno emerge con atroce realismo, questo libro fa al caso suo. Imperdibile

giovedì 25 novembre 2010

DI TANTO TEMPO ( QUESTI SONO I GIORNI) di Paolo Vincenti (Luca Pensa editore)












E’ stato appena pubblicato “DI TANTO TEMPO ( QUESTI SONO I GIORNI)”, il nuovo libro di Paolo Vincenti ( Luca pensa Editore, Lecce 2010). Dopo “L’orologio a cucù ( Good times)” e “Danze moderne ( I tempi cambiano)”, le sue precedenti prove creative, questo libro segna un passo avanti sulla strada della maturazione letteraria e umana dell’autore e va a completare una ideale trilogia, indicando al tempo stesso al lettore un possibile tracciato, uno spunto, una pur vaga indicazione di quelli che saranno, se ci saranno, i percorsi futuri della scrittura di Vincenti. I temi trattati nel libro sono tanti e vari che questo lavoro creativo rende poco agevole una sua esegesi critica , per quanto mirabili e ricchi di spunti appaiono lo scritto iniziale e quello finale che corredano il testo, rispettivamente a cura di Vito D’Armento, scrittore, poeta e docente universitario, e Stefano Delacroix, cantautore e scrittore. Un sapiente mix di prose e versi, una altalena di citazioni, rivisitazioni di alcuni capolavori della narrativa mondiale, immagini, ricordi e provocazioni, un ritorno insistito sul tema del tempo, citazione delle fonti di ispirazione in calce ad ogni scritto, rimandi extratestuali, entrate ed uscite dal senso, fughe in avanti, mistilinguismo, un velo di tristezza nelle sue dolceamare riflessioni sul mondo e sulla società, sono le caratteristiche del libro e dello stile di Vincenti . “ Una riflessione sul tempo e sui brutti tempi che viviamo, in compagnia di illustri maestri, da Virgilio e Sant’Agostino, da Kant e Heidegger a Rimbaud e Sandro Penna. Con un solo obiettivo: tornare ‘dentro l’uomo’ ” ( da “Il Quotidiano di Puglia”). A breve, il libro sarà presentato ufficialmente per tutti coloro che vorranno saperne di più in merito.

Paolo Vincenti, giornalista e scrittore, vive a Ruffano (Lecce). Suoi testi sono presenti su svariate riviste salentine. Ha pubblicato: L’orologio a cucù (Good times), I poeti de L’uomo e il Mare (Tuglie 2007) -A volo d’arsapo ( Note bio-bibliografiche su Maurizio Nocera), Il Raggio Verde ( Lecce 2008) - Prove di scrittura, plaquette, Agave Edizioni ( Tuglie 2008) - Di Parabita e di Parabitani, Il Laboratorio (Parabita 2008) - Danze moderne ( I tempi cambiano), Agave Edizioni (Tuglie 2008) - Salve. Incontri, tempi e luoghi, Edizioni Dell’Iride (Tricase 2009). Oggi è anche Presidente della Pro Loco di Ruffano.

Ha scritto di lui Sergio Torsello: “Paolo Vincenti è un giovane autore salentino, uno dei più interessanti della generazione che ha appena oltrepassato i trenta. Capace come pochi di coltivare diversi registri stilistici: dal giornalismo alla storia locale, dalla poesia alla prosa. Un’attività multiforme, la sua, che si è riversata negli anni in una moltitudine di articoli - recensioni, profili di personaggi illustri del passato e anche viventi, qualche saggio, un volumetto di narrativa - a testimonianza della sua costante tendenza verso una modalità di scrittura sempre in bilico tra cronaca culturale, dettato poetico, sconfinamento nei territori dell’immaginario. […] colpisce il particolarissimo stile di scrittura dell’autore sempre oscillante tra elzerivo, reportage, cronaca, storia, invenzione creativa. E’ come se in questa affabulazione ossessiva, frammentata, animata da una passione divorante e febbricitante, l’autore non cerchi tanto l’affermazione di sé, quanto il tentativo di dare conto ( e voce) alle molteplici declinazioni espressive della cultura salentina, da quelle “minori” a quelle che hanno già conquistato le vette di una notorietà non effimera. Un cartografo dell’esistente e di memorie perdute, insomma, l’archivista di mille storie e di mille vicende. La scrittura come catalogazione infinita, strumento salvifico( per sé e per gli altri) , eterno presente che tutto richiama in vita e consegna al futuro. […] Ecco: Vincenti mi sembra uno degli epigoni di una nuova leva di studiosi, giornalisti, poeti, scrittori, operatori culturali, che nasce per filiazione diretta da quella “generazione stupenda” dei Verri, dei Toma, degli Errico, dei Nocera e di tanti altri che qui sarebbe troppo lungo elencare. Vincenti - un po’ Verri e un po’ Ennio Bonea, che recensiva tutto il possibile, dalle riviste patinate ai fogli di paese perché anch’essi significativi del dinamismo culturale di una provincia - ne è uno dei più promettenti eredi. Una personalità destinata senz’altro ad arricchire il complesso e multiforme panorama della produzione culturale salentina.”

mercoledì 24 novembre 2010

Ogni promessa di Andrea Bajani (Einaudi). Intervento di Elisabetta Liguori





















In odor di anniversari e celebrazioni, chiamati a rivedere oggi il senso di quello che fu il valore di un’Italia unita, la lettura dell’ultimo romanzo di Andrea Bajani, pubblicato ancora una volta per Einuadi con titolo evocativo di “Ogni promessa”, non mi pare in fondo un’idea così peregrina. Si tratta di un romanzo assolutamente nuovo per temi, intreccio e letterarietà e per questo non facile da raccontare. Proviamoci ugualmente. Pietro è il suo protagonista: un piccolo uomo inciampato nella vita. Abbandonato dalla moglie alla quale non ha saputo dare un figlio, è descritto come un ragazzo pieno di domande mute. Dotato di carattere docile, permeabile, gentile, si ritrova ad essere unico, silenzioso veicolo per le altrui aspettative, per le storie degli altri. La sua vita è infatti contestualmente attraversata da quella della moglie, da quella della madre e da quella del nonno, che fu vittima della rovinosa campagna di Russia del 42-43, poi rimpatriato da folle e in ultimo internato. Il senso di queste vite, e della storia che le condizionò come un castello di carte scosso da un piccolo gesto iniziale, viene svelato da Pietro attraverso la conoscenza casuale con un personaggio ulteriore: Olmo (reduce anche lui) e da un viaggio, breve ma intenso, tra il mitologico e l’imbranato, sul Don. Il suo non è turismo, la sua è la mappatura di un’intera storia famigliare. È l’antica promessa, tardivamente mantenuta. Una ricostruzione fisico geografica fatta all’incontrario, per ritrovare ciò che non c’è più e finalmente comprenderlo, assumendolo come necessario, sensato. Pietro ricostruisce strade, case, erba, fiumi. Quelli che sono, quelli che erano. Dettagli di luogo, forniti da guide antiche, che lui riconosce nella loro disarmante attualità. Olmo è il vecchio uomo che vive nella casa che fu di Pietro, oggi totalmente modificata; quella in cui lui, da bambino, visse con i suoi famigliari lo straniamento che sempre deriva dall’avere un congiunto in manicomio, dal subirne il desiderio d’amore, dal silenzio, dall’abbandono. Con Olmo si reca “verso” per poi finalmente tornare “da”. Con Olmo, e per Olmo, ricostruisce prima una casa, poi le città, poi la vita, in ultimo la Storia intera. In realtà Olmo viaggia solo con la mente, senza spostarsi dal passato nel quale si è murato. La grazie e la forza di questo romanzo di memorie sta dunque nella capacità ricostruttiva dell’autore, che riesce ad essere fuori e dentro di sé, a partire pur restando. Con assoluta levità, con tenerezza infantile. I frammenti minimi di tante e diverse esistenze sono abilmente riordinati pagina dopo pagina. La ritirata di Russia si mescola ad una storia d'amore, intrecciando l'idea del ricordo a quella della sconfitta. Armadi, lettere, specchi, fotografie, quadri alle pareti, scampoli di conversazioni, lacrime e ogni altra cianfrusaglia. E’ proprio questo il rumore che fa il futuro quando trasloca. Quando miracolosamente si mette in connessione con il passato, attraverso la quotidianità di un cellulare.

martedì 23 novembre 2010

LA MIA RAGAZZA QUASI PERFETTA di Luca Rota (SENSOINVERSO Edizioni)









"Entriamo nel locale noi, escono, anzi fuggono dopo soli pochi minuti, tutti gli altri che sono dentro, perché il locale – ma che sfortuna è?! – deve avere la più grande fossa biologica del mondo e si è rotta proprio questa sera, e anche l’ultimo cameriere, rimasto a servirci, appena appoggiato il vassoio sul nostro tavolino, fugge via forsennatamente, cristonando per la puzza rivoltante…"

Un romanzo spiritoso, allucinante e surreale che vi catapulterà nella vita e nella filosofia di Tizio Tratanti, fra esilaranti avventure e imprevedibili colpi di scena. Tizio Tratanti, un giovane positivo e pieno di entusiasmo, ha la fortuna di conoscere una fantastica ragazza mentre fa footing in un parco. La fanciulla appare perfetta, una vera bomba sexy… ma esiste davvero la perfezione? Tra avvistamenti di Ufo, invenzioni strampalate, tentativi di amplesso, idee brillanti, capre espiatorie, Tizio Tratanti ci farà divertire ma anche riflettere su che cosa è davvero importante nella nostra vita. Questo è un libro per chi sente il bisogno di prendersi uno spazio di relax dalla frenesia di ogni giorno e vuole ridere in maniera intelligente.

lunedì 22 novembre 2010

Bea vita! Crudo Nordest, di Romolo Bugaro (Laterza). Intervento di Nunzio Festa
















Con rammarico leggiamo che a firmare questa crudele, spietata, indolente critica al Nordest sia stato il bravissimo e puntuale scrittore Romolo Bugaro. Perché, insomma, a fare questo “Bea vita! Crudo Nordest” - inserito nelle preziosissima e da viaggiare sempre collana laterziana Contromano (quella, per intenderi, che contiene insomma due libri di Franco Arminio, due di Enrico Brizzi, uno di Chiara Valerio ecc.) - , mi sarebbe piaciuto fosse stato l'ex compagno di lotte Luca Casarini; che invece ha tutt'altro adesso da fare. E, probabilmente, quest'acutezza di sguardo di Bugaro non penso neppure sarebbe stato in grado di praticarla il Casarini. Perché è importante questo ritratto indelebile di Romolo Bugaro? In quanto, a partire da dati che alcune, tra l'altro, trasmissione d'approfondimento da anni offrono, si rivedano le inchieste di Report e Presa diretta, Bugaro racconta l'anima dei borghesi piccoli piccoli, fra i quali persino diversi rappresentanti del nuovo proletariato. Di quelli, però, che vivono dalle parti del Veneto. In un pezzo di Pianura Padana. Fatti e strafatti dall'idea che, a seconda dei casi, siano da sostenere Berlusconi e Fini quando non Berlusconi e Bossi. Sicuramente non a sinistra – per quel che varrebbe e/o significherebbe. La narrazione di Romolo Bugaro, questa volta, partendo da quando il suo ex collega avvocato a vederlo uscire d'ufficio alle 19.30 in punto gli mandava un precisisissimo e sempre uguale “Bea vita!”, ci spiega quanto una fetta della popolazione italiota sia contenta e 'soddisfatta' di lavorare più ore possibili nella giornata. Che per loro è sempre tutto a posto. Nonostante la sera poi non s'esca a fare tempo libero. E, soprattutto, le crisi e i debiti arrivino lo stesso. Gente che immaginiamo dire il buon: “vai a lavurar”. Con gli accenti di zona. Passando a setaccio, che questo è quello che veramente Romolo Bugaro fa, la vita di giovani lavoratrici precarie che s'attaccano alla vetrina dai prezzi spropositati e d'altre donne che invece arrivano a poter spendere qualche migliaio d'euro al mese solamente per il vestitino da società a modo. Tutte, comunque, cattoliche e leghiste di ferretto. Genere umano che insieme ad altri bocconi d'umanità si rinserrano in ville alla pampa argentina, con tanto di cancello altissimo e cane inferocito di guardia. Ognuno di questi, e di tanti altri ovviamente, è sfruttato dal lavoro. Persino se il lavoro osanna. Infatti ha la vita distrutta. Chiusa. Oltre a troppa paura per qualsiasi diversità. A parte i dati d'inchiesta, insomma, arriva la cronaca. Che solo in questo “crudo Nordest”, nel mezzo della resa dei danni d'un'alluvione prodotti dalla cementificazione, un soggetto dipinto nella sua giacca e cravatta e fazzoletto d'ordinanza avrebbe proposto di consegnare alla fucilazione della popolazione gli uomini sorpresi a rubare nelle case evacuate.

domenica 21 novembre 2010

Capone editore a D/battiti fra le righe a cura di ACMElab





















Per la seconda puntata di D/battiti fra le righe (AcmeLab) Stefano Donno intervista Enrico Capone della Capone editore. Il libro di questa puntata è "Nacquero contadini, morirono briganti" di Valentino Romano. Capone Editore
è una casa editrice specializzata in storia del Salento, del Mezzogiorno d’Italia e Cartografia. Beppe Severgnini, nel suo “Italiani con la valigia” (Rizzolim 1999) , scriveva “Lorenzo Capone sostiene che Lecce e il Salento, se corteggiassero un turismo più sofisticato (arte, cultura, cucina), potrebbero attirare visitatori tutto l’anno, e diventare il giardino d’Europa.” Un catalogo di qualità nel quale vengono approfonditi i diversi aspetti della cultura del territorio salentino, dalla preistoria ai giorni nostri, grazie all’apporto di storici e personalità di rilievo appartenenti al mondo della cultura e dell’università. Libri fotografici, vere e proprie monografie attraverso le quali ripercorrere l’arte, la storia, l’architettura, i mestieri. Accanto a questi ci sono le guide, strumenti che consentono allo studioso, così come al turista, mettere a frutto il proprio ‘passaggio’, breve o lungo che sia, nel Salento. Capone Editore ha pubblicato una nutrita sezione di testi dedicati al tema del Brigantaggio e della Storia del Mezzogiorno, e si distingue per gli studi sulla Cartografia storica.

qui

sabato 20 novembre 2010

Libellula edizioni prende il futuro in un battito d’ali … e va su Apple Store












Libellula Edizioni sbarca su Ipad con l’Enanched ebook di “Benedetto il Frutto” che nei suoi primi 3 giorni di vendita balza al 4° posto dei libri più venduti. IPad ha fatto il suo “ingresso in società” grazie a Steve Jobs, che lo ha presentato il 27 gennaio 2010 nell’ambito di una conferenza Apple allo Yerba Buena Center for the Arts Theater di San Francisco. Dopo qualche mese nasce iBooks un’applicazione distribuita da Apple e scaricabile gratuitamente dall’App Store, annunciata sempre nel dooms day del 27 gennaio 2010 in concomitanza con la presentazione dell’iPad. In tutto questo universo sotto il segno della “mela” l’industria culturale mondiale del libro non poteva stare a guardare ed Apple lo sapeva. Ecco quindi che per acquistare libri nasce l’iBookstore, dove tra l’altro gli utenti possono inserire i loro file, sia informato ePub che in formato PDF, sincronizzando i dati con iTunes. E allora in questo vero e proprio ‘festival’ di applicazioni golosissime e libri che scorrono nella virtualità più vellutata, ecco che il Salento non sta a guardare e Libellula Edizioni di Tricase, cavalca l’onda della nuova era tecnologica e approda su APP STORE, è la prima casa editrice salentina. Lo fa con “Benedetto il frutto” di Federica Ricchiuto, che appena pubblicato va subito al 4° posto della classifica dei libri più venduti su iPad, a sole tre lunghezze dal detentore ‘storico’ del primo posto in classifica, “Il Cacciatore di Aquiloni”. “Benedetto il frutto” è la storia di due donne, che vivono due mondi, due società storicamente, culturalmente, moralmente, socialmente ed economicamente differenti, dal dopoguerra in poi.

E dunque nel Salento nella terra del sole e del vento, Libellula edizioni raggiunge il futuro in un battito d’ali!

A questo link l’applicazione

http://ax.itunes.apple.com/it/app/benedetto-il-frutto/id401450031?mt=8

Libellula Edizioni

via Roma 73

73039 Tricase (Le)

Tel. 0833.772652

info@libellulaedizioni.com

venerdì 19 novembre 2010

Le querce non fanno limoni di Cosimo Calamini (Garzanti). Intervento di Roberto Martalò


Con il suo secondo romanzo, Le querce non fanno limoni, Cosimo Calamini ci regala un quadro autentico dell'Italia dei nostri giorni, alla prese con i rapporti con l'altro mentre ancora cerca di identificare se stessa. A Montechiasso, piccolo borgo nel cuore della Toscana, la notizia della futura costruzione di una moschea sconvolge gli equilibri di un paese intero, spaccandolo in due fazioni con rapporti di amicizia che improvvisamente si rovinano e bizzarri radicalismi che accendono ancor di più gli animi. La famiglia Malquori si troverà coinvolta in questo tourbillon di eventi e sentimenti: il capofamiglia Attilio, ex ribelle ed ex fedele al Partito, che ora insegue l'ideale del “quieto vivere”, la moglie Anita alla ricerca di se stessa e la figlia Sara, in bilico tra l'amore personale e l'amore per la famiglia. Con grande maestria, l'autore descrive personaggi in maniera assolutamente reale, caratterizzandoli con precisione. Scavando nell'inconscio di ognuno di essi, Calamini fa emergere tutte le paure e le insicurezze che nascono dall'incontro con l'altro, con lo sconosciuto. Tutti sentimenti assolutamente veri e tangibili, facilmente riscontrabili leggendo un giornale o guardando i telegiornali. Con questo romanzo, lo scrittore smaschera le ipocrisie delle società e dei suoi falsi buoni sentimenti e tratta con efficacia da sociologo non solo i temi dell'immigrazione e dell'integrazione, ma anche quelli della solidarietà tra gli uomini, dell'incomunicabilità tra membri dello stesso nucleo (famiglia, partito, paese) e del cambiamento del concetto di ideologia. Seppur alle prese con un linguaggio diverso, Cosimo Calamini dimostra di venire dal mondo della sceneggiatura cinematografica per il modo in cui costruisce tutto l'impianto narrativo che porta all'imprevisto finale e per come definisce i suoi personaggi. Brillante e ironico, Le querce non fanno limoni si legge tutto d'un fiato perché mantiene sempre vivo l'interesse presso il lettore. Assolutamente da leggere, anche per capire chi siamo e dove va l'Italia.

Le querce non fanno limoni di Cosimo Calamini Garzanti Libri, 296 pagine

giovedì 18 novembre 2010

Fame di realtà. Un manifesto, di David Shields, traduzione di Marco Rossari, prefazione di Stefano Salis (Fazi). Intervento di Nunzio Festa












Questo fondamentale libro di David Shields deve essere nostro. “Fame di realtà”, col chiaro sottotitolo, apparentemente fuorviante ma tutto puntuale all’opera, appunto, “Un manifesto”, del romanziere possiamo dire pentito, oramai, David Shields, è uscito, anche se solamente quest’anno – quindi bel plauso all’editore italiano – prima negli Usa col titolo “Realty Hunge. A Manifesto”; perché si deve partire da questo? Proprio in quanto, e già ad anticipare l’ingresso in libreria, le argomentazioni (è soprattutto il loro svilupparsi, il metodo quindi) hanno provocato un bellissimo e fluido dibattito negli States. Al quale diversi ottimi scrittori, compreso per dire la scrittrice Smith, presero parte. E giustamente. In quanto, ricominciamo, questo piccolo capolavoro di “teoria letteraria” presenta tesi innovative e impostazione rivoluzionaria. Non che si debba necessariamente, e magari a tutto tutto, d’accordo. Eppure non si può che riconoscere lo stravolgimento delle abitudini alle quali invita Shields. E che, innanzitutto, David Shields opera. Spiega, tra l’altro. ‘Giustifica’. In che senso, retoricamente e funzionalmente abbiamo messo partenza col dire che “Fame di realtà” deve essere nostro? Che, in Italia, altro che la Francia stata o l’Inghilterra che fu eccetera, abbiamo per dire avuto casi che vanno e sono andati da “Il nome della rosa” a tantissimo più oltre. Il realismo. Fino al neorealismo. E, dunque, tutto quello che è successo a seguire. Sfinendoci, e non tenendo conto delle ‘prescrizioni’ dell’autore, per entrare meglio nel libro si potrebbe leggere l’appendice. Allora non lo si farà. Meglio di no. Il testo imprescindibile di Shields esplora la letteratura. In specie quella americana, del Nord America per l’esattezza. Dalle definizioni di memoir e lyric essay e fiction e non-fiction. Per rifarci alle forme attuali che sono e dovrebbero, per l’autore David Shields, d’espressività. Con puntate, precisamente, ai film, e alla pittura. Un viaggio nella narrazione, nel narrare. Sulla verità e sulla realtà che non può starci. Il ribelle D. Shields miscela parole di tanti altri, uno esempio: J. M. Shilds. Segue la ‘logica’ del collage. Per ragionare sulla forma espressiva in divenire. In progress stretto. Stretto stretto stretto. A sentire Shields è necessario sempre e comunque destrutturare la stessa narrazione della narrazione della realtà, del narrare spingendo sul piede della racconto reale, che è solamente realistico. Nel frattempo, pochi tempo fa, il signor McEwan e il buon Roth che servono gocce di reale imbevute in centilitri di Falso. Ci saranno autrici e autori disposti a continuare la strada segnata dal ‘Manifesto Shields’? Si vedrà. Per il momento non ci resta che piangere e ridere, a sentire le frasi mandateci da David Shields. Firmatario d’opera imperdibile. Il ragionamento dell’autore statunitense, adesso, apre ampi spazi di dialogo. D’ipotesi. L’importante è che sia solo a bacio sulla letteratura. In ciò, anzi prima, la traduzione accurata di Rossari e, più dentro, la prefazione dell’italianissimo Stefano Salis aggiungono tratti spigolosi. A creare, ovunque, fame di realtà. Al di là della smarrimento suadente di sperimentare quel che rimane dalla realtà.

Fame di realtà. Un manifesto, di David Shields, traduzione di Marco Rossari, prefazione di Stefano Salis, Fazi (Roma, 2010, pag. 262, euro 18.50.

mercoledì 17 novembre 2010

Vorrei che il futuro fosse oggi, Valerio Luccarelli


Nap: ribellione, rivolta e lotta armata

La storia dei Nuclei armati proletari rivelata in ogni dettaglio dai protagonisti sopravvissuti
a quella multiforme stagione.

Gli anni Settanta come non sono mai stati raccontati.

SINOSSI
Due omicidi, quattro sequestri di persona, decine di attentati e un numero indefinito di evasioni: questo è il bilancio dei tre anni d’azione dei Nuclei armati proletari, organizzazione attiva a metà degli anni Settanta, forte di un centinaio di militanti effettivi e con un seguito “esplosivo” dentro e fuori le carceri.
Una storia mai raccolta e raccontata, che qui rivive grazie alle testimonianze irrinunciabili dei protagonisti: ex nappisti ma anche dirigenti di Lotta continua (da Erri De Luca a Guido Viale) da cui i Nap presero vita; Brigate rosse e gruppi armati (da Valerio Morucci ad Alberto Franceschini). E ancora: le vittime degli attentati, i poliziotti che li braccarono, i magistrati che li perseguirono, i giudici che li condannarono.
Coinvolgente come un romanzo, puntuale come un saggio, Vorrei che il futuro fosse oggi chiarisce perché la rivolta degli ultimi, di chi vive costantemente ai margini, come è accaduta allora, è pronta a riesplodere anche oggi.


Valerio Lucarelli (Napoli, 1969). Scrittore e giornalista, ha esordito con il romanzo Buio Rivoluzione (Ancona, 2006) e partecipato a numerose antologie. Collabora con diverse testate giornalistiche, tra cui «EPolis » e «la Repubblica».
link per leggere le prime 26 pagine del libro di
Valerio Lucarelli, Vorrei che il futuro fosse oggi - Nap: ribellione, rivolta e lotta armata, l'ancora del mediterraneo, 17 novembre 2010

martedì 16 novembre 2010

Da Il Lamento dell'insonne di Elio Coriano (Lupo editore)





















H 58309

Se capisci in profondità il dolore degli altri
questo limiterà e ridimensionerà il tuo egoismo
se il dolore entra nel fiato
la parola diventerà forte
amplificherà riverbererà una buona
e fraterna complicità tra gli umani
che prenderanno il sopravvento sugli uomini

Elio Coriano è nato a Martignano (Salento) nel 1955. Poeta ed operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’istituto professionale “Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso (Three deserts from the shadow of the last mechhanical smile - Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry, fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con le Pianure del silenzio tradotto in cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore E 800. European literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per «I Quaderni del Bardo», Dolorosa Impotenza e Il Mestiere delle Parole con dieci disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato Scitture Randagie con la prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 Ë H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001) Icaro editore. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare Stella Grande e Anime Bianche di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, negli ultimi due anni, ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, chiamata FUR EWIG, accompagnato dal pianista Vito Aloisi.

in copertina foto di Alec Von Bargen

lunedì 15 novembre 2010

Nel grande show della democrazia, di Marco Bosonetto (Laurana). Intervento di Nunzio Festa














In certi casi quasi vien da pensare, e dire, che la realtà supera la fantasia. Ma grazia all'ultimo romanzo di Marco Bosonetto, “Nel grande show della democrazia”, per fortuna o purtroppo, non è proprio così; o quasi. Che Bosonetto, almeno, è decisamente tanti passi più avanti della politica nostrana e dei nostrani politicanti, tra escort, mignotte, puttane e, soprattutto, puttanieri. Però, meno male, tanti punti più avanti dei medium che possono essere regolatori, pienamente, della democrazia: nonostante lo scenario complessivo potrebbe persino portare a quanto Bosonetto 'inventa'. Eppure, meglio sempre tornare alla trama. Perché ci sarebbe il rischio di rimanere troppo incastrati fuori da questa traccia. Marco Dell'Elmo, eroe e, per certi, anti-eroe del romanzo, è stato il primo presidente del consiglio italiano scelto direttamente e in diretta da una democrazia formato televoto e format “divani di casa”. Fino a quando, almeno, e tenendo tra parentesi grandi scoperte e realizzazioni di gestione dell'ordine pubblico come della pace sociale, è costretto a dimettersi in quando ritratto ad avere un rapporto omosessuale con la sua guardia del corpo-innamorato Davide Sanna. Mentre, andando avanti col tempo e dunque con la storia riassunta dall'autore, impareggiabile nel manifestare e praticare la sua vena satirica, il nuovo premier Valter Mandilan – nato come imitatore (magari questo persino non è tanto lontano dalla realtà, in certi sensi) – non decide che non ne può più ad avere in giro sul territorio nazionale l'originale ed ex premier homme. In troppi, infatti, ancora associano le due persone. E ordina la morte del predecessore. Per grazia ricevuta da Dell'Elmo, nel contempo, una serie d'altri imperdibili quanto irriverenti e sgattaiolanti personaggi, tutt'altro che minori, lo aiutano molto, con la pratica, a salvarsi. Alla fine di tutto, “campagna per lo sradicamento dell'adolescenza” per il mezzo, il risultato finale volutamente non è chiarissimo. Ma questo dettaglio, appunto, non è che dettaglio a fare semplicemente più interessante l'opera. Che mentre tutto accadente, moltissimo tra l'altro, un appassionato di Bulgakow si mette, quasi involontariamente, di traverso alle faccende della storia. Questa nuova opera di Marco Bosonetto, autore d'altri straripanti romanzi d'avventura e fantascienza al tempo stesso, è una bella pagina di futuro che mettere paura al nostro presente. Una brutta vicenda, al di là del termine del racconto, che spiega in ogni istante con ironia – in dosi che pochi scrittori italiani sono capaci di mettere a terra e che quasi sconvolge - , la vera natura dell'Italia odierna. I guizzi di Bosonetto, che striminzisce la cronaca realizzata per regalarci pastori arringati e messi in rivolta da un capo molto diverso dalle camicie verdi con faccia da venditori porta a porta scadenti, disegnano un quadro fantasioso da ridere. Che, preso 'male' fa piangere. Meno male che è satira. Marco Bosonetto è autore da non consegnare alla seconda fila delle scelte.

sabato 13 novembre 2010

Acme Lab presenta D/battiti – fra le righe. Prima puntata con Kurumuny















“D/battiti – fra le righe” è una rubrica letteraria da me curata. Novità, curiosità e recensioni dal mondo letterario. Sarà un web format d’inchiesta, per parlare di libri, per far parlare gli autori, per far conoscere gli editori. “D/battiti – fra le righe” vuole diventare un punto di riferimento per tutti gli appassionati della lettura, per gli operatori dell’editoria, ma soprattutto vuole portare il libro e tutti quello che vi ruota attorno a coloro i quali non sono lettori forti: insomma tanti contenuti tra informazione e approfondimento. “D/battiti – fra le righe” è una rubrica letteraria pensata per diffondere il piacere della lettura in modo assolutamente totale, soddisfacendo le curiosità più diverse, con un approccio puntuale, serio e con una comunicazione molto diretta e “friendly”. La principale peculiarità di questo web format consisterà nell’essere una rubrica letteraria popolata dagli scrittori, e dagli editori e dedicata ai lettori .
Nella prima puntata si parlerà di Kurumuny edizioni con l’editore Giovanni Chiriatti. Essenza di luoghi e personaggi. Oracolo di vicissitudini e passioni umane. Kurumuny è un termine che in grico descrive il germoglio dell’albero d’ulivo. Kurumuny si propone di conservare e trasmettere i suoi “saperi” anche attraverso una raccolta scritta che, nel dicembre 2001, nasce con l’omonimo titolo e con il seguente sottotitolo: “rivista di umanità varia”. Le finalità del lavoro editoriale consistono nel dare voce e volto a chi non ne aveva mai avuti (poeti contadini, cantori, artisti vari, giovani), e nell’accettare anche i preziosi interventi dei primi autorevoli antropologi e ricercatori del meridione, come Ernesto de Martino ed Annabella Rossi, nonché delle riflessioni e degli scritti di importanti autori partiti dal Salento come Antonio L. Verri, Carmelo Bene, Aldo De Jaco. È all’insegna di questa ricerca, della riscoperta e di un lavoro fortemente motivato e appassionato, che nel gennaio 2004 si materializza l’attività, configurandosi come la naturale continuazione di un dibattito e di un fermento culturale avviato dal 2001 con la rivista omonima. È nell’incontro, nello scambio, nella sintesi di nuove e diverse modalità comunicative e espressive che Kurumuny Edizioni pone le basi per il suo essere e divenire; nell’alchimia tra la riaffermazione delle radici e l’evoluzione delle conoscenze che trova la sua ragione, è per la necessità di una più larga diffusione della cultura in tutte le sue forme e al di sopra di ogni restrizione, che aderisce senza riserve alla filosofia open source del copyleft, sostenendo l’ideologia della condivisione intellettuale attraverso la divulgazione telematica delle opere e favorendo, con ogni mezzo, il libero processo di circolazione delle idee.

Lettura: Viaggio nel Salento di Maria Brandon Albini a cura di Sergio Torsello

Maria Brandon Albini, una delle protagoniste di maggior rilievo della letteratura meridionalista del secondo dopoguerra, ci racconta il suo “Viaggio” nel Salento con una scrittura dall’andamento leggero e brioso, tanto che si ha quasi l’impressione di leggere degli appunti, delle notazioni di viaggio prese giorno per giorno.

L’autrice s’immerge in un universo composito dove convivono antiche credenze e istanze della contemporaneità, dove le leggende s’incrociano con storie di santi e il mondo magico e rituale della cultura contadina non è in contraddizione con il sindacalismo e le leggi di difesa operaia.

L’Albini si sofferma sulla condizione delle donne nel Sud, registra il persistere di tradizioni popolari che sopravvivono agli assalti della modernità, la pratica della lamentazione funebre, la lingua grika e il tarantismo, pagine queste ultime di estremo interesse da un punto di vista della documentazione storica: scopriamo infatti che un anno prima del suo viaggio in Salento, era stata proprio l’Albini a inviare nell’Italia del sud un amico francese, il fotografo Andrè Martin. Come è noto, saranno proprio le foto di Martin a spingere Ernesto de Martino a occuparsi del tarantismo salentino. In questa realtà variegata e complessa l’autrice si lascia orientare da guide sapienti, giovani studiosi, intellettuali e non solo: la sua, quindi, non è una conoscenza libresca, ma è un approccio critico che tiene conto delle situazioni e dei problemi reali. Questo breve resoconto di viaggio redatto con uno stile a metà strada tra reportage e cronaca, storia e antropologia, politica e religione è l’istantanea preziosa di un mondo colto alle soglie del grande mutamento e l’Albini sembra chiedersi se il rinnovamento della società demolirà o meno la cultura tradizionale imperniata sul dialetto e sul folclore. (Stefano Donno)

La prima puntata qui
http://www.youtube.com/watch?v=Uc8gx0nv7yc

e qui

venerdì 12 novembre 2010

"Calpestare l'oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale" (Collana Argo, ed. Cattedrale)












"Calpestare l'oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale": una grande opera di poesia civile, recensita dai maggiori media nazionali e internazionali. Dopo due versioni elettroniche, ecco l'edizione integrale (Collana Argo, ed. Cattedrale). Dunque ecco "Calpestare l'oblio. Cento poeti contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana", grande opera di poesia civile che nel novembre 2009 e nei mesi seguenti ha scatenato un acceso dibattito sui principali media nazionali (L’ Unità, MicroMega, Corriere della Sera, Radio 24, Reset, Gli altri, Il Giornale, Libero, Il Foglio, Il manifesto) e internazionali (Le Monde diplomatique).

«Come il poeta García Lorca è diventato il simbolo della cultura violentata dalle orde franchiste, come Eluard e Aragon che con i loro versi combattevano il nazismo trionfante, così la poesia italiana degli anni berlusconiani va in trincea, riscopre l' impegno civile, crea simbolicamente il legame emotivo che unisce la vecchia e la nuova resistenza.»
Pierluigi Battista, «Corriere della Sera», 26/11/2009

«Solo il tempo dirà se questa antologia, in cui figurano anche nomi di spicco come Maurizio Cucchi, sia destinata a rivaleggiare con la Commedia nei programmi scolastici o a finire rapidamente al macero.»
Alessandro Gnocchi, «Il Giornale», 26/11/2009

«Il delinquere autorizzato non è delinquere se non siete capaci di reazione baciate la mazza muti e rassegnati. Prima viene l'Idea poi viene il Credo poi viene la Fede capito landazzo se me ne viene qualcosa sono fedele militante furbetto.» Commento alla notizia della pubblicazione dell'e-book nel sito di MicroMega (16/11/09)

Info: www.casacultureancona.it | argo@argonline.it | 335 1099665 Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana
Collana Argo, Cattedrale, Ancona, 2010, € 15 | Copyleft

A cura di Davide Nota e Fabio Orecchini
Illustrazioni e grafica a cura di Nicola Alessandrini e Valeria Colonnella

Testi di: Francesco Accattoli, Annelisa Addolorato, Nadia Agustoni, Fabiano Alborghetti, Augusto Amabili, Viola Amarelli, Antonella Anedda, Gian Maria Annovi, Danni Antonello, Luca Ariano, Roberto Bacchetta, Martino Baldi, Nanni Balestrini, Maria Carla Baroni, Vittoria Bartolucci, Alberto Bellocchio, Luca Benassi, Alberto Bertoni, Gabriella Bianchi, Marco Bini, Brunella Bruschi, Franco Buffoni, Michele Caccamo, Maria Grazia Calandrone, Carlo Carabba, Nadia Cavalera, Enrico Cerquiglini, Antonino Contiliano, Beppe Costa, Andrea Cramarossa, Walter Cremonte, Maurizio Cucchi, Gianluca D’Andrea, Roberto Dall’Olio, Gianni D’Elia, Daniele De Angelis, Francesco De Girolamo, Vera Lùcia De Oliveira, Eugenio De Signoribus, Nino De Vita, Luigi Di Ruscio, Marco Di Salvatore, Alba Donati, Stefano Donno, Fabrizio Falconi, Matteo Fantuzzi, Anna Maria Farabbi, Angelo Ferrante, Loris Ferri, Fabio Franzin, Tiziano Fratus, Andrea Garbin, Davide Gariti, Massimo Gezzi, Maria Elisa Giocondo, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Raimondo Iemma, Andrea Inglese, Giulia Laurenzi, Maria Lenti, Bianca Madeccia, Maria Grazia Maiorino, Francesca Mannocchi, Giulio Marzaioli, Emiliano Michelini, Guido Monti, Silvia Monti, Davide Morelli, Renata Morresi, Giovanni Nadiani, Davide Nota, Opiemme (laboratorio), Fabio Orecchini, Claudio Orlandi, Natalia Paci, Adriano Padua, Susanna Parigi, Fabio Giovanni Pasquarella, Giovanni Peli, Enrico Piergallini, Antonio Porta, Alessandro Raveggi, Rossella Renzi, Roberto Roversi, Lina Salvi, Stefano Sanchini, Flavio Santi, Lucilio Santoni, Giuliano Scabia, Francesco Scarabicchi, Alessandro Seri, Marco Simonelli, Enrico Maria Simoniello, Giancarlo Sissa, Luigi Socci, Alfredo Sorani, Pietro Spataro, Roberta Tarquini, Rossella Tempesta, Enrico Testa, Fabio Teti, Emiliano Tolve, Adam Vaccaro, Antonella Ventura, Lello Voce, Matteo Zattoni Con una introduzione di Valerio Cuccaroni e un intervento di Luigi-Alberto Sanchi

In libreria da dicembre

giovedì 11 novembre 2010

Sud.Storie di lazzari, sanfedisti, briganti e separatisti (Capone Editore) di Orazio Ferrara





















La tormentata storia del Sud negli ultimi due secoli, rivisitata attraverso episodi-simbolo dimenticati, o peggio manipolati, dalla storiografia ufficiale. Dagli intrepidi lazzari napoletani che rifiutarono una "repubblica" imposta sulla punta delle baionette francesi, alla lunga marcia della "guerra di liberazione" del cardinal Ruffo, alla romantica e tragica figura del Sergente Romano capobanda legittimista in terra di Puglia. Dai separatisti dell'EVIS in difesa della "sicilianità", alla rivolta di Reggio Calabria contro il "sistema" del malgoverno e dell'emigrazione. Insomma storie controcorrente di lazzari, sanfedisti, legittimisti, separatisti e boiachimolla, nomi diversi in momenti diversi, ma sempre di meridionali pervasi da quell'ansia ancestrale di salvaguardare la propria specificità, le proprie radici, pur nel solco della più grande Nazione italiana di cui si sentivano comunque parte. Ma gli eredi di chi si è "piccato" di fare l'Italia in un certo modo hanno condannato, senza appello, quei meridionali e le loro storie alla damnatio memoriae collettiva. Fin quando non sarà rimosso questo autentico macigno culturale e quindi non si avrà una storia nazionale condivisa, sarà sempre insincero il "fratelli d'Italia". Alla rimozione di questo macigno il libro vuole dare un contributo.

LA COLLANA Carte scoperte, storie e controstorie ripropone testi storici e opere di narrativa; ospita saggi canonici e in controtendenza; accoglie approfondimenti, sfumature e ipotesi alternative; dà voce ad episodi e personaggi locali, nella convinzione che la Storia "maggiore" altro non sia se non l'insieme e il prodotto di tante storie "minori".

Nella stessa collana:

Gianni Custodero, Il mistero del brigante
Alexandre Dumas, Cento anni di brigantaggio nelle province meridionali d'Italia
Valentino Romano, Nacquero contadini, morirono briganti

Indice dell'opera
I Lazzari e la difesa della Napoletanità; Le tre giornate di Napoli del 1799; L'insorgenza in una cittadina del Principato Citra; L'insorgenza di Lauro e del suo Vallo; La lunga marcia del cardinale Ruffo; …e Sant'Antonio bastonò San Gennaro; Il Sergente Romano. Un capobanda legittimista in terra di Puglia; La Sicilia nel Vento del Sud; Formidabili quei giorni per Reggio Capoluogo.

Info: 0832611877 (tel. e fax) Mail to: info@caponeditore.it


Sud.Storie di lazzari, sanfedisti, briganti e separatisti (Capone Editore)
prefazione di Valentino Romano. È ora disponibile il volume di Orazio Ferrara, Sud. Storie di lazzari, sanfedisti, briganti e separatisti, con prefazione di Valentino Romano, Capone Editore, Lecce 2010.

mercoledì 10 novembre 2010

Storia di un metronomo capovolto di Giuseppe Cristaldi (Libellula edizioni). Con una nota di Franco Battiato












Libellula Edizioni è orgogliosa di presentare la sua ultima pubblicazione Storia di un metronomo capovolto di Giuseppe Cristaldi con una nota di Franco Battiato, che inaugura la collanna Wireless. L’opera si inserisce nel filone dei romanzi generazionali a sfondo politico e di formazione. Lontano dal glamour, dal ‘convenzionalismo’ letterario, dal tipico ‘minimalismo’ autobiografico, come anche dalla stucchevole tendenza del romanzo ‘giovanilista’, quest’opera risulta senz’altro più fresca e ‘sentita’ di quegli altri ‘modi’ del narrare. Quel che colpisce è la ‘partecipazione’ dell’autore, che non smette mai di mancare all’appuntamento con la sua opera, eludendo ogni freddo calcolo. Il romanzo ambientato tra gli anni ’70 e ’80, narra l’educazione politica, esistenziale, affettiva di Antonio Gardini, un giovane operaio di fabbrica alle prese sin dall’infanzia con una personale lotta contro le ingiustizie sociali e morali della sua terra e della condizione umana. Dotato di sensibilità d’animo, profondità di vedute, spirito ribelle, generosità, coraggio, Antonio Gardini si troverà a tentare di incastrare in una visione del mondo unitaria una miriade di ‘fatti’ ed ‘eventi’ dolorosi che si dimostreranno refrattari ad essere contenuti e risolti in una lettura radicale e coerente. L’epilogo tragico della storia dimostra l’impossibilità dell’idealismo ideologico del protagonista a correggere il male, che quasi ontologicamente insiste sul mondo; sullo sfondo della tragedia si inscena il complesso, carnale, biologico, strettissimo e irrisolvibile rapporto che lega lo stesso Antonio con la madre, figura dolente e tipica di un certo genere di ‘donna meridionale’. Ma Storia di un metronomo capovolto è anche la storia di un’amicizia radicale ed eroica tra Antonio Gardini e Marco Fassi, giovane rampollo di una famiglia borghese ed agiata, che troverà nell’altro (povero in canna, operaio, con un’istruzione ‘normale’ inferiore) un vero e proprio maestro di vita, tanto da essere condotto, infine, a riconoscere come ‘falsa’, ‘finzionale’, priva di passione, la ‘forma di esistenza’ del proprio ceto di appartenenza. Il tutto si svolge sullo sfondo di una Messina bollente e caotica, angustiata da problematiche edilizie, mafiose, ambientali, economiche e politiche.o.

L’autore - Giuseppe Cristaldi nato a Parabita nel 1983, dove vive e lavora, è autore di “Un rumore di gabbiani. Orazione per i martiri dei petrolchimici” (Besa editore), un docudramma con libretto annesso con la collaborazione di Franco Battiato e la prefazione di Caparezza, “Belli di papillon verso il sacrificio” (Controluce, ed. Besa), con prefazione di Teresa De Sio. “Storia di un metronomo capovolto” è il primo romanzo, che viene pubblicato per la prima volta. L’edizione è curata da Libellula Edizioni.

martedì 9 novembre 2010

Lo strano caso di Stoccolma di Christoffer Carlsson (Newton Compton) - recensione e primi 3 capitoli




Vincent Franke e la donna venuta dal nulla. Un viaggio infernale nella Svezia più segreta e trasgressiva, in un thriller che colpisce al cuore. Vero e proprio caso letterario in Svezia, Lo strano caso di Stoccolma è l’esordio fulminante del giovanissimo Christoffer Carlsson: un thriller psicologico che colpisce al cuore, una storia di segreti e ambiguità, ambientata negli oscuri meandri della capitale svedese. Vincent, giovane tossicodipendente e spacciatore, trascina i suoi giorni, stretto nell’abbraccio mortale della morfina, in uno squallido appartamento nei bassifondi di Stoccolma. La sua triste routine viene scossa quando il suo amico Marko gli lascia in casa una ragazza legata e bendata, picchiata a sangue, di cui Vincent non sa nulla tranne il nome: Maria Magdalena. A poco a poco tra i due giovani nasce un’inaspettata complicità… Il desiderio di salvare la sconosciuta porterà Vincent a lottare disperatamente contro la brutale violenza del mondo che lo circonda e lo costringerà a guardare in faccia, per la prima volta, un passato oscuro che non ha mai avuto il coraggio di affrontare. Ma fino a dove dovrà spingersi per scoprire il segreto della ragazza venuta dal nulla?

“Uno - Vedo il mio riflesso nel vetro scuro della vetrina. Ecco come tutto ha inizio. L’immagine è deformata, bugiarda. Le mie mani inquiete come uccelli. Dalla tasca interna della giacca estraggo goffamente un pacchetto di sigarette mezzo pieno, ne tiro fuori una e la osservo. Poi la infilo tra le labbra e con un clic la accendo, senza esitazioni. Non chiudo gli occhi da due settimane. Probabilmente sono due settimane che non dormo. L’insonnia mi rende insicuro di me stesso e del mio corpo. Comincio a camminare. Il riflesso scuro mi segue, esce dal margine della vetrina e poi scompare. La locandina di un’edicola mi informa su come bisogna vestirsi e apparire quest’anno. La sigaretta ha un effetto meraviglioso su di me e lentamente torno un essere umano. Mi sento distaccato, fresco come l’odore di banconote nuove di zecca, libero da quello che ero una volta. I movimenti e i pensieri fluttuano. Ecco come tutto ha inizio”.

Link per leggere i primi 3 capitoli del libro di

Christoffer Carlsson, Lo strano caso di Stoccolma - Vincent Franke e la donna venuta dal nulla, traduzione di Mattias Cocco, Newton Compton, 11 novembre 2010

lunedì 8 novembre 2010

Aurore siderali di Gianluca Conte tratto da Il riflesso dei numeri (Centro Studi Tindari Patti)













Emisferi di cartapesta
/stelle filanti/
a Carnevale
tutto vale,
nel valzer degli amori,
accovacciati ad aspettare
che qualcosa, o qualcuno
li liberi da una prigione
di false speranze,
di ordini mancati.
Pagliacci imbacuccati ridono,
tristi e banali,
ormai
perduti nel tempo

domenica 7 novembre 2010

SOSPETTI MARGINALI di Michela e Alessia Orlando Nicoletti (Edizioni Scudo). Un'anteprima












Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare; ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurità non diede nessun segno di vita; e l'unica parola detta colà fu la sussurrata parola «Eleonora!» Soltanto questo, e nulla più.

Da: Il corvo, Edgar Allan Poe

Un uomo che medita la vendetta mantiene le sue ferite sempre sanguinanti.

Bacone, esergo al nostro Sospetti Marginali, Edizioni Scudo

Edgar Allan Poe, LENORE, l’amore e il nostro SOSPETTI MARGINALI

Altri tempi! Ben altri amori? Boh! C’è il sospetto che in un paio di secoli, o giù di lì, l’umanità non cambi poi così tanto, perlomeno tra le lenzuola, malgrado l’intervento del silicone che arrotonda allo spasimo i corpi umani. Certo, la scienza sembrerebbe suggerire il contrario: di internet ancora neppure l’ombra, nell’Ottocento, e le notizie circolavano farraginosamente di bocca in bocca o grazie a messi incolpevoli, si muovessero a piedi, a cavalcioni di quadrupedi o, addomesticati, piccionescamente, sfruttando le ali; l’odore sulfureo che si diffondeva nei vicoli di mezzo mondo era dovuto alla illuminazione, non al demonio; non c’erano tubi di scappamento, ma non mancavano essenze da minzione e defecazione, finanche nelle corti principesche e nelle mura domestiche dei reali di Francia, di Prussia, delle città che avrebbero fatto parte della Italia cosiddetta unita e così via. Non parliamo, poi, dell’inquinamento: pare sia dimostrato che quello da carbone non fosse meno gravoso di quello da petrolio-benzina.

Non è cambiato molto tra le lenzuola…ma c’era chi si riteneva peccatore (adesso mai), forse anche per le sue scorribande o evoluzioni circensi, Kamasutra in mani; ed Edgar Allan Poe in Lenore poteva scrivere:

Infami! Amaste di lei sol il soldo e la odiaste assai per l’orgoglio e quando il suo spirito fu flebile e assorto, la veneraste – fu oltre la soglia! E come faremo il rituale? Come farà il vostro Requiem nel canto, uomini dall’occhio malvagio, con lingua grondante calunnia nel pianto che ha fatto morire la donna innocente, che ha avuto la morte sì giovane tanto? “Siam peccatori “; ma niente delirio! Inno del Sabbath sia il canto che vada al Signore, sì morte, solenne, non senta rimpianto! La dolce Lenore ben già è dipartita, Speranza al suo fianco le vola e furioso ti lascia, per lei, la cara fanciulla, che esser doveva tua sposa, per lei, la bella, l’affabile, che adesso sì umile giace, con vita sui biondi capelli ma non dentro agli occhi. La vita è ancor lì, sopra i capelli – la morte sugli occhi.

Non è cambiato molto tra le lenzuola…ma noi possiamo rappresentare, con la fotografia e con le parole, un mondo in cui altre cose appaiono normali. E questo va benissimo, giacché se si tratta di norme, di voci deputate a dire cosa sia normale e cosa no, ci pare corretto concludere che tutto ciò che accade è normale. O naturale, se si preferisce, malgrado si debba spesso rilevare come l’uomo, interferendo con la natura, tenti di sviarne il corso. E lei-essa si vendica. È solo questione di tempo. Edgar Allan Poe in Lenore ci narra la morte e quattro voci in quattro stanze diverse. Con il suo componimento intesse un dibattito a tensione altissima. Tutto accade a un funerale, quello di Lenore, appunto, fra un personaggio anonimo, forse un congiunto, e l’amante della defunta, un certo Guy de Vere. La morte…la vita e la morte. Tutto ciò che accade è normale…anche la vendetta? È questa la domanda intorno alla quale si sviluppano le vicende che narriamo in Sospetti marginali. Forse è inutile dirlo: a noi sono servite molte più parole di quelle impiegate da Poe per rendere il clima drammatico. E sono servite molte più stanze; oltretutto collocate in varie città: Roma; Torino e la sua cintura; Palermo; Bologna; Nizza… Sono serviti anche altri luoghi: quelli mentali e, così come accade ne Il corvo, sempre del maestro Poe, abbiamo dovuto inoltrarci nei sogni, nel subconscio, nel mistero degli omicidi seriali perpetrati al di là della porta. Inevitabilmente chiusa dall’interno. Non è una novità, ovviamente, eppure è stato richiesto l’intervento di due prestigiatori, utilizzati come consulenti tecnici da chi indaga, per poter risolvere un problema investigativo. Sono figure essenziali, i due prestigiatori, che apparentemente intervengono in maniera quasi casuale (non è così, giacché anche situazioni spazio-temporali lo hanno imposto). E sono figure davvero esistenti: Il Mago Massimo e Gianni Loria, che ha tenuto spettacoli anche da noi, alla Carnale, entrambi operanti a Bologna: la città dove, grazie alle intuizioni e al lavoro del Maestro Chun Chin Fu, al secolo prof. Alberto Sitta, il mondo della prestidigitazione italiana ha potuto creare profili organizzativi davvero rilevanti.

venerdì 5 novembre 2010

Libri reattivi (gioco) sett.-ott. 2010

Cercare di fare un riassunto del gioco reattivo di Settembre e Ottobre rappresenta un' impresa che delfinerei improba; cito soltanto qualche numero: oltre 270 autori citati, più di 300 libri che hanno fatto da materiale per la contesa tra agguerritissimi competitori che si sono sfidati a suon di citazioni.
Enorme il parco autori, nella maggior parte dei casi di primissima scelta. Abbiamo tentato una
sintesi cercando di mantenere dei riferimenti logici. Partendo dal capostipite Omero e discendendo dai coetanei Cervantes e Shakespeare abbiamo diviso i filoni per nazionalità partendo dai francesi De Sade, Stendhal, Balzac, Hugo Dumas, Flaubert Proust, Verne e Céline; per i britannici Defoe, Wilde, Joyce, Wolf, Conrad e Agata Christie, il filone mitteleuropeo con Goethe, Mann, Musil e Kafka, proseguendo con i russi: Turgenev, Gogol, Goncarov, Dostoevskij, Tolstoj e Bulgakov; gli americani Hawtorne, Twain, Mellville, Poe la Austen, Fitzegerald, Fante, Bukowsky e Kerouac per finire con i non meno importanti autori latini Calderon de la Barca, Joao Guimaraes Rosa e Jorge Luis Borges.
Gli italiani sono in numero così notevole che è arduo ricordarli tutti: non poteva mancare il padre Dante e Alessandro Manzoni, Carducci, D' Annunzio, Rodari, Pasolini, Gadda, Calvino, la Deledda, Pirandello, Dario Fo, Pavese, Buzzati, Fenoglio, Elsa Morante, Oriana Fallaci e via discorrendo. Per i moderni poi, accanto a golden writer del calibro di Follet, King, la creatrice di Harry Potter J.K. Rawling, Isabel Allende e i nostri Camilleri, Ammaniti, Benni e Baricco sono comparsi nomi come Reno Bromuro, Ignacio Taibo o Aldo Fichera insieme a tanti altri che testimoniano l' impegno dei partecipanti di andare a scovare anche in pagine semi-ignote le parole necessarie.
Tra i giocatori ormai si è sviluppata una specie di simbiosi e non è infrequente che si posti qualcosa intuendo quale sarà la risposta del collega. Certo un maggior numero di partecipanti sarebbe auspicabile e renderebbe il gioco ancor più bello e vario, anche perché aldilà di concorrere per la vittoria, puramente simbolica e premiata con un buon libro, è bello anche lasciare un messaggio saltuario che, per effetto della concatenazione susseguente, resta comunque collegato alle altre tracce.
Un ultima curiosità: gli autori più citati con sono stati Gadda e Stefano Benni che spesso nella carriera è stato accostato proprio al grande autore milanese, mentre Gente di Dublino di James Joyce è risultato il libro maggiormente segnalato, doveroso omaggio al geniale autore dell' Ulisse.
Mentre per i giocatori, ho tentato di trovare il più assiduo nell' arco dei due mesi e non ce l' ho fatta, Cristina Fanni, Eleonora Neves e Sara Antiglio (in rigoroso ordine alfabetico) hanno lasciato una tale messe di segnalazioni da risultare impossibile il dipanare della matassa e da adombrare il sospetto che alloggino in una biblioteca.
Un giorno Prima
La sintesi sta per arrivare, ma c' è stata una vera valanga di autori e libri, stento a raccapezzarmici.

(di Michele Rosa)

libro reattivo gioco per ora solo su Facebook

giovedì 4 novembre 2010

Imperial bedrooms di Bret Easton Ellis (Einaudi)





















Partiamo dal soundtrack. Per il libro di cui parlerò consiglio vivamente “Black Rain” dei SoundGarden, ovvero il brano tratto dal loro ultimo spettacolare lavoro dal titolo “Telephantasm”. Riavvolgiamo per un attimo il nastro. C’era un prima. Il prima di Bret Easton Ellis è per questa occasione “Meno di zero”. Romanzo video/paranoico, “slangale”, depresso, assente, intriso di sesso facile, spinelli, cocaina, feste sempre più hot, in una sinfonia totale di amoralità e devastazione interiore che sconfina presto nell'orrore. Bret Easton Ellis è di sicuro uno tra i migliori scrittori in circolazione oggi, uno che fa delle situazioni paradossali di cui scrive, veri e propri manifesti di lucida critica alla società americana contemporanea. Il qui e ora ha un titolo: “Imperial bedrooms”. Casa editrice Einaudi. Questo è un libro che non lascia scampo. Non serve a nulla tentare di capire dove la storia vuole andare a parare, perché Ellis esagera, va giù pesante, gioca sporco lavorando molto sulla costruzione di più livelli semantici che addirittura rendono difficoltosa la lettura dell’opera che dunque richiede una/due/tre/quattro/cinque letture. E vi posso assicurare che sto parlando di un vero e proprio lavoro di trincea a cui il lettore viene sottoposto. Clay torna a Los Angeles sono passati venticinque anni. Clay è uno sceneggiatore (mediocre ma pur sempre uno sceneggiatore …) che deve organizzare il cast per il suo nuovo film: ma Blair, Trent, Julian, sue vecchie conoscenze di “perdizione”, sono affamati d’inferno e vogliono trascinare il loro vecchio amico sempre più in basso. Costi quel che costi. La “ciliegina sulla torta” per Clay è l’incontro con la meravigliosa quanto inquietante Rain che lo rinchiuderà in un labirinto di terrore e paranoia. Il cocktail narrativo è ben riuscito: disperazione, violenza, paranoia, autoindulgenza, e degradazione sono gli atomi costitutivi del mondo di dannati che popolano le pagine di “Imperial bedrooms”, dove Ellis diventa il nostro Virgilio. A mio avviso, con questo “Imperial Bedrooms” Ellis si conferma uno scrittore di proporzioni stratosferiche, dimostrando come un’attenta sorveglianza sul linguaggio, può generare un multiforme e pulsante groviglio di immagini, sensazioni, stati d'animo, vicini alla granulosità dell’onirico e del surreale. Ellis passa in rassegna i disperati del mondo del cinema, fatto di festini, attricette disposte a tutto per ottenere dei ruoli, produttori dallo spessore morale di uno sciacallo Insomma una meravigliosa perla letteraria, con una sola controindicazione.: andrebbe letto dopo aver deglutito tutte le precedenti opere di Ellis. (stefano donno)

martedì 2 novembre 2010

Le origini della Cabala di Joseph Leon Blau a cura di Fabrizio Lelli (Edizioni Controluce)









Cosa sappiamo in realtà della Cabalà? Possiamo provare a definirne i confini, a perimetrarne le eventuali eccedenze, procedendo per esclusioni e inclusioni di contenuti che magari potrebbero indurre a confusione, ma sempre sarà difficile farne un ritratto esaustivo. Facciamo riferimento innanzitutto ad una forma di sapienza che riguarda la mistica e la spiritualità, che attinge il suo sapere dalla Bibbia ebraica. Questa forma di sapienza consegna a quanti vi si avvicinano insegnamenti di altissimo valore e profondità, indispensabili ad intraprendere un percorso di gioia alla ricerca di Dio e della Verità. Questo sapere, è un propulsore eccellente per l’interiorità dell’uomo, nel senso che è in grado di sostenere un completo processo di trasformazione consapevole che può portare l’uomo alla Verità assoluta. Ma non solo … La Cabalà con la sua dottrina può unificare i molteplici modi coi quali scienza e religione decodificano la creazione e la vita. Alla scienza la Cabalà insegna l’essere umili, insegna l'importanza dell’evoluzione dell'essere umano, l'apertura e l'elasticità mentale, le affascinanti profondità degli insegnamenti spirituali, e molto molto di più! Le edizioni Controluce ora danno alle stampe uno splendido lavoro di Joseph Leon Blau, pubblicato negli Stati Uniti, e per la precisione a New York, nel 1944. Questo lavoro affronta in maniera scientifica la Cabbalà, cercando di mettere per un po’ da parte gli aspetti magico/esoterici, e portando nuova luce a tutta quella interpretazione cristiano /rinascimentale di questo sapere, ancora oggi oggetto di facili critiche e numerose malversazioni. Ma grazie ad un’attenta ricerca sulle fonti e sui testi da parte dell’autore, “Le origini della Cabbalà” è destinata ad essere un’opera di sicuro successo. Blau considera l’evoluzione della dottrina fiorita nell’Europa occidentale alla fine del XV secolo, dai suoi primi “vagiti” ancora radicati nel pensiero cabbalistico ebraico medievale e contemporaneo, fino alle opere ormai pienamente autonome degli inizi del XVII secolo. Nel volume sono presenti numerose testimonianze di una multiforme produzione letteraria trascurata dalla ricerca accademica, che fino a non poco tempo fa ha considerato la Cabbalà – sia quella ebraica che quella cristiana – alla stregua di un groviglio ciarlatanesco di miti e leggende più consono a un pubblico infervorato dall’amore per le scienze occulte. La ricostruzione filologica del Blau ri/consegna a questa dottrina il ruolo di potente strumento alla base della ricerca intellettuale del Rinascimento europeo, nonché la sua funzione significativa per il rinnovamento dell’ermeneutica testuale moderna e per la formulazione di nuovi criteri di accesso alla conoscenza universale. (stefano donno)

Joseph Leon Blau (1909-1986), insigne studioso americano di storia e pensiero ebraico, è stato docente nel dipartimento di studi religiosi della Columbia University di New York dal 1944 al 1977. Tra le sue principali pubblicazioni menzioniamo: Men and Movements in American Philosophy (1952); The Story of Jewish Philosophy (1962); The Jews of the United States, 1790-1840 (curato con S. Baron, 1963); Judaism in America (1976).

Fabrizio Lelli insegna lingua e letteratura ebraica all’Università del Salento. Si occupa principalmente delle tradizioni cabbalistiche ebraiche fiorite nell'Italia del Rinascimento. Ricordiamo le edizioni da lui curate: Yo’anan Alemanno, ‘ay ha-‘olamim (L’Immortale). Parte I: la Retorica (1995); Eliyyah 'ayyim ben Binyamin da Genazzano, La lettera preziosa (Iggeret Êamudot) (2002). Ha inoltre curato l’edizione italiana dei saggi di M. Idel, Cabbalà: nuove prospettive (1996); Id., Mistici messianici (2004); Id., La Cabbalà in Italia (1280-1510) (2007).