La notte del 23 marzo del 1988 vengono trovati morti, in una vasca da bagno, Luca Orioli e Marirosa Andreotta, due studenti ventunenni di Policoro, piccolo paese della provincia di Matera. Ma giustizia non è stata fatta. Anzi le indagini hanno portato a costruire una serie di brutture sicuramente messe in atto dagli stessi inquirenti. Troppe cose anomale. E, nel frattempo, troppa cronaca che ha avvallato l'ipotesi d'un legame, almeno altamente improbabile, tra la giovane Andreotta e festini testimoniati solamente nel 1993 pare costruiti per notabili e imprenditori. Il giornalista Andrea Di Consoli, abbandonando le vesti dello scrittore e del poeta, del critico letterario e dell'autore televisivo e radiofonico, ma facendo scorrere queste 'doti' nelle pagine e nello studio delle tante carte sul caso, prova a indicare, prima di tutto, dando utili indicazioni. Grazie alla sua inchiesta giornalistica. Inchiesta che, solamente due volte, mostra tentennamenti: nell'incontro con l'ex sindaco di Matera Buccico, già accusato d'aver partecipato a festini a base di sesso e droga nella fascia jonica lucana, e durante un pezzettino di faccia a faccia con tale “brigante moderno” Caldararo. Ma la ricostruzione di Di Consoli, che per fortuna finalmente smonta – magari una volta per tutte – tesi davvero precostituite e pregiudizi che spesso sanno di paese e che indicano spesso le donne appellandole 'puttane'. Quello che emerge dal libro, riuscito e ben strutturato, e che l'omicidio di Marirosa Andreaotta e Luca Orioli, dai medium definiti “i fidanzatini di Policoro” avviene non nella Basilicata felice recentemente presentata, tanto per dire, dal procuratore Giuseppe Chieco, il delitto (questo è certo al di là di quello che vogliano provare a inventare perizie a piacimento) ma nella Lucania tormentata dalla corruzione e dalla coscienze rovinate. Però anche dal bigottismo, e allo stesso tempo veramente e troppo da pregiudizi e reti d'amicizie ingannevoli quanto ingannanti. Di Consoli, questa volta, oltre a ragionare per la verità e la giustizia, s'è posto essenzialmente il problema di riuscire a trasmette quanto e in che maniera un gruppo di ragazzi prese a calci la linea sottile della maturità. Compromettendosi con il sangue vivo. L'autore, inoltre, si pone tanti interrogativi. Tenta, qualche volta, d'argomentare risposte in virtù di carte già possedute dalle mani d'altri. Senza dimenticare che esiste il rispetto dei morti. Che si deve, anche, rispetto ai vivi. Quindi la volontà di Andrea Di Consoli di sostenere la battaglia delle famiglie Orioli e Andreotta è dimostra tramite l'impegno delle pagine scritte. Righe che sono il frutto d'una malattia e quasi d'una ossessione dello stesso Di Consoli. Oltre che vergate con la china del lavoro quotidiano. Lo scrittore e poeta lucano entra a pieno corpo in questo libro. Perché ha vissuto almeno sentimentalmente buona parte delle vicende. Come, infine, è stato capace, eliminando il problema della lingua, - ma in contemporanea ricorrendo a un linguaggio accessibile e tremendamente scorrevole – di non farsi ingoiare dalla tante malattie della Basilicata. Problemi secolari che in tanti articoli giornalistici lo stesso Di Consoli ha fatto sapere di conoscere benissimo. Non è più possibile, dunque, per esempio dopo aver letto le cose che ormai si sanno e quello provando a immaginare quello che quindi non si sa, dire che Luca Orioli e Marirosa Andreotta sono stati ammazzati da un incidente domestico. E che, invece, non sia trovato o non siano trovati autore o autori del duplice omicidio.
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