Frank e Cindy Meyer, una coppia
felice con due bambini, sono la perfetta incarnazione del sogno americano, fino
al giorno in cui una banda di ladri professionisti fa irruzione nella loro casa
di Los Angeles uccidendo tutta la famiglia e Ana, la loro baby sitter serba. È
il settimo colpo messo a segno dalla banda in pochi mesi. I suoi membri sono
degli specialisti e non lasciano indizi utili alle indagini, solo una scia di
cadaveri. L'unico elemento in comune tra le vittime è che si era sempre
trattato di criminali che nascondevano grandi quantità di droga e denaro. Ma
non è certo il caso di Frank Meyer, un commerciante di abbigliamento la cui
unica eccezione a una vita tranquilla era di aver lavorato molto tempo prima
come mercenario. La polizia, però, sospetta che fosse implicato in certi affari
sporchi, anche in ragione del suo passato. È lì che va cercata la causa di una
fine così crudele? Di quel passato fa parte anche l'investigatore Joe Pike:
Frank era uno dei suoi uomini migliori nelle missioni da lui condotte negli
angoli più pericolosi del pianeta. Pike non riesce a credere che il suo vecchio
compagno fosse immischiato con la malavita e comincia una propria indagine,
deciso a sgombrare il campo dai sospetti e a vendicare l'amico. Perché Frank e
la sua famiglia sono stati sterminati? Con l'aiuto del fidato socio Elvis Cole
e di un altro ex mercenario, il beffardo e feroce Jon Stone, Pike si addentra
in una Los Angeles oscura e violenta, nei covi dei più spietati criminali...
sabato 30 giugno 2012
venerdì 29 giugno 2012
Tu sei mio. La confraternita del pugnale nero. Vol. 8 di J.R. Ward (Rizzoli)
Ha occhi azzurri freddi e opachi,
John il muto, incapaci di riflettere la luce e di svelare al mondo il suo
travagliato passato da umano. Ora, lottando al fianco dei vampiri, si è
guadagnato un posto nella Confraternita del Pugnale Nero. E anche se le sue
emozioni non trovano parole, nel suo cuore hanno il suono assordante della
passione: John lotta per Xhex, la femmina guerriera metà vampira e metà
symphath che lo ha fatto innamorare. Un amore che John si è inciso sulla pelle
con un tatuaggio, adesso che Xhex è scomparsa. Partita in una missione contro i
feroci tesser, Xhex è rimasta prigioniera e schiava del loro capo Lash, il
mezzosangue vampiro figlio dell'Omega che adesso controlla il mercato della
droga a Caldwell. Toccherà a John affrontare il male incarnato da Lash per
salvare Xhex dal suo carnefice, oltre che da se stessa. Perché Xhex è una donna
forte che rifiuta di essere amata, non una vittima inerme in attesa di un
salvatore. E John un uomo tormentato, che non ha mai saputo rimarginare le
ferite della sua prima vita. Ma il destino insegnerà a entrambi che due anime
gemelle non possono combattere contro l'amore vero.
giovedì 28 giugno 2012
Profiler Lynda La Plante (Garzanti Libri)
Prigioniero 6678905: questo è il
suo nome adesso. Cameron Welsh non ha nessuna possibilità di uscire dal carcere
di massima sicurezza di Barfield, è stato condannato a ben due ergastoli. Ed è
giusto, perché Cameron Welsh è decisamente colpevole di tutto ciò di cui è
stato accusato. È un serial killer eccezionalmente crudele e psicopatico, ma
non solo, è anche perverso e molto intelligente. La sua ossessione per Anna
Travis risale a diversi anni prima, quando l'ha vista per la prima volta, la
notte in cui è stato catturato. Anna era un semplice agente della squadra
omicidi. Adesso Anna ha fatto carriera, è diventata ispettore capo. Si è
emancipata dal suo mentore, Langton, e per la prima volta deve condurre in
prima persona un'indagine su una serie di omicidi. Un caso complicato, in cui
le vittime sono tutte donne che non hanno niente in comune fra di loro, tranne
il modo in cui sono state uccise e l'autostrada vicino alla quale vengono
ritrovate. Quello che Anna non sa è che non è completamente sola. Cameron Welsh
non esita un momento a scriverle una lettera offrendole il suo aiuto. Chi
meglio di lui, un serial killer, può aiutarla come profiler? Solo lui è in
grado di capire fino in fondo i meccanismi di una mente malata, cosa lo spinge
a uccidere, perché sempre in quel modo. Anna è determinata a risolvere il caso
e accetta il suo aiuto. Ma non immagina che anche dietro le sbarre, Cameron
Welsh sa essere più pericoloso di una velenosa vedova nera.
mercoledì 27 giugno 2012
Tra amici di Amos Oz (Feltrinelli)
Con poche pennellate precise,
Amos Oz ricrea il microcosmo di un kibbutz israeliano negli anni cinquanta. Dal
giardiniere timido e solitario che ha la passione di dare brutte notizie alla
donna lasciata dal marito per un'altra che le vive praticamente accanto; dal
mite elettricista che, con sbigottita discrezione, non riesce a capacitarsi
dell'amore della figlia diciottenne per il suo insegnante di storia al
falegname pettegolo che, in preda all'ira, si accanisce su un bambino per dare
una lezione a chi ha maltrattato suo figlio; dalle tentazioni sensuali del
segretario del kibbutz durante la sua ronda notturna allo struggente racconto
agrodolce degli ultimi giorni di un calzolaio anarchico, appassionato di
esperanto e del futuro dell'umanità. Infine, due scelte opposte di fronte al
dilemma tra andare e stare: quella di Moshe, che confrontandosi con il padre
malato in ospedale finisce per riconoscersi in tutto e per tutto membro del
kibbutz, e quella di Yotam, che invece dentro il kibbutz soffre e vorrebbe
andare a studiare in Italia, dallo zio che lì ha fatto fortuna. Un affresco
popolato di personaggi che ritornano di storia in storia e che devono la loro
forza a un'intensa, luminosa umanità.
martedì 26 giugno 2012
TYPOS 0.2 – CARTABIANCA DI GUIDO SGARDOLI (FANUCCI)
In
una società dove l’informazione quotidiana è una menzogna, gli agenti Typos
sono spacciatori di verità. Una volta scoperta non puoi più farne a meno. I
ragazzi della squadra Typos devono scoprire cosa si nasconde dietro ai
miracolosi semi transgenici prodotti dai laboratori AgroGen. I semi sembrano in
grado di sviluppare piante anche nei terreni compromessi dall’invasione del
misterioso fungo nero, un microbatterio che ha gettato sul lastrico migliaia di
agricoltori e fatto precipitare la
Borsa. Le indagini li portano nell’arido deserto di Dos
Passos, dove ha sede la
AgroGen. Qui proveranno a introdursi nei segretissimi
laboratori utilizzando le doti di Morph e di Gipsy. Ma ogni tentativo sembra
vano; senza contare che a mettere loro i bastoni tra le ruote c’è il terribile
Cartabianca, l’uomo senza volto. Quando però sembra che la verità possa
trionfare, giunge un fatto inaspettato e sconvolgente...
Guido
Sgardoli, nato a San Donà di Piave nel 1965, vive e lavora a Treviso. Laureato
in Veterinaria, ha coltivato anche la passione per il disegno, l?animazione e la
scrittura. Dopo l?esordio con Salani nel 2004, ha scritto numerosi
titoli di narrativa dedicati al pubblico dei bambini, dei ragazzi e degli
adolescenti con i più importanti editori italiani. Molti suoi libri sono stati
tradotti all?estero. Ha vinto il Premio Bancarellino 2009 con Eligio S. I
Giorni della ruota (Giunti) e l?Oscar della narrativa per ragazzi, il Premio
Andersen 2009, come miglior autore; il Premio Cento 2012 con Due per uno (Nuove
Edizioni Romane) e il Premio LiBeR 2012 con The Frozen Boy (Edizioni San
Paolo), romanzo con cui è stato selezionato dalla International Board on Books
for Young People Italia (IBBY) come miglior scrittore nella Honour List 2012.
Con Fanucci Editore ha pubblicato anche La grande avventura di Geremia Smith,
nella collana Collezione Tweens.
TYPOS 0.1 VERITÀ DI PIERDOMENICO BACCALARIO (FANUCCI)
In
una società dove l’informazione quotidiana è una menzogna, gli agenti Typos
sono spacciatori di verità. Una volta scoperta non puoi più farne a meno. La
squadra Typos è in allarme. I mercenari della K-Lab battono la città. Una
simile operazione in grande stile deve nascondere qualcosa di grosso. Secondo
l’indicazione di un anonimo informatore, dietro il presidente di uno Stato
africano si cela in realtà un terribile dittatore che abusa degli aiuti
internazionali: da vero signore della guerra, perpetra violenze e soprusi
acquistando armi invece di costruire scuole e ospedali. A breve ci sarà un
concerto di beneficenza nella Millenium Arena, a Maximum City, e il ricavato
andrà a finire nelle tasche di quell’uomo. I ragazzi di Typos si organizzano
per impedirlo, cercando anche di svelare l’identità del misterioso personaggio.
Ma le cose non vanno come previsto e solo un’ardita mossa permetterà loro di
concludere la missione.
Pierdomenico
Baccalario, nato ad Acqui Terme nel 1974, è autore di romanzi di avventura e
fantasy per ragazzi di enorme successo, che hanno venduto oltre 2 milioni e
mezzo di copie in tutto il mondo e sono stati tradotti in 25 Paesi, come le
serie Ulysses Moore e Century. Fanucci Editore ha pubblicato nella collana
Teens i romanzi Pesci volanti (vincitore del premio White Ravens 2007) e Amaro
dolce amore, scritti con Elena Peduzzi, e nella collana Tweens La bambina che
leggeva i libri.
lunedì 25 giugno 2012
HITCH 22 di Christopher Hitchens (Einaudi)
Le memorie pubbliche e private di uno
dei piú grandi intellettuali a cavallo tra due millenni. Le battaglie, le
provocazioni, le cause perse, le invettive di un «bastian contrario» la cui
autobiografia è la storia di mezzo secolo di Storia. Questo libro è l'occasione
per ripercorrere, in una galoppata affascinante, alcuni dei capitoli piú
intensi e decisivi della storia contemporanea, partendo dalle proteste degli
anni Sessanta e Settanta, passando per la caduta del muro di Berlino e il
crollo delle ideologie, per approdare agli scenari successivi all'11 settembre,
quando Hitchens attaccò i terroristi islamici. Nemico giurato di ogni
fondamentalismo religioso, Hitchens ha attraversato gli ultimi quarant'anni di
storia delle idee a passo di carica, disseminando il suo percorso di critiche
feroci a tutti gli ismi sopravvissuti all'èra delle ideologie, ma anche di
saggi illuminanti sul rapporto tra potere e religione, e sull'importanza
fondamentale della critica e del dissenso. In questo monumentale memoir, che si
affianca alle piú celebri e classiche autobiografie anglosassoni, Hitchens si
scopre non solo saggista, ma anche narratore di razza. Tra aneddoti e ritratti
al vetriolo di celebri personalità del mondo politico e culturale, da Henry
Kissinger a Madre Teresa, da Martin Amis a Noam Chomsky, l'autore riversa in
questo libro una quantità di materiali, idee, storie personali e collettive che
si incontra, forse, soltanto nei grandi romanzieri dell'Ottocento.
domenica 24 giugno 2012
DANZA DI NERVI di GIANLUCA CONTE A GALUGNANO
In occasione del decimo anno di vita dei Presidi
del libro, lunedì 25 Giugno 2012 alle ore 20.30 in Piazza Vittorio
Emanuele a Galugnano (LE) verrà presentato “DANZA DI NERVI” di Gianluca Conte
edito da Lupo Editore. Dialogherà con l’autore: Stefano Donno, scrittore e
poeta. Modererà l'incontro: Giuseppe Zilli, responsabile del Presidio del Libro
di San Donato di Lecce
“Gianluca Conte ricorda, a chi dimentica
l'origine del raccogliere versi, quell'andare a costituire una 'raccolta
poetica' come gesto che presuppone una semina antecedente alla scrittura.
Questa 'danza di nervi' oscilla tra Mondo e Terra, dove il Mondo è inteso come
la rete di rapporti sociali che sono un furto dell'esistenza 'vera' e la Terra è il nostro luogo di
origine, il luogo dove siamo destinati a tornare, "[...] mi copro
d'argilla e ferro/per non dimenticare/che appartengo alla terra/ma strizzo
l'occhio al cielo". Il rapporto lacerante tra l'individuo e le convenzioni
sociali è uno dei temi più ricorrenti, la finzione della maschera che ricopre
la vita(torneranno come "Facce sciolte di cera"), è la stessa di
"Un ordito fatto male, indossato come a caso,/un vestito cucito addosso
senza ben misurare/la distanza che passa tra il tuo cuore e l'infinito."
Dopo “Insidie” e “Il riflesso dei numeri”, la conferma di un percorso poetico
che fonda la sua concretezza nell'equilibrio tra lirismo poetico e impegno
sociale.” [Luciano Pagano]
GIANLUCA CONTE - Nato a Galugnano (Le) nel 1972.
Laureato in filosofia, è poeta, scrittore, operatore culturale (il suo sito
personale è http://glucaconte.blogspot.com/). Con il Centro Studi Tindari Patti
ha pubblicato la silloge Il riflesso dei numeri (2010), finalista al concorso
nazionale "Andrea Vajola". Con Il Filo Editore, ha pubblicato Insidie
(2008). Ha partecipato a diversi concorsi letterari ottenendo vari
riconoscimenti. Ha fondato, insieme a Michela Maria Zanon e Tiziana Pezzuto,
l'associazione artistico-culturale 'Eterarte', con cui svolge una continua
attività di ricerca sul territorio, interagendo con realtà nazionali e
internazionali. Con la Zanon
ha dato vita al gruppo di lavoro 'Apotema', col quale porta avanti progetti
culturali di ampio respiro. Da alcuni anni lavora a "Madri a Est",
uno studio sulla situazione postbellica in Croazia e nelle aree limitrofe, nato
dai soggiorni dell'autore in terra balcanica; dal materiale di questa
esperienza in progress sono tratti degli scritti inediti, alcuni dei quali
diventati letture sceniche. L'autore collabora con diverse figure artistiche,
tra cui Giuseppe Zilli, Sefora Cinzia Zippo, Alessandra Sessa, Luciano Pagano,
Astragali Teatro, Università Popolare Aldo Vallone.
Info:
Il gusto ritrovato - 33 grandi chef per l’Emilia. Con i ragazzi di Masterchef. A cura di Gianluca Ferradino (Mattioli1885)
Un’iniziativa pensata da Mattioli1885 con il
supporto di 33 tra i migliori chef sulla piazza, Radio Deejay, Radio 105, i
ragazzi di Masterchef e i canali tv di Sky in favore dei terremotati
dell’Emilia Romagna. 33 nuove ricette dai grandi maestri del gusto corredate da
fotografie e presentare da Paolo Marchi, ideatore di Identità Golose. Dunque i
grandi chef si mobilitano per l’emergenza Emilia. Il ricavato verrà interamente
devoluto alle comunità emiliane colpite dal terremoto.Gli chef che hanno
aderito al progetto, insieme ai ragazzi di Masterchef, una delle trasmissioni
culinarie più seguite in assoluto, ci sono: SEBASTIANO ROVIDA, MASSIMO BOTTURA,
GINO SORBILLO, MORENO CEDRONI, BRUNO BARBIERI, DAVIDE SCABIN, ALBERTO BETTINI,
MATIAS PERDOMO, SIMONE RUGIATI, MATTEO
TORRETTA, OLIVER GLOWIG, GAETANO TROVATO RISTORANTE ARNOLFO, MASSIMILIANO E
RAFFAELE ALAJMO, ROY CACERES, VIVIANA VARESE,
RAFFAELE MOR, ITALO BASSI, AURORA NAZZUCCHELLI, ALBERTO FACCANI, ANDREA DE BELLIS, VALENTINO E MASSIMILIANO
RISTORANTE SAN DOMENICO, ELIA E MATTEO RISTORANTE, IL DESCO, GIOVANNI D'AMATO
RISTORANTE IL RIGOLETTO, AMBRA MAMBELLI, DINO DE BELLIS, ANTONELLA RICCI,
ANDREA ALFIERI, MARCO DAVI, ILARIO VINCIGUERRA, ROSANNA MARZIALE, ANDREA APREA,
FRANCESCO SPOSITO, MARCELLO LEONI, GIUSEPPE PALMIERI (SOMMELIER), E I RAGAZZI
DI MASTERCHEF. I GRANDI CHEF SI
MOBILITANO PER L’EMERGENZA EMILIA. IL RICAVATO VERRÀ INTERAMENTE DEVOLUTO ALLE
COMUNITÀ EMILIANE COLPITE DAL TERREMOTO
sabato 23 giugno 2012
Il libro dell’oppio di CATERINA DAVINIO, puntoacapo, Novi Ligure (Al), presso Universal Book, Rende, 2012. Intervento di Alessandra Peluso
«Agisci in modo da considerare l’umanità sia
nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come fine, e
mai come semplice mezzo». Crolla la massima dell’imperativo kantiano e il
sistema nella quale poggia la libertà, il rispetto, l’autonomia di se stessi
quando vince nella vita un altro tu devi, dunque puoi: drogarti. La droga, un
male che sovrasta la ragione umana: rifugio per alcuni, gioia per altri. Questo è il tema ne Il libro dell’oppio di
Caterina Davinio, artista, autrice e scrittrice di poesie che riguardano la sua
essenza ed esistenza. È insita in ogni trama l’eroina, ma non è sola,
s’intreccia con la vita, la morte, la natura, l’amore, la noia, la
solitudine. La raccolta narra le vicende
vissute da Davinio con le sue “cattive compagnie” dal 1971 al 1997, divorata,
accecata dalla droga. Senza dubbio, leggendo tali poesie non balza l’intenzione
di dare un giudizio o avere un pregiudizio, immersi dai versi bellissimi,
musicali, strutturati in modo magistrale. Pertanto, scevra da ogni
sovrastruttura e qualsivoglia ipocrisia, mi sono accostata allo studio attento
di versi sorprendentemente disarmanti, onirici, che narrano un dramma
tutt’altro che fantastico: tormento, logorio di psiche e corpo, spesso morte.
Emerge «l’insopprimibile / desiderio / di assomigliare / a Dio» (p. 16) e la
percezione appare «un mondo chiuso / una monade / incalzata / dal senso / di
irrealtà» (p. 23). Sono maledettamente poetici i versi: « [...] una ragazza
triste / che coglie una margherita / una foto ingiallita in un arco di fiori /
un debole sorriso, arrendevole / alla nostalgia del male / e vivere clandestina
nel mondo dei grandi. / E rimarrà triste / lei che coglie / una margherita in
città, tra le case, / aspettando un giovane sensibile / un principe dal cuore
gentile, / che si ubriachi con lei, / che faccia a pugni con lei». (p. 30). Si
scorge il disperato bisogno di avere qualcuno accanto, di condividere la
solitudine. Così come tetra è la
quotidianità che si cela nella poesia: «Mentre aspetto / la mia polvere sotto
il sole. / Gocciola stupita la canicola / e stupite vene hano fame. [...] ».
(p. 36); mentre i versi risplendono di luce, colori, suoni, poesia. Con sorpesa
si scorge l’amore, soffocato dal bisogno di procurarsi la droga e si
legge: «Nel tuo corpo / c’era tutto il
mondo / e a me piaceva / sentirmi piccola / tu mi trascinavi / con quel pizzico
di violenza per una strada / che non avrei voluto percorrere / ma seguivo i
tuoi passi / come un cane affettuoso / come cerchi di fumo / come un felice
riflesso / su quell’asfalto lucente / della città notturna! [...] ». (p. 43). A
tal punto, non posso non far riferimento a Baudelaire e in particolare, alle
parole che scrive su di lui Sartre: «Baudelaire non accetterà mai la felicità,
poichè essa è immorale. [...]. Baudelaire ha scelto di soffrire, il dolore,
dice, è la nobiltà». (J.-P.- SARTRE) E come non richiamare De Quincey, citato
non a caso anche dall’autrice, e le sue Confessioni di un mangiatore di oppio,
considerato uno dei capolavori della letteratura inglese della prima metà del
XIX secolo. Al centro della narrazione di De Quincey come di Davinio, vi è
l’oppio: idolo e demone. Eppur tuttavia, la poetessa non segue lo stesso
intento dei letterati Charles Baudelaire e Thomas De Quincey; mentre, infatti,
costoro inneggiano all’oppio come sostanza benefica, vivificatrice, che acuisce
le potenzialità del genio, stimola al sogno, suscita immagini fantastiche, che
la utilizzano per scrivere, non è così, ahimè, per Caterina Davinio che non sa
di usarla, si lascia usare e dominare e sottomettere al suo potere. «Sì. / Ti
dico di sì. / Fino all’ultimo stadio del male / delizioso». Una volta libera da questo demone perverso,
adotta il linguaggio poetico per raccontare l’esperienza della droga con
distacco senza moralismi, con sottile ironia, lanciando un messaggio ad ogni
lettore chiaro e forte, che scaturisce dall’intera raccolta di poesie: “la vita
è degna di essere vissuta in qualsiasi modo lo si voglia, ma vissuta e aver la
possibilità un giorno di raccontarla a qualcuno, o magari scriverla”. È un inno alla vita paradossalmente questo
libro che in un primo istante può sembrare doloroso e drammatico. Davinio ha creduto di essere felice, di
vivere in compagnia della sua droga - compagno fedele - che non l’abbandona
finchè non sarà Caterina a deciderlo. E
si leggono i versi ritmati, che incalzano seguendo il loro metronomo: «Nubi
dove le lame / ipodermiche / dell’infinito / affondano / nella pelle /
addolorata / e grata. / [...] / luminosa / notazione, / segnatura. / (Lunga
discesa) / Droga secreta / nei labirinti / della ragione». (p. 65). Così come
«Rumore secco / di una porta / che si chiude. / Cade la pioggia / ticchettìo /
tintinnìo / scroscìo, / finché / l’orchestra / del quotidiano / la afferra / di
nuovo». (p.82). Così concludo con i
versi: «Ho in cuore / tutto il male / di un capitolo chiuso / di un universo da
dimenticare / ho in cuore / il male / di un pomeriggio di alcool e di noia / e
avido di morte / come solo sanno darla / l’alcool e la noia. [...]» e in un
“abisso senza fari e senza sponde” «Tremai / Incominciai a dire: / “Padre
nostro che sei nei cieli” ... / e gatto mi rispose / - che sei nei cieli, che
sei nei cieli - / le pupille verdi, / le sue pupille verdi / erano una foresta
di fantasmi». (p. 131). Ad un passo dalla fine la poesia sembra l’unica
espressione, l’unico mezzo in grado di organizzare e dare una forma credibile
ai fantasmi edenici dell’uomo (C. BAUDELAIRE, I paradisi artificiali). La
poesia come forma sublime della vita straripa come un fiume in piena da una
non-vita, ricordo oramai di un tempo lontano.
In copertina: Caterina Davinio, elaborazione
digitale su un autoritratto fotografico del 1979
venerdì 22 giugno 2012
Marito è moglie di Régis de Sá Moreira (Aisara)
Uno scrittore in crisi creativa e un’affermata agente
letteraria sono sull’orlo della separazione quando una mattina si ritrovano a
farsi la guerra l’uno nel corpo dell’altra. Con leggerezza e un pizzico
d’ironia, Régis de Sá Moreira affronta questa volta il problema
dell’incomunicabilità e dell’incomprensione tra uomini e donne. In Francia è in
uscita il film tratto da questo libro.
“In piedi, davanti allo specchio del vostro armadio, provi
uno a uno i vestiti di tua moglie e finisci per infilarti una minigonna in
pelle e degli stivali di leopardo. Ti guardi affascinato e ti chiedi perché non
si vesta mai in questo modo. Tua moglie ti guarda e ti chiede se conti davvero
di uscire così. Le chiedi perché no. Ti dici che sembra gelosa. Ti dice che
sembri una puttana. Le fai notare che non sei stato tu a comprare quella
minigonna e quegli stivali. E lei ti ricorda che era per una serata in
maschera.”
Régis de Sá Moreira è nato nel 1973 nella periferia parigina
da padre brasiliano e madre francese. Autore di vari romanzi, ha riscosso un
ottimo successo di pubblico e di critica, ottenendo nel 2002 il premio Le Livre
Élu.
giovedì 21 giugno 2012
Il secondo bene. Saggio sul compito terreno dei mortali di Flavio Ermini (Moretti & Vitali). Intervento di Nunzio Festa
Il poeta e saggista veronese Flavio Ermini con “Il secondo
bene” scompone e ricompone la
Morte, fa a quadratini l'oltre dell'oltre-esistenza, senza
affanno, si libera dal dovere di santificare quel moto che dovrebbe riempire il
tempo libero di sufficienza e insufficienza utile allo svago. Perché entra nei
fondali della materia. S'affaccia alla morte: leggendola.
Dopo aver avuto tra le mani questo “Saggio sul compito
terreno dei mortali”, stranamente, c'accorgiamo d'esser in lieta e perfetta
sintonia col lancio promoziona dell'opera letteraria: “Impossibile avere esperienza della morte,
che sarebbe il compimento dell'esperienza umana, che si compie appunto quando
non è più possibile esperire. Forse, per averne una sorta di figura, dobbiamo
cercare altrove, forse in questi frammenti di morte che sperimentiamo per
esempio quando siamo esiliati sul confine tra la veglia e il sonno. I pensieri
si slabbrano, sembrano uscire da noi in lembi, che scivolano in una buia
palude, o in lancinanti frammenti, in schegge che feriscono la coscienza fino
ad annullarla in una sorta di malattia. Ci si aggrappa a un ricordo, e il ricordo
sfugge e ci si dimentica persino di aver per un attimo ricordato. Si cerca di
comporre la geografia di ciò che nel buio ci sta intorno, e tutto si confonde
in una sorta di agglomerato di sensazioni strane. Si invoca il sonno che
sprofondi il tutto, e nello stesso tempo in cui lo si invoca sentiamo che si
casca nel sonno, si sprofonda appunto in esso, come in un abisso”. Ché così
l'autore descrive “la condizione umana”.
Questo d'Ermini è un viaggio, altamente problematico in
quanto noi sempre o quasi problematici, nelle terre di mezzo della vita. Siamo
certi che non è il dato anagrafico del poeta, a fare la differenza; quanto,
invece, la sua volontà di servire – e servirsi (non di meno) – incessantemente
delle logiche degli esseri umani messi fra velocità e insussistenza.
Flavio Ermini, poeta e saggista, è nato a Verona nel '47.
Dirige la rivista di ricerca letteraria Anterem, fondata nel '76 insieme a
Silvano Martini, ed è nel comitato scientifico della rivista internazionale di
poesia Osiris e di quella di critica letteraria Testuale. E' tradotto in
diverse lingue. E lavora a progetti culturali di respiro mondiale. Tra i suoi
libri più recenti, “L'originaria contesa tra l'arco e la vita, (Moretti &
Vitali, 2009), con il quale ha vinto il Feronia – Città di Fiano nell'anno
2010.
mercoledì 20 giugno 2012
La conca del tempo, di Elio Lanteri. Prefazione di Bruno Quaranta. Postfazione di Marino Magliani (Transeuropa). Intervento di Nunzio Festa
Gli intellettuali appartati esistono ancora. Ma uno dei
maggiori è scomparso nel 2010, e si chiamava Elio Lanteri. Scrittore di suo,
potremmo dire, oltre che grande lettore per esempio di Char e Lorca, Lanteri
nel suo ora postumo "La conca del tempo" ci spiega, tramite sempre
Damìn, il Ponente ligure che s'affaccia negli occhi dei fenicotteri, nelle
orecchie del macaone, nella solidità liquida del Calvados - sempre e ovunque
amico presente. Persone nel paesaggio. E, meglio, un paesaggio di persone;
oltre che descrizioni personalizzate, persino. Il lirismo di questa breve e
flautata opera letteraria, inoltre, s'assume il compito di scoprire che la
natura si vince con la natura: il mistero dell'acqua non può che esser salutato
da quattro giovani lavoranti e invaghiti di Liguria e Marsiglia. Dal fine
settembre che riaccoglie i fenicotteri, alle chiacchierate d'un Bellagioia e d'una
Rosy. Il mistero più grande, però, sta nella memoria: nel ricordo per
l'esattezza. Perché Lanteri fa scorrere l'acqua dolce dell'infanzia che si fa
futuro insieme a piccoli progretti di vita e discorsi ancor più piccoli ma
evidentemente superiori alla monotonia monologante del nulla di vagheggiamenti
contro-natura. Vedrete, come dire, non ridurre o ridursi tutto e il tutto alla
passione per il calcio e similari. La commossa e pure questa lirica assai
introduzione firmata da Quaranta, poi, che è impostata e strutturata all'esatto
contrario del contributo scritto del Magliani, afferma tutti gli altri concetti
di conterraneità e anti-sensazionalismo utili alla letteratuta di Lanteri.
Premio Biamonti, ricordiamo, all'anno della sua morte. E che scompare lasciando
l'altra magnificienza "La ballata della piccola piazza", pubblicato
sempre dai massesi di Transeuropa. I vari Rovelli, Vaccari eccetera che,
sostenuti proprio dallo scrittore Marino Magliani, e non lo diciamo per
puntiglio di 'tecnica' editoriale, hanno giustamente deciso di rimettere in
vita la scrittura spiritante e quasi fiabesca ma dannatamente perentoria coi
luoghi dell'Elio Lanteri accolto nella giusta e appropriata quanto adeguata al
testo "Narratori delle riserve". Mentre, diciamo, sarà un caso, è da
poco tornato in libreria il romanzo d'esordio di Celati "Comiche"
(Quodlibet).
martedì 19 giugno 2012
Sulla strada per Leobschütz di DANIELE SANTORO (La Vita Felice). Intervento di Alessandra Peluso
Sulla strada per Leobschütz di Daniele Santoro, docente e
critico letterario, si affronta adottando il linguaggio della poesia - “la casa
dell’essere” (M. HEIDEGGER) - un tema
drammatico della storia: i campi di concentramento e l’olocausto nel periodo
del nazismo. Di questi lunghi e tragici anni compresi tra le
due guerre mondiali, nessun uomo deve e può dimenticare. Come lo Zarathustra, Daniele Santoro
ripercorre quelle tappe servendosi di documenti, fonti cercate con lavoro
certosino e attento, animato da una volontà di potenza. Sembra infatti come se
volesse ad ogni modo imporre la sua forza, animosità di pensiero su ogni
lettore perchè ricordi il passato, ricordi parte della storia, nella quale a
causa di menti folli sono state compiute azioni disumane, che nulla hanno a che
fare con l’essere umano. Non si può dire che sia insolito scrivere in poesia la
storia, come appare azzardato banalizzare il modo di fare poesia oggi. Tuttavia molti hanno scritto e poetato sui
campi di sterminio, come Salvatore Quasimodo, o Primo Levi che nei suoi libri narra
la dura sopravvivenza di deportato ad Auschwitz nel 1944 e sopravvissuto
avverte il bisogno di scrivere e lasciare una testimonianza nei versi in cui
raccomanda e comanda nell’incipit di Se questo è un uomo: «Voi che siete sicuri
nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo [...]
scolpite nel cuore queste parole, ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia
la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi». Analogamente Santoro intende riportare all’attenzione
ogni lettore “se questa è una vita degna di essere vissuta”, una vita per la
quale Camus si chiederebbe “se ne vale la pena di vivere”, una vita senza
dignità che uomini, donne, bambini, anziani deportati, erano costretti a
subire. Leggiamo così nei versi: «voi
non sapete un uomo che significhi / sfinito, sfilare nudo a passo militare / il
piede congelato nel suo zoccolo di legno / malgrado la diarrea gli coli per le
cosce / ... / sfilare invece,
addirittura correre / quando sarà il tuo turno, non dimenticare / di togliersi
il berretto, non guardarlo in faccia». (p. 13). L’inequivocabile condizione di
disagio e di realtà conduce il lettore alla riflessione che oggi, se pur con
tante difficoltà, viviamo nel benessere e godiamo di molti benefici. Esiste
nella società occidentale la possibilità di scelta e di decisione secondo
volontà e ragione. Pertanto, il sorriso
e la felicità dovrebbe esternarsi in ognuno di noi solo perchè viviamo o per lo
meno la maggior parte dell’umanità vive in condizioni privilegiate. E ancora si legge: «dillo che sei un
filosofo, un intellettuale / e che sai a menadito Platone, Plotino, Porfirio /
e che hai insegnato ad Heidelberg, a Friburgo. / La tua chiara presenza al
campo ci lusinga / un corno, Professore, un fico secco / delle tue
irrefragabili elucubrazioni. / ... / più convincente qui dei tuoi filosofami è
il nerbo / di bue che stringe l’SS nelle mani / e il logos fa tremare, il nous,
il nomos / e manda la tua metafisica a riposo». (p.19). Nessuna parola avrebbe
senso in questo momento, significato, come direbbe Wittgenstein “ci sono delle
cose sulle quali è meglio tacere”. Inspiegabili questi versi, toccano il
profondo, scuotono l’animo umano e rinsaviscono persino i sensi perchè mai
niente di tutto questo sia rimosso e dimenticato.
«Là dove c’è il recinto
(il campo della morte - per intenderci) / pali per le fustigazioni non esistono
/ e nel piazzale non si fanno appelli / la ragione - diciamocelo è semplice: /
la minima infrazione e sei fregato / sul posto ti fucilano, ti bruciano sulla /
graticola - due volte non ci pensano, / mio caro». (p. 45). Appare lo stesso
stile descrittivo, lineare, chiaro, di Salvatore Quasimodo che scrive: «Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: “Il lavoro vi renderà liberi” uscì continuo il fumo di migliaia di donne
spinte fuori all’alba dai canili contro il muro del tiro a segno o soffocate
urlando misericordia all’acqua con la bocca di scheletro sotto le doccie a
gas».
È paralizzante lo
scenario che appare alla nostra vista, leggendo infatti questi versi si ha
l’impressione di vedere, vivere tali scene orribilanti che non hanno nulla da
condividere con la ragione. Qui peraltro è assurdo e inconcepibile identificare
realtà e ragione, non si può ammettere il panlogismo hegeliano: qui non si
scorge nulla che sia razionale, niente che sia frutto di una ragione.
Così si leggono i
bellissimi versi: «Calma / la sua preghiera a sera, viva fiamma / illuminava il
cuore / e lo stringeva forte. / Peccato che durasse poco lo stupore / se dalla
branda il tonfo della morte...». (p. 30). La morte, condizione condivisa anche
dai bambini che «avevano i piedi congelati/ e sotto le percosse delle guardie /
le mamme si inchinavano a staccarglieli da terra / ... / poi insieme entravano
tenendosi per mano». ( p. 38).
Daniele Santoro
nell’ultima parte del libro intitolata “Principio e fine” continua la
descrizione della misera quotidianità nei campi di sterminio a Leobschütz, una
città polacca poco distante dal confine con la Repubblica Ceca,
chiamata in questo modo dai tedeschi. Pertanto, nelle poesie conclusive si
assapora la libertà, una “libertà ch’è sì cara” e si leggono dei versi
commoventi: «straniero amico compagno di questa sciagura senza senso / è qui
che si separano le nostre strade. Addio. [...] di Te che non conosco nome,
nazionalità so quanto basta / so la parola dello sguardo milleniaria antica
nella sofferenza / e so la breve intensa gioia, l’incanto che si prova se a
rapirci, / se a liberarci dall’angoscia è una giusta una misura di stupore, /
una bellezza che dia senso, amico, come quella sera/ che puntavamo al cielo gli
occhi e ci sorprese / il pieno delle stelle immenso il firmamento» (p. 54).
Colmi di pathos i
versi: la gioia provata alla vista delle stelle, dopo tanta sofferenza. Questo
vuole insegnarci Santoro ad apprezzare la natura, le cose semplici, pure, che
gratificano l’animo, danno gioia e appaiono importanti quando e solo quando si
è potuto assaporare il valore inestimabile della libertà.
lunedì 18 giugno 2012
In libreria SCIROCCHI BAROCCHI RACCONTI MERIDIANI DI AMORE E RANCORE di GIUSEPPE RESTA e con la prefazione di Livio Romano (KURUMUNY)
Bozzetti, istantanee, schizzi, novelle, documentari, registrazioni e
cartoline non illustrate provenienti dal profondo sud-est della penisola. Un
viaggio nel presente e nel recente passato, tra personaggi e interpreti del
Salento di ieri e di oggi. I racconti, alternandosi tra commedia e tragedia, si
sviluppano intorno a quella pulitica
intesa dai vecchi salentini come dignità civica, come rigore etico,
presentabilità sociale. Un ritratto ironicamente impietoso, e senza
infingimenti, su di una realtà sociologica sciroccata. Da un rapporto d’amore
contrastato con questa terra, la riflessione su come eravamo e come siamo diventati,
così da ripartire per migliorarci.
I racconti, molto diversi tra loro ma accomunati da un irrefrenabile spirito
savonaroliano sono scritti in una lingua sincera, potente e sfrenata che è
anche cifra stilistica che pervade l’intero volume. Resta mette in scena
frammenti di realtà paesana, attuali e antichi, appunti di viaggio, notarelle
nostalgiche sulla propria e altrui esistenza: costantemente animato
dall’indignazione, animata da un forte sentimento etico-politico ma anche dal
rimpianto per valori antichi che sembrano essere stati spazzati via dalla
massificazione prima, dalla globalizzazione poi. In molti dei pezzi di questo
collage, risuonano parole come “onore”, e si avverte, inconfondibile, una
basilare scelta di campo che è quella di raccontare le storie degli uomini dal
punto di vista della storia della lotta fra le classi. Ed è così che scorrono
istantanee di vita giovanile degli anni Settanta, scritte con lingua mimetica e
contaminatissima, e pagine di minuziosi ricordi d’infanzia in cui la personale
madeleine dell’autore si incarna nella sessula, sorta di paletta per
raccogliere i legumi da un sacco di juta. Gente che si arricchisce, gente che
fallisce miseramente, donne virtuose e donne sfrontate, figli che crescono “con
pane e senza pane” e monumenti zurighesi all’emigrante e resoconti di vita
quotidiana che devono tutto alla propagazione orale e, per questo, via via più
contraffatta. In un quadro d’insieme in cui la fiducia per il futuro è assai
tenue: come scrive Resta, nel dialetto salentino non esiste il tempo futuro, ma
siamo pieni zeppi di passati remoti, c’è ancora spazio per l’incanto dorato di
un bagno purificatore in questo nostro mare amato non meno che deturpato di
Così cambia la vita.
GLI OROLOGI DEL PAESE DI ZAULù di Carla Saracino (Lupo editore)
Nel paese di Zaulù gli orologi improvvisamente smettono di
funzionare: è l'occasione per entrare in un mondo antico abitato da creature
curiose che hanno il coraggio nel cuore, la sfida dell'impossibile nelle vene,
la promessa della bellezza sugli occhi. Dieci fiabe per dieci avventure che
passeggiano sulla corda dell'immaginazione: dal capriccioso Orologaio, un
orologiaio al contrario che invece d'aggiustar orologi li distrugge, a Benblù,
eroe per caso chiamato a salvare l'amore di una caraffa ballerina, passando per
ombrellai, ginepri parlanti, mercanti, Re e Principesse, fabbricanti di
Destini, fornai scalzi, fantasmi di vescovi e impavide ragazze. Sullo sfondo
luoghi riposti nelle scatole degli incantesimi, sopravvissuti alle eccedenze
della modernità, scenari di grandi sentimenti ma anche di minuscoli dettagli in
grado di trasformare la morte in vita e la vita in un sogno perfetto. Un libro
di cartone che può essere letto tanto dai bambini quanto dagli adulti e che
invita a riflettere sulle responsabilità della parola e dei suoi poteri
visionari.
Carla Saracino - Nasce nel 1980 a Maruggio (Taranto).
Autrice in versi, ha pubblicato I milioni di luoghi (Lietocolle, 2007, Premio
Saba Opera Prima). Sue poesie sono apparse su Nuovi Argomenti (Mondadori),
Specchio di La Stampa,
l’immaginazione (Manni), Tabula rasa (Besa) e su varie antologie, tra cui
quella curata da Giuseppe Goffredo, Poeti Circus (poiesis). Ha partecipato a
diverse rassegne e letture di poesia, in particolare a quelle del teatro Out
Off e a quelle della Casa della Poesia di Milano. Nel febbraio 2009 è uscito il
suo libro di fiabe “14 fiabe ai 4 venti” (Lupo editore). E’ stata finalista al
Premio Cetonaverde Poesia. Insegna Lettere a Milano.
domenica 17 giugno 2012
IL PASSO DELLA NOTTE DI ELIO RIA (LUPO EDITORE)
La notte mesce il vino della poesia»: inebriante e
carezzevole. Privilegiato luogo della poesia, essa si lascia interrogare dai
poeti, apre con loro un colloquio, ne accoglie ansie e trasalimenti, accorda il
suo al loro canto. L’intesa tra i poeti e la notte è profonda esaltante. Anche
nello svelare gli inganni della vita e della società in cui siamo immersi.» (Luigi Scorrano)
Elio Ria è nato Tuglie (Lecce) nel 1958. Ha
conseguito la maturità tecnica nel 1997.
È iscritto alla facoltà di Filosofia dell'Università del Salento.
Ha collaborato con la redazione del sito web "la
Mente e il Cuore". Conduce la trasmissione radiofonica Tuttolibri su
Radio Studio 104.
Cura la rubrica di approfondimento letterario sul
proprio sito (www.elioria.com)
"La lente di Elio".
Ha pubblicato: La mia solitudine (2007), La
maledizione del tempo (2008), Altri versi (2009), solosette
(2011).
In libreria dal 21 giugno 2012 L’ermellino di porpora di Pierre Borromée. Traduzione di Valentina Pasquali (Time Crime – Fanucci)
L’ermellino di porpora, opera prima, è stato coronato dal
Prix du Quai des Orfèvres 2012. L’autore scrive sotto pseudonimo, ed è un
avvocato di quarant’anni che vive e lavora nella provincia francese. La
scrittura misurata e solida, l’accurato ritratto di una provincia che amplifica
e inasprisce inimicizie e frustrazioni, la caustica ricostruzione dei rapporti di
potere che oppongono autorità giudiziaria e forze dell’ordine e un intrigo che
sfida il lettore ad ogni svolta investigativa candidano l’esordio di Pierre
Borromée a divenire un classico del noir francese contemporaneo.
Villecomte, Borgogna. Il cadavere di una giovane donna,
Juliette Robin, affonda tra le lenzuola insanguinate del proprio letto: il
ventre è stato squarciato, decine di colpi di martello le sono stati inflitti
sul viso. I sospetti cadono inizialmente sul marito, Pierre Robin, un avvocato piuttosto
rinomato nella regione. C’è un elemento inspiegabile che aggrava la posizione
dell’uomo: incredibilmente, dopo cinque anni di matrimonio, la vittima era
ancora vergine. Polizia e tribunale sono costretti a collaborare, in un
ginepraio di scontri e veleni, per tentare di scoprire il colpevole. Il
procuratore incarica dell’inchiesta il commissario Baudry, un poliziotto
all’antica, ruvido e scaltro, che inizia a indagare nella vita della coppia. Le
piste, nel frattempo, si moltiplicano: sette anni prima è stato compiuto un
altro terribile omicidio, il cadavere mutilato di una quindicenne è stato
ritrovato nei pressi di un paese vicino. I due crimini portano forse la stessa
firma, e l’assassino potrebbe colpire di nuovo…
Pierre Borromée è lo pseudonimo di un avvocato quarantenne
che vive e lavora nella provincia francese.
L’ermellino di porpora, opera prima, è stato coronato dal prestigioso
Prix du Quai des Orfèvres 2012, la cui giuria, presieduta da Christian Flaesch,
direttore della polizia giudiziaria della prefettura di Parigi, è composta da poliziotti, magistrati e
giornalisti.
«Mi hanno chiesto come abbia fatto a descrivere con tale
esattezza e realismo l’ambiente giudiziario. Semplice : è un ambiente che
conosco dall’interno. Quello che racconto è un mondo con il quale mi confronto
e mi scontro ogni giorno.» Pierre Borromée.
sabato 16 giugno 2012
In libreria dal 21 giugno 2012 La casa sul fiume di Penny Hancock. Traduzione di Elena De Giorgi (Time Crime – Fanucci)
Esordio noir teso e denso, forte di una bellissima
contestualizzazione in cui l’acqua, il fiume, le correnti sono così presenti da
condividere con Sonia a Jez il ruolo di protagonista. La storia, narrata in
prima persona da Sonia, la protagonista, fa sì che il lettore viva dall’interno
i dissidi, le contraddizioni, i sogni, i ricordi di questa donna che, nella sua
follia, è così disperatamente “normale”, così simile alla moltitudine di mogli
e madri sospese tra la quotidianità di un’esistenza apparentemente senza
scossoni e gli urti di una frustrazione sempre latente che qui, d’un tratto,
diventa tanto urgente da cancellare ogni cosa, famiglia, affetti, equilibrio
mentale. Di più: il contesto più ampio che ruota intorno alla protagonista è
una camera d’echi di tutto quello che sostanzia, da sempre, il dolore
“clandestino” delle donne: un dolore fatto di tutto e niente, di vite spese in
riti sempre uguali, di incomunicabilità mai risolte affogate in piccole e
grandi sbornie solitarie, di figli e mariti e amici sempre presenti e mai realmente
conosciuti.
Greenwich, Londra. In un freddo pomeriggio di febbraio
Sonia, 43 anni, apre la porta di casa (una vecchia, splendida magione che si
affaccia sul Tamigi e che lei ama definire, da sempre, “the River House”) e
lasciando entrare Jez, 15 anni, amico del figlio e nipote di una sua cara amica. Il ragazzo
viene per un motivo qualsiasi (vorrebbe vedere un raro disco di vinile del
marito di Sonia, Greg, che al momento non è in casa), ha intenzione di restare
in casa una mezzora o poco più. Non ne
uscirà più. Con una progressione
geometrica, un passo dopo l’altro, senza che ci sia nulla di prestabilito,
Sonia inizia a far sì che il momento in cui il ragazzo lascerà the River House
venga via via rimandato: inizialmente è una piccola sbornia innocente che si
prendono insieme, poi diverrà una pratica quotidiana fatta di sonniferi sciolti
nelle bevande, di una lunga reclusione nel garage (evidentemente, semi
abbandonato) nel cortile antistante, di legacci che tengono Jez stretto alla
spalliera del letto. Il ragazzo non sa
cosa pensare: Sonia nutre per lui un’attrazione fisica che è ha una forte
componente materna; sostiene di volerlo proteggere, lo coccola, lo nutre con
delizie sempre nuove, continua ad affermare che presto lo lascerà andare, che
il tutto è una specie di gioco a termine. Il ragazzo non ha tuttavia alcuna
voglia di partecipare: ma non ha scelta, Sonia ha fatto sparire il suo
cellulare, lui non ha modo di contattare nessuno, quando il marito e il figlio
della donna sono in casa si ritrova recluso nel freddo e nel buio del garage.
Si ammala, rischia di morire; poi,
grazie alle amorevoli (ma ossessive, asfissianti) cure della protagonista, il
suo stato di salute migliorerà. Nel
frattempo, le indagini sulla scomparsa del ragazza si serrano in cerchio
intorno alla River House: ma sarà Helen, la zia di Jez, la sola a pagare per
una verità che la donna non ha ancora messo a fuoco. Un giorno va a trovare
Sonia e trova una t-shirt del ragazzo, realizza cosa sta accadendo, e paga con
la vita. Sonia uccide Helen, e ne fa scomparire il corpo tra le gelide correnti
del fiume (un fiume che conosce bene, che è stato il leitmotiv della sua
infanzia lì, in quella casa che si affaccia sull’argine); ma le indagini
continuano, il cerchio si fa ancora più serrato.
Il finale è sorprendente: tutto lascerebbe pensare che il
ragazzo morirà o verrà liberato in tempo, tertium non datur: e invece Sonia lo
lascerà andare (dopo averne preso un calco in gesso, così da serbarne,
tangibilmente, la memoria), e si consegnerà
poi al suo destino, le accuse, l’arresto, la detenzione in un istituto
psichiatrico. Penny Hancock, logopedista in una scuola elementare di Londra,
vive a Cambridge con il marito e i tre figli. La casa sul fiume, suo romanzo
d’esordio, verrà tradotto in dieci paesi; i diritti cinematografici e
televisivi sono stati acquisiti dalla Festival Films.
«La sola cosa che conta, la sola cosa che vale la pena
raccontare, è l’interiorità dei personaggi, cosa accade sotto la superficie.
Scrivere è un’immersione nel profondo: niente di più e niente di meno.» (Penny
Hancock)
venerdì 15 giugno 2012
In libreria dal 21 giugno 2012 La trilogia nera di Dave Zeltserman. Traduzione di Marta Dilani (TimeCrime – Fanucci)
Una trilogia di hardboiled brutali e irriverenti per tre
scalcagnati, indimenticabili antieroi: Zeltserman si è guadagnato, di diritto,
un posto d’onore nel sanguinoso Pantheon del crime.
Contea di Bradley,
Vermont. L’ex poliziotto Joe Denton ha appena finito di scontare sette
anni per il tentato omicidio del procuratore distrettuale. Si illude di aver
chiuso con il passato, con la violenza, la droga e le scommesse: ma un crimine
di quel genere è impossibile da dimenticare.
Kyle Nevin è invece un “bravo
ragazzo”, gestisce gli affari nei
quartieri a sud di Boston. Ammazza solo se costretto, non pesta i piedi a
nessuno: eppure Red Mahoney, il suo boss, lo vende all’FBI. Quando Nevin esce di galera ha quindi una
sola cosa in mente: fare a pezzi Red. Per racimolare qualche dollaro organizza
un rapimento, ma niente va come dovrebbe…
Nè la fortuna sorride
a Leonard March, sgherro “storico” del mafioso Sal Lombard. Quando dopo quattordici anni le
porte del carcere gli si aprono davanti,
per mettere insieme due pasti caldi al giorno si ritrova a pulire gabinetti.
Non sarebbe poi così male, per uno che ha sessantadue anni e ventotto omicidi sulla coscienza: ma si ci si può reinventare una vita
“normale” quando là fuori tutti vogliono la tua testa?
Dave Zeltserman è nato a Boston nel 1959. Laureato in
matematica, ha lavorato per venticinque anni nello sviluppo di software per
grandi aziende di comunicazione. Nel 2004, in seguito alla pubblicazione del suo
primo romanzo, Fast Lane, ha deciso di dedicarsi alla crime fiction e alla
pratica del kung fu. Per Fanucci Editore ha pubblicato Piccoli crimini (2010),
con cui si apre la pluripremiata trilogia del “bastardo uscito di prigione” di
cui La vera storia di Kyle Nevin
costituisce il secondo volume e Killer il terzo.
«Ho deciso di raccontare le imprese dei miei “bastardi
usciti di prigione” in prima persona perché sono tutti e tre totalmente
inaffidabili. Se non li avessi fatti parlare con la propria voce ci avrebbero
raccontato solo un mucchio di balle.» (Dave Zeltserman)
IN LIBRERIA: “Angeli dimenticati” (Youcanprint) di Nicola Capecchi
Un
terribile incidente ferroviario. La
Freccia del Nord A 407 proveniente da Setterville e diretto a
Blow City, precipita per cause misteriose in un canyon. Muoiono circa 300
persone. Poco distante dal luogo dell’incidente si trova una piccola cittadina,
Busyville, dove il Tempo pare si sia fermato chissà da quanto. Marc Rosendale,
avvocato in carriera sull’orlo di un forte esaurimento nervoso, torna dopo più
di trent’anni a Busyville dalla sua famiglia, un po’ per ritrovare se stesso,
un po’ per nostalgia. Qui nulla sembra essere cambiato, ma circolano voci, a
causa di una serie di suicidi inspiegabili, che quella città sia un posto
maledetto. Solo voci? Marc intende andare a fondo sulla questione, e quello che
scoprirà andrà oltre i limiti dell’umana comprensione…
“Marc,
su consiglio del proprio psichiatra, si concede una vacanza dal lavoro per
riposarsi. Egli sceglie di tornare al suo paese natale per rivedere i suoi
genitori, che non vede da trenta lunghi anni. Busyville è una piccola città con
pochissimi abitanti, rimasta ferma a trenta anni prima, chiusa al mondo esterno
progredito, per vivere in una voluta e ostinata vecchia cultura. Una cittadina
di gente per bene e caratterizzata da una grande tranquillità. Ma ben presto
Marc si renderà conto che si tratta di una tranquillità del tutto apparente,
quando in città cominceranno a verificarsi strani fenomeni, nei quali si
troverà personalmente coinvolto. Quali misteri si nascondono all’interno di
questa apparentemente tranquilla cittadina? Cosa troverà Marc indagando su
quanto sta accadendo?
Marc
troverà anche l’amore in città, un amore bellissimo, forte e puro, un amore che
andrà oltre ogni difficoltà, un amore che andrà oltre la morte.”
“Angeli
Dimenticati” (Youcanprint) di Nicola Capecchi, Narrativa, pag. 212, ISBN:
9788866185482
giovedì 14 giugno 2012
“Ricci i tuoi capelli, arie e canti popolari di Cannole” edito da Kurumuny a Cannole
Sabato 16 giugno 2012 alle ore
20,30 presso la Pro Loco
di Cannole (Le) in via Cesare Battisti ci sarà la presentazione del booklet con
doppio cd “Ricci i tuoi capelli, arie e
canti popolari di Cannole” edito da Kurumuny con contributi critici di LUIGI
CHIRIATTI, CIRO DE ROSA, SALVATORE ESPOSITO, RAFFAELE CRISTIAN PALANO, ADRIANA
BENEDETTA PETRACHI. È previsto il saluto del sindaco Adriana Benedetta Petrachi
e a seguire gli interventi di Luigi Chiriatti; Salvatore Esposito; Raffaele
Cristian Palano. Al termine del dibattito ci sarà l’intervento-performance
musicale a cura delle cantrici di Cannole.
“Ricci i tuoi capelli – Arie e
canti popolari di Cannole” aggiunge un ulteriore tassello nel percorso di
ricerca musicale al quale la casa editrice salentina Kurumuny, con assiduità,
dedica parte del suo ricco catalogo; basti pensare ad uscite recenti come
“Corimondo”, “Canti e suoni della tradizione di Carpino”, “Uccio Aloisi il
Canto della Terra”, “Uccio Bandello la
Voce della Tradizione”, dove la formula del booklet+cd
reinventa la trasmissione della tradizione.
“Ricci i tuoi capelli” dà voce a
un canto tutto al femminile. La maggior parte del repertorio presente in questo
lavoro è rappresentato dai canti diffusi in tutta la Penisola e questo
elemento conferma, ancora una volta, come la poesia popolare e la sua musica, che
toccano corde del sentire comune, sono conosciute ovunque, appartengono a tutti
e suscitano uguali sentimenti anche se il “modo” di esecuzione assume
caratteristiche diverse e le fanno appartenere al luogo e al tempo in cui
vengono eseguiti. Al centro dell’indagine che ha dato vita a questa
pubblicazione è la voce che è corporeità, spessore, timbro, calore
comunicativo, e che si fa mezzo per riannodare i fili della memoria, per
narrare, testimoniare. I canti a sole voci di questa raccolta possiedono una
marcata valenza emozionale: sono storie più o meno conosciute, che raccontano
dell’amore, della fatica del lavoro, delle relazioni sociali, della
quotidianità, dell’emigrazione, della lontananza.
Il cantare di queste donne è
giocoso e nudo, senza orpelli e senza palchi e riflettori, un cantare distante
dai codici spettacolari che è il segno di quanto l’analisi della pluralità
sonora salentina non possa darsi del tutto completata e riveli ancora tesori,
al di là del mare, sole, mieru (vino) e pizzica, giustamente celebrati, ma più
spesso spacciati e consumati con superficialità. Il volume è corredato da due
Cd che contengono un’antologia di brani scelti, per un totale di 42 tracce
Il Cd “Ricci i tuoi capelli, arie e canti popolari di Cannole” è
promosso con il sostegno di PUGLIA SOUNDS - PO FESR PUGLIA 2007/2013 ASSE IV”
ed è patrocinato dalla Provincia di Lecce, dall’Istituto Diego Carpitella e dal
Comune di Cannole.
mercoledì 13 giugno 2012
Nasce l'Osservatorio Italiano sull'Editoria Digitale
Teseo Research, Istitutuo di
ricerca specializzato in Indagini e Consulenze di tipo qualitativo e
quantitativo applicate allo studio della evoluzione socio-culturale dei target,
in partnership con Youcanprint.it, uno dei più importanti self-publishing
italiani, è felice di annunciare il lancio di un'indagine sul mondo
dell'Editoria digitale. Obiettivo della ricerca è mettere in atto un
osservatorio permanente sull'editoria digitale che, con cadenza trimestrale,
restituisca il punto di vista dell'utente sui temi fondamentali implicati nel
fenomeno; in particolare, vengono indagati:
- La soddisfazione percepita
dall'utente riguardo alla sua esperienza con i libri in formato elettronico
- L'elasticità del prezzo: costo
dell'eBook rispetto ai libri tradizionali, soglie di accettabilità, prezzo
ottimale dal punto di vista dell'utente.
- La qualità percepita per quanto
riguarda le principali librerie online
- Vantaggi e limiti legati
all'utilizzo di un device specifico (eBook reader, tablet, PC)
Il questionario richiede
all'incirca 10 minuti. Tutte le opinioni saranno trattate in forma anonima e
contribuiranno a sviluppare un osservatorio peramente su questi temi.
Per poter partecipare alla
ricerca e compilare il questionario clicca qui. (http://teseoresearch.osservatorio-ebook.sgizmo.com/s3)
Per avere maggiori informazioni
sulla ricerca e il progetto scrivere a ufficiostampa@youcaprint.it .
Per avere maggiori informazioni
su Teseo Search, visita il loro sito http://www.teseo-research.it/
Iscriviti a:
Post (Atom)