“Quando per vecchiaia se ne
saranno andati anche gli ultimi cantatori, pastori e contadini nati negli anni ʻ20,
non ci sarà più modo di poter ascoltare dal vivo la musica di tradizione di
Carpino, e di capire di chi siamo figli, e da dove proveniamo”. Con queste
considerazioni che danno la misura del lavoro di ricerca condotto, Pio Gravina
e Enrico Noviello aprono il loro lavoro Canti e suoni della tradizione di
Carpino, composto da due Cd audio e da un libretto allegato, una sorta di guida
all’ascolto con i testi dei canti eseguiti, le note dei due curatori e le
traduzioni dei canti stessi. Proprio per cercare di salvare dall’oblio un
patrimonio straordinario, un vero e proprio giacimento di memorie e di suoni
antichi, Gravina e Noviello hanno deciso di intraprendere la stessa strada che
prima di loro hanno percorso grandi ricercatori come Alan Lomax, Diego
Carpitella e Roberto Leydi. Per due anni Noviello e Gravina hanno frequentato
gli ultimi esponenti della tradizione carpinese, accompagnandoli con la
chitarra battente e quella francese (quella classica) nei sonetti eseguiti nei
tre modi tradizionali, alla montanara, alla viestesana, alla rodiana e
documentando questi incontri. Una selezione dei materiali sonori provenienti da
questa ricerca, scelti in base al valore documentario, alla qualità delle
performances vocali, e al fatto di contenere strofe e modalità esecutive di
particolare interesse o in qualche modo diverse da quelle finora conosciute,
compone il primo Cd della raccolta. Il secondo invece contiene una serie di
canti provenienti dalle ricerche storiche, a partire da una rodiana sporca
registrata nel 1966 da Roberto Leydi e Diego Carpitella dalla viva voce di
Antonio Di Cosmo, detto Marèssë, passando per alcuni brani registrati da Ettore
De Carolis nel 1967, per arrivare ad altri brani registrati nel corso di alcune
sessioni informali degli anni ʻ80 e a esibizioni più recenti dei componenti dei
Cantori di Carpino, tra cui spicca una notevole ninna nanna eseguita da Antonio
Piccininno, l’ultimo componente anziano del gruppo rimasto ancora in attività.
Dall’ascolto di questa affascinante sequenza musicale, che nelle intenzioni dei
due ricercatori “vuole restituire un’idea complessiva di uno dei corpus
musicali della tradizione agricolo pastorale più interessanti di tutta Italia”,
si rimane colpiti dalla complessità e dal virtuosismo delle tecniche
strumentali e vocali elaborate nel centro della Capitanata e dall’estrema
raffinatezza e varietà delle soluzioni poetiche, finalizzate in gran parte allo
svolgimento delle serenate.
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