Con una prosa chirurgica ma lirica e avvolgente, Álvarez ci regala
un grande romanzo d'esordio, che racconta Cuba con il passo di un
classico, come non l'abbiamo mai vista.
Questa è la storia di
una famiglia: c'è un figlio che non crede nella rivoluzione; c'è un
padre che si aggrappa a un sogno ormai sfumato, e cita Che Guevara ogni
volta che può; c'è una madre che cade, si ritrova a terra in preda alle
convulsioni, e vede la vita sfuggirle dalle mani; c'è una figlia che fa
di tutto per tirare avanti, anche se questo vuol dire cedere
all'inganno. Ci sono crepe dappertutto, dentro casa e dentro ognuno di
loro. C'è una Cuba polverosa, splendida e dolente. Sono quattro le voci
che si alternano con estrema naturalezza in questo romanzo, quattro
versioni di una stessa storia, una per ogni membro della famiglia.
Quattro storie che vanno apparentemente in direzioni diverse, pur
raccontando lo stesso percorso. Un'unità che si sfalda, quella della
famiglia, e fa da contr'altare all'unità del paese, al sogno per un
futuro migliore, alle promesse tanto attese e mai mantenute, comuni a
un'intera generazione.
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