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domenica 6 novembre 2011

Orient Express di John Dos Passos, traduzione di Maurizio Bartocci, con otto dipinti originali dell'autore (Donzelli). Intervento di Nunzio Festa






















Pubblicato per la prima volta nel 1927, “Orient Express” è il reportage artistico e onirico che John Dos Passos porta indietro dai Balcani, dalla Turchia, dal Caucaso e dal Medio Oriente. Un reportage allucinato che può esser datato 1921: anno di capovolgimenti totali delle regioni visitate dallo scrittore statunitense, che parte apprezzando la lentezza meridiana dei luoghi scelti; un attraversamento discreto, si potrebbe dire, che oggi finalmente è riproposto in italiano. Come si potrà capire dalle immagini che accompagnano le visitazioni, le stazioni di sosta e di ridiscesa l'autore è autore appassionato, dalla tempra disposta a incastrarsi nei pruriti politici e quindi civili, sociali e dunque infine epocali; più che attuale, per dire, rimane il guardare all'invenzione dell'Iraq. Ad abbozzi sempre e comunque artistici e spiritati. Ovviamente, come si capisce fin dalle primissime pagine dell'opera, il testo si fa immenso per la straordinaria e fiammeggiante forza evocativa della parola. Del tocco smaliziato di già, che fanno sentire questo Dos Passos appoggiato e quindi agganciato alle vette del lirismo. Orient Express, reportage di viaggio d'uno scrittore che poi diventa punto di riferimento della letteratura, è la trasposizione letteraria del dubbio che spinge l'autore nordamericano a entrare fuori dai limiti degli Usa: un interrogativo universale e intimo assai che permette di vivere la curiosità delle scoperte. Lo scrittore venticinquenne, che ha già scritto due romanzi a questo punto, si stupisce in ogni istante eppure ingrandisce lo stupore di chi legge con l'appropriazione delle immagini ascoltate. Con un percorso che va da Europa a Europa. Ovvero che prendendo le mosse dalla Francia si rimette in Spagna ma avendo registrato per esempio la Turchia, il Caucaso, Damasco e finanche il Marocco. Orient Express esce in traduzione italiana a novant'anni esatti dal viaggio. Insegnando a lettrici e lettori la bellezza del reportage che si nutre di sociale epperò allo stesso tempo non scade nel giornalismo d'attualità (che ovviamente potrebbe persino ammazzare il fine del libro). Perché a John Dos Passos interessa spiegare l'umanità. All'umanità. Sconfiggendo il passaggio dei tempi. Che lo scrittore vive la poesia meridiana. Cioè, diremmo noi innamorati di quest'elemento, affermando in pagina la lentezza orientale ferma in nero comportamenti e spigoli di luoghi e persone. Un'opera immensa e difficile per noi occidentali, accidentati dalle velocità. Eppur, forse, inspiegabilmente essenziale.


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