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venerdì 7 ottobre 2011

Omaggio a Piero Panesi - Scritti recensioni mostre 1990|2011 (Kurumuny). Segnalazione a cura di Gianluca Pasca




















Quando Piero Panesi muore, la sua terra e la sua epoca non ne vogliono sapere di lui. Eppure Piero non è veramente del suo tempo: è troppo giovane o troppo vecchio, come si preferisce. Questo libro, invece, vuole essere un omaggio a Piero Panesi, alla sua vita e alla sua arte baciata dal genio, che sconvolge le mode artistiche, passa sopra le convenzioni sociali e culturali. Un libro necessario, come lo definisce Sergio Torsello, uno dei due curatori insieme a Paolo Torsello, che raccoglie gli articoli più significativi apparsi sulla vicenda umana e artistica, nei ventuno anni trascorsi dalla morte, corredati da trentaquattro opere che segnano momenti salienti della produzione artistica di Panesi. Piero Panesi nasce ad Alessano (Le), il 29 giugno 1959. Fin dall’infanzia si nota una spiccata tendenza per l’arte figurativa, allievo poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze di Silvio Loffredo, Panesi mostra di essere riuscito in pochi anni ad acquistare la padronanza del disegno e del colore, della forma compositiva dei materiali usati. Il suo messaggio al mondo avveniva talvolta con pennellate violente ma la sua poesia, la dolcezza d’animo trasparivano nella maggior parte delle sue opere. Durante la sua breve esistenza, la sua opera pittorica è rimasta completamente sconosciuta, e la vastità del suo lavoro è stata scoperta soltanto dopo la sua morte. Dalla catalogazione generale delle opere dell’artista, avviata nel 2006 dall’Amministrazione comunale di Alessano nell’ambito del progetto Conservare la memoria, si è riusciti a giungere all’identificazione di ben 621 opere, fra olii, tempere, disegni, grafiche e una scultura, anche se molti sono i lavori ancora sconosciuti. Un talento precoce, Panesi, ma intimista, appartato, refrattario alle mode e alle seduzioni dell’industria culturale. A scorrere le sue opere vengono in mente le parole di Boris Vian quando dice: «L’arte deve provocare nel pubblico uno shock violento, che sia attraverso la gioia, la paura, il sesso o qualsiasi altra cosa!». Lo shock, qui, viene dalla spazialità deformata, da androgini malinconici che si crogiolano nella loro ambigua bellezza, da quelle pennellate spesse, capaci di rivisitare attraverso la lente di una personalissima cifra stilistica intere pagine di storia dell’arte. La ricerca della bellezza e dell’armonia sono un denominatore comune fra la pittura e gli scritti di Panesi, gelosamente custoditi dalla madre dell’artista. Dalla lettura degli appunti si comprende che la bellezza, antidoto ai mali della vita e nello stesso tempo misterioso prodotto di questi, è cercata da Piero Panesi non solo nella pittura, ma anche nella scrittura. Amo la pura pioggia di settembre…/ che sa ballare malinconica in punta di piedi/ sulla veste di lava di un cuore accasciato./ E la amo perché dona quei baci trasparenti/ negli occhi angosciati…/ accarezza sottile i nervi spezzati e gli alberi secchi,/ i campi bruciati./ Amo la pura pioggia di settembre che cura gli squarci/ dell’anima sanguinante.

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