«Si esiste solo in quanto si può incontrare: se smetto di incontrare, la mia vita si esaurisce.»
Se
c'è qualcosa che accomuna tutti i giorni di una vita è la ricerca di
qualcosa che manca. C'è un desiderio, un impulso che spinge a riempire
una mancanza strutturale, che fa parte di noi. Quello che, per così
dire, la nostra natura ci invita a cercare imbattendoci
nell'insoddisfazione e nell'inquietudine di mille vicoli ciechi è
l'altro. Non dobbiamo però aspettarci di trovarlo laggiù da qualche
parte, come se fosse un fantasma lontano, perché in questo modo il
pensiero si attorciglia su se stesso e non trova nulla. François Jullien
ci svela che l'altro si trova vicino a noi, a portata di mano, in ciò
che pigramente consideriamo già nostro. L'inaudito, il diverso, non cade
magicamente dal cielo, ma si trascina in modo spensierato nei momenti
più banali. L'altro non è ciò che è opposto e contrario. Ciò che è
contrario è posto di fronte, è inerte e ordinato, e non ha bisogno di
affrontare l'ignoto. Cercare l'altro è possibile soltanto aprendo un
varco in ciò che consideriamo simile e familiare, vicino, apparentemente
già noto. L'incontro con ciò che ci manca è possibile se mettiamo in
discussione quello che crediamo di possedere. Così scopriremo che la
nostra ricerca quotidiana ci spinge incessantemente a smascherare
l'ignoto in ciò che già ci appartiene. Pensare all'altro: non è questo
che può far rivivere la filosofia e, soprattutto, darci l'accesso
all'esistenza?
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