Il tempo che non muore è quello
che ritorna? Pare di sì, se questa volta, mentre presenzia al funerale di un
amico, Marlowe incontra un irlandese conosciuto da bambino, che gli lascia una
busta con il mistero del passato, e un tesoro, per poi svanire dalla scena
inghiottito nel ventre di una nave di Cape Town. Dopo Marlowe ti amo e Dimmi
chi sei, Marlowe, Frank Spada tesse nuovamente la sceneggiatura di un film
d’epoca, dove gli indizi si configurano come misteri ai quali solo il tempo può
dare soluzione. L’incarico di svolgere un’indagine sul fratello di una “lady in
passerella”, accusato di omicidio, porta Marlowe a varcare una linea di confine
parallela all’Oceano Pacifico, costringendolo a far ruotare gli assi della Olds
a Las Mesas e a contabilizzare la strada percorsa da un’automobile che è un
mito con gli squillanti dollari di un libretto al portatore. Neppure chi
comanda il “caso” può sottrarsi al gioco, e rischia di trovarsi messo a nudo
per i suoi rapporti con gli agenti federali. Per Marlowe, e per il suo
inseparabile doppio impegnato a esercitarsi con lo spirito, non sarà difficile
capire che un tesoro maschera un traffico pesante e che l’identità di un morto
non può essere provata da un cadavere con qualche dito in meno.
California e dintorni, anni
Cinquanta, e come sempre il jazz che aumenta i giri degli imprevedibili
pensieri di un autore che mantiene le promesse: complotti, sotterfugi,
suspense, colpi di scena, citazioni, richiami cinematografici, dialoghi
incalzanti, e le metafore celate in una “scrittura” che catturerà il lettore
per la sua originalità.
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