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lunedì 3 agosto 2020

Sylvia di Leonard Michaels A8delphi)




























«Nessuno di noi due parlava. Eravamo incapaci di comunicare, troppo istupiditi dal sentimento per divertirci. Proseguimmo insieme, frastornati, alla deriva in quel caldo onirico. Ci conoscevamo da meno di un'ora, ma sembrava che fossimo insieme, nella pienezza di quel momento, da sempre. Camminammo per diversi isolati senza flirtare, a stento lanciandoci un'occhiata di tanto in tanto, tenendoci vicini. Alla fine ci girammo per rientrare a casa; senza motivo, senza parole, tornammo lentamente indietro per le strade affollate, percorremmo il deprimente corridoio verde, salimmo i sei piani di scale ed entrammo nello squallido appartamento, come una coppia destinata a un rito sacrificale. Cominciò senza un inizio. Facemmo l'amore finché il pomeriggio divenne crepuscolo e il crepuscolo divenne notte fonda.»

«Un contagio visionario» percorre il Greenwich Village dei primissimi anni Sessanta – la terra di nessuno fra la Beat Generation e i figli dei fiori. E proprio nel cuore del Village, mentre «un bizzarro delirio aleggia nell’aria», una coppia di studenti, imprigionati in una livida ossessione d’amore, sprofonda giorno dopo giorno in un allucinato inferno coniugale. Sotto le loro finestre MacDougal Street è «un carnevale demente», scandito da Elvis Presley e Allen Ginsberg; e intanto la loro folie à deux, «impigliata nel suono delle proprie urla», precipita fatalmente verso un esito devastante.

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