Esistono passioni cosí potenti da cambiarti la vita. Da rovesciarti la
testa, i pensieri, lo sguardo. Per Cecilia la musica è esattamente
questo: un modo di vivere, il solo che conosce. «Fai finta di dover
parlare di tutto quello che è finito in un abisso, – le dice il suo
maestro. – Della gioia e del pianto, della vita e della morte. Fai finta
di dovermi raccontare qualcosa che non ha mai avuto parole per essere
descritto. Rimane Bach. Tolto tutto rimane solo lui: la lisca del
tempo». Ma il tempo che cos'è? Cecilia ha otto anni quando un incidente
d'auto le lede per sempre il nervo della mano sinistra e si mette in
testa d'imparare a suonare il violoncello. E ne ha diciannove quando
tenta i primi concorsi. In mezzo, dieci anni di duro lavoro con Smotlak,
un maestro diverso da tutti gli altri, carismatico, burbero,
spregiudicato. Per arrivare a scoprire qual è il senso di ogni sfida e
della sua stessa vita. Cecilia è ancora una bambina, quando a dispetto
di tutto e di tutti – in particolare dei suoi genitori –, entra
all'Istituto Mascagni di Livorno, un conservatorio, e di quelli seri.
Scoprirà a poco a poco cosa significa segarsi i polpastrelli con le
corde, imparare solfeggio e armonia, progredire o regredire,
scoraggiarsi o meravigliarsi. Educare la sua mano, sfidarla. E trovare
una forza inaspettata, un'energia che sembra sprigionare direttamente
dalla fatica. Il suo insegnante, Smotlak, spirito spericolato e grande
scommettitore, capace di perdere a un tavolo da gioco un Goffriller del
1703, punta su di lei come si può puntare su un cavallo, e mira a farla
diventare come gli altri, «quelli senza cuciture». Intorno a loro, una
schiera di personaggi che impareremo a conoscere pagina dopo pagina:
Odila, compagna di corso e unica amica, la terribile prof. Maltinti, il
«sovietico» Maestro Cini... Ma «le vere lezioni non sono quasi mai a
lezione», e Cecilia non tarderà a capirlo, scoprendo che una scommessa
ben piazzata può portarti lontano e che un vero maestro insegna
veramente tutto: perfino a vivere.
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