Parigi, 1794. In una zona centrale della città sorge un palazzo sede di
un collegio militare. Un edificio come tanti, eppure le ricche sale
affrescate da Pigalle e il vasto parco con le voliere, un tempo
frequentati da rampolli di buona famiglia, nel giro di pochi mesi si
sono trasformati in un carcere. Un carcere con una caratteristica unica:
i prigionieri non hanno nessuna intenzione di fuggire. È lì, infatti,
che nei mesi del Grande Terrore si nascondono una trentina di
aristocratici e facoltosi borghesi, sul cui capo pende minacciosa la
ghigliottina, e che devono la loro sopravvivenza unicamente alla Sezione
Rivoluzionaria che li tiene in ostaggio – ma al sicuro – in cambio di
denaro. Nelle stanze ormai in decadenza della Casa gli ospiti ripetono i
riti di un mondo che fuori sta sanguinosamente crollando, uniti in un
gioco di intrighi e ricatti: baroni, burocrati, principesse sotto
mentite spoglie, generali in pensione, vescovi spretati; un ragazzo
arrivato con i nonni che trova conforto in una giovane vedova; una ex
dama di corte svampita e aggrappata al fantasma di un passato fastoso...
A fare da tramite con il mondo esterno è Bertier, un parrucchiere che
frequenta la Casa e che si occupa anche della testa del temibile
Fouquier-Tinville, l’implacabile accusatore del Tribunale
Rivoluzionario, allora in feroce competizione con Robespierre. Una testa
più che mai in bilico, come in bilico sono le vite di tutti, in balia
della furia dei tempi, dominati, come spesso i nostri,
dall’irrazionalità. Per dirla con le parole di Bertier: «La Rivoluzione
ha fatto di noi, anche noi barbieri intendo,degli uomini liberi. E sai
cos’è la libertà in questo mondo disgraziato? Prendersi tutto quello che
si può».
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