Pubblicate postume tra il 1782 e il 1789, "Le confessioni" di
Jean-Jacques Rousseau sono il racconto autobiografico dei primi 53 anni
di vita del filosofo e scrittore ginevrino. Dalla rievocazione di
un'infanzia ricca d'incanto e di letture precoci, alla condanna
dell'Emilio e del Contratto sociale che lo costrinse a darsi alla fuga
per evitare il carcere, passando per la conoscenza della signora di
Warens, prima guida materna poi amante, e per i numerosi vagabondaggi
tra la Francia e la Svizzera alla ricerca di fortuna, senza dimenticare
la frequentazione degli Enciclopedisti, Diderot e Grimm fra gli altri, e
la successiva rottura con quella che definirà con disprezzo la "cricca
holbachiana", l'autore delinea un «ritratto d'uomo dipinto esattamente
al naturale» e, insieme, un affresco di vita settecentesca tanto vivido
quanto coinvolgente. Del resto, ciò che più di ogni altra cosa fa de "Le
confessioni" un poema moderno e un'intensa avventura spirituale, nonché
quasi una supplica rivolta al lettore di ogni tempo perché voglia
inoltrarsi nei meandri di un'anima e perché voglia afferrarne il senso
più intimo, è la volontà dell'autore di dire tutto di sé, della propria
umanità, senza nulla omettere di positivo o di sconveniente.
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