Il romanzo sull'anima di una nazione. Sagace e
illuminante, la riflessione provocatoria di un autore che ha fatto di
Milano il centro della sua poetica.
È sabato sera, a Milano. I
bar e le tavole calde sono affollati per l'happy hour, l'irrinunciabile
piccola "ora felice", e in corso Buenos Aires, via dell'abbondanza, la
calca dell'aperitivo si confonde con quella dello shopping. Poi,
all'improvviso, un uomo si toglie la vita: è il caso zero, quello da cui
tutto comincia. Nelle settimane successive, un'inspiegabile epidemia di
suicidi paralizza la città. Tra capitani d'azienda e vecchine in
pensione, tra chi si impicca in salotto e chi si getta in pieno giorno
dalle terrazze del Duomo, l'unico denominatore comune è un male di
vivere improvviso e irrimediabile. Mario Spinoza, professore di
Letteratura francese, segue questi fatti con interesse. Quando il morbo
si aggrava e Milano viene messa in quarantena, ricercarne le ragioni gli
pare indispensabile: perché proprio questa città internazionale, città
del benessere, città da bere? E perché gli stranieri, anche i più
sfortunati, ne sono immuni? Insieme ad Aram, seminarista con velleità
rivoluzionarie, e a Mara, studentessa convinta che la "peste" milanese
sia paragonabile a quella di Camus, Spinoza cerca di rispondere a una
domanda fondamentale: esiste ancora, nel nostro tempo, qualcuno in grado
di essere felice? Un romanzo sagace e illuminante, la riflessione
provocatoria di un autore che ha fatto di Milano il centro della sua
poetica.
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