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Lunedì 15 luglio in ebook nei
digital store e lunedì 22 luglio in tutte le librerie d'Italia (distribuzione
Messaggerie Libri) esce "Una frisella sul mare. Canzoni, ricordi e ricette
da spiaggia" (Lupo Editore). Dopo "50 sfumature di fritto. Piccolo
Manuale Untologico" la crew gastronomica di Fornelli Indecisi, guidata dal
patron del concorso di cucina dozzinale, giornalista ed ex chitarrista di falò
Pierpaolo Lala, torna con un libro ideale da cantare, leggere e
"consumare" sotto l'ombrellone.
Il libro, un’idea a due menti e
quattro mani del patron e del giornalista, scrittore e musicista Osvaldo
Piliego, nasce dalla consapevolezza di un assurdo paradosso. In quale posto e
in quale stagione si mangiano, fino allo sfinimento, cose pesantissime e dure
da digerire? La risposta è drammatica: in spiaggia, d’estate. L’estate, nel
Salento, è sinonimo di “stanato”. La traduzione è molto semplice: tegame o
teglia da forno in acciaio. Ovviamente può essere anche in altro materiale o
usa e getta ma il concetto resta invariato. Anche perché lo stanato ha bisogno
sempre, per essere infornato, di un complemento di specificazione. Ossia uno
stanato di parmigiana, uno stanato di pasta al forno, uno stanato di
cannelloni, uno stanato di melanzane ripiene, uno stanato di focaccia, uno
stanato di pizza di patate. Lo stanato da solo non esiste, è come dire
"bottiglia". Di cosa: di acqua? di birra? di vino? di succo di
frutta? di olio extravergine d'oliva?
Ognuno di noi ha molti ricordi
“ambientati” in spiaggia o al mare. Tutti abbiamo una colonna sonora,
soprattutto quella dei falò, ormai vietati. Le spiagge dove abbiamo passato le
nostre infanzie ci fanno sempre sorridere e tornare alla mente le corse pinnate
o le prime fidanzatine. E come dimenticare le ricette e le giornate passate a
sfornare e trangugiare “stanati” carichi di parmigiane, paste al forno,
cannelloni, peperoni ripieni, cozze gratinate.
Il libro è diviso, dunque, in tre
sezioni: canzoni, ricordi e ricette. Tra le canzoni "Una frisella sul
mare" accoglie un piccolo repertorio di brani tipici soprattutto degli
anni ’80 e ‘90, che sono gli anni (terribili per alcuni, meravigliosi per
altri) nei quali è cresciuta la maggior parte dei membri della crew, da Albano
e Romina agli 883 passando per Vasco Rossi, Lucio Battisti, Marco Ferradini,
Francesco De Gregori, Antonello Venditti, i Cure, The Smiths, i Beatles, Amedeo
Minghi, il Gruppo Italiano, Bruno Martino, Fred Bongusto, Claudia Mori, Paul
Anka, Francesco Guccini, Vanessa Paradis, Gianni Pettenati, Peppino di Capri e
i brani popolari da cantare a squarciagola.
Grazie ai ricordi di numerosi
giornalisti, foodblogger e scrittori si ripercorre, poi, un lungo tratto della
costa pugliese da Bari sino alla provincia di Taranto. Non è un censimento ma
un viaggio casuale nei ricordi che passa da Capitolo, Spiaggia Bella, Torre
Chianca, San Cataldo, San Foca, Torre dell’Orso, Otranto, Santa Maria di Leuca,
Ugento, Porto Cesareo, Marina di Pulsano, Torre Ovo e tante altre località.
Donpasta, Osvaldo Piliego, Giuseppe Calogiuri, Raffaele Gorgoni, Alessio Viola,
Paola Sgobba, Francesa D’Agnano, Adolfo Maffei, Ennio Ciotta, Antonietta
Rosato, Salvatore De Simone, Fulvio Totaro, Maria Grazia Fasiello, Salvatore
Caracuta, Andrea Gabellone, Carlo Morelli, Daniela Sabato, Letizia Basile,
Danilo Siciliano, Dario Goffredo, Dario Quarta, Rossano Astremo, Paolo La
Peruta, Viviana Guadalupi e la misteriosa Senora Mia, ci raccontano una Puglia
diversa, vista da un’angolatura particolare: quella della tavola apparecchiata
in casa o improvvisata in una cabina, sugli scogli o sotto una pineta.
L’ultima parte è dedicata ad una
settantina di ricette, in rigoroso ordine alfabetico, perché in spiaggia non
esiste la differenza tra antipasto, primo, secondo, frutta, dolce. Tutto può
essere un pasto unico, perché c’è chi si mantiene leggero dissetandosi magari
con una granita o gustando un gelatino, c’è chi invece arriva in spiaggia
organizzato come fosse l’ultimo pranzo della sua vita. Le ricette sono
recuperate qua e là, rubacchiate on line, suggerite da amici e amiche,
tradizione di famiglia o selezionate tra i partecipanti alle precedenti
edizioni di Fornelli Indecisi. Infine Manila Benedetto ci spiega le sue teorie
sulle cose da bere (e da digerire) mentre a Pino De Luca (colonna di Fornelli
Indecisi) è affidato l’arduo compito di concludere con un “trattato” sulla
frisa. Quasi 200 pagine di note, parole e calorie.
Fornelli Indecisi è un concorso
di cucina dozzinale, nato dall’esperienza dell’omonimo gruppo su Facebook.
Casalinghe disperate, single buongustai, nonne con la frittura nel sangue,
mamme con la polpetta facile, zii con il vizio della crostata, nonni avvezzi
alla pasta con le cozze, quelli che dicono “non so chi sia Antonella Clerici”,
quelle che pensano che “la Parodi era meglio cotta e mangiata” sono i
concorrenti ideali di questo concorso dedicato a tutti. La quarta edizione,
anticipata dalle Primarie del Centrotavola, è attesa per la primavera 2014.
Il trentaseienne leccese
Pierpaolo Lala, socio-lavoratore della Cooperativa Coolclub, prova a fare il
giornalista sin dalla tenera età. Vive prettamente su Facebook (o retwittandosi
da solo) e quando ha tempo a San Cesario di Lecce, dove uccide piante e cerca
di sfamare gatti dai nomi strampalati. Sino al 2001 è stato un grande
chitarrista da falò proponendo cover demenziali e inediti tremendi. Da molti
anni prova a scrivere un libro sui neologismi della politica. Nel frattempo ha
ideato Fornelli Indecisi e ha pubblicato due libri di ricette (di altri). Prima
di entrare in acqua aspetta almeno quattro ore anche se ha mangiato solo una
fetta di melone. Dal 2012 è considerato un frittologo e un po’ si vergogna.
Quando gli chiedono che fai nella vita risponde serio: “Posto cose, taggo
gente”.
PROLOGO di Pierpaolo Lala
La cucina per me è fatta di
ricordi. La cucina per me è fatta di facce, dettagli, luoghi, situazioni,
canzoni, persone, donne amate e famiglie adorate, amici persi e amici trovati,
fanciullezza faticosa e adolescenza negata, chitarre e falò. La cucina per me è
mia madre che cerca la ricetta giusta per soddisfare le esigenze di tutti. La
cucina per me sono le mie nonne che ho perso troppo presto ma che ricordo alle
prese con i pranzi e le cene del giorno di festa, quelli in cui io mi sedevo
ancora al tavolo dei piccoli (de li piccinni) e recitavo la poesia in piedi
sulla sedia. La cucina per me sono le mie zie che ho osservato nelle lunghe
giornate passate con loro e i miei cugini. La cucina per me è una novità. Nel
2008 ho iniziato, per scherzo, un’avventura che si chiama Fornelli Indecisi.
Una rubrica di cucina dozzinale su Facebook che poi si è spostata nella vita
reale trasformandosi in un concorso. La cucina per me sono le oltre 200 persone
che in tre anni hanno partecipato, con lo spirito giusto, al concorso,
proponendo ricette da tutta Italia (e anche dall’estero) e provando a
raccontare la loro storia, il loro ricordo legato a quel piatto povero o ricco
che fosse. La cucina per me è un libro, nato per scherzo. “50 sfumature di fritto. Piccolo manuale
untologico”, uscito poco prima di Natale 2012. Una bella esperienza che mi ha
portato in giro per il Salento, la Puglia e l’Italia a raccontare Fornelli
Indecisi e parlare di frittura. Dalle biblioteche ai ristoranti, da
un’università per la terza età ad un festival sull’olio, dai pub alle cantine
di vino, dai negozi di design alle librerie, dalle enoteche all’Ikea di Bari ho
girato parecchio e ho conosciuto moltissime persone. Ognuno mi spiegava il suo
punto di vista dal quale osservare e praticare la cucina. La cucina per me sono
due modi di dire tipici di questa zona che hanno costellato tutta la mia vita e
quella di altre migliaia di persone. È difficile, complicato, ostico se non
impossibile riuscire ad estorcere le ricette alle proprie mamme per non parlare
delle nonne. La parola magica quando la descrizione non è esaustiva è una sola:
“règolati”. Cioè la ricetta c’è, le grammature anche ma ad un certo punto solo
l’esperienza può darti una mano. La regola del regolati vale per tutto (o
quasi). Nelle ricette è tradotto come q.b. ossia quanto basta, e vale per sale,
pepe, spezie in genere ma funziona a meraviglia con molti ingredienti
fondamentali. Quando prepara il polpettone, amalgamando la carne macinata con
l’uovo, il parmigiano, il pangrattato e un pizzico di sale (più altri
ingredienti a scelta), mia madre mi dice che ad un certo punto capisci che è
pronto perché lo senti. Senti tra le mani la consistenza che cambia e senti
anche l’odore della carne che man mano si fa meno intenso e prende i colori
della menta, dell’uovo, del formaggio. Nella vita io ho sempre cercato di
regolarmi, navigando a vista. In cucina c’è una quota di preparazione e di
meticolosa scienza e una quota (quella più affascinante, secondo me) che ti
porta a improvvisare, a regolarti e seguire il tuo istinto e il tuo gusto.
Il secondo modo di dire mi ha un
po’ rovinato la vita e mi ha portato ad ingrassare fin da piccolo. Oggi si
discute molto di indice di massa corporea, calorie, diete, cibi biologici.
Negli anni ’80, quando io ero piccolo, perché anche io sono stato piccolo,
questa “disciplina alimentare” era meno diffusa. Nelle mense ci servivano
quello che c’era e si poteva dare e anche in casa cercavamo di rubare le nuove merendine.
Insomma per un bambino corpulento (cicciottello, insomma ditela come solo i
piccoli sanno dire, con fare sprezzante) la frase di cui voglio parlarvi era la
pietra tombale su ogni velleità dietologica. Dopo pranzi luculliani, a base di
ogni ben di Dio, al minimo diniego, del tipo “basta, sono pieno”, la frase
tipica era “mena, ca verdura ete” (non fare lo schizzinoso, in fondo è solo
salutare verdura). Secondo questa corrente di pensiero, la parmigiana di
melanzane è verdura. E, in effetti, alla base del poderoso maniero sugoso c’è
una verdura, la melanzana, peccato sia pastellata e fritta. Se non è fritta, mi
spiace dirlo, non si tratta di parmigiana ma di un falso ideologico da
perseguire civilmente e (nei casi di reiterazione del reato) penalmente. Da
queste e altre riflessioni (che Gabriella, a furia di risentire, ha imparato a
memoria) scaturite da circa trenta presentazioni del libro è nata la
consapevolezza di un assurdo paradosso. In quale posto e in quale stagione
mangiamo fino allo sfinimento, cose pesantissime e dure da digerire? La
risposta è quasi surreale: in spiaggia d’estate. Sembra assurdo ma dalle mie
parti (nel profondo sud del Salento) e non stento a credere che sia lo stesso
in tutti i sud del mondo (ma secondo me anche al nord, certe cose sono uguali)
l’estate è sinonimo di “stanato”. La traduzione è molto semplice: teglia da
forno in acciaio. Ovviamente può essere anche in altro materiale o usa e getta
ma il concetto è sempre lo stesso. Anche perché lo stanato ha bisogno sempre di
un complemento di specificazione. Ossia uno stanato di parmigiana, uno stanato
di pasta al forno, uno stanato di cannelloni, uno stanato di melanzane ripiene.
Lo stanato da solo non esiste. è come dire una bottiglia. Di cosa? Di acqua, di
birra, di succo di frutta? E quindi da questa certezza è nata, insieme
all’amico, socio e collega, Osvaldo Piliego l’idea del libro che avete appena
acquistato o che state sfogliando (scroccando) in libreria o da qualche amico.
Ognuno di noi ha dei ricordi “ambientati” in spiaggia o al mare, legati alla
musica (soprattutto quella dei falò, ormai vietati), a luoghi precisi (le
spiagge dove abbiamo passato le nostre infanzie vi fanno sempre sorridere e
ricordare le corse pinnate o le prime fidanzatine) e ricette (perché in
spiaggia, comunque, bisogna pur mangiare). Il libro è dunque diviso in tre
parti: Canzoni, ricordi e ricette. Ogni sezione è aperta da una o più
introduzioni. Tra le canzoni troverete un piccolo elenco di brani tipici
soprattutto degli anni ’80 e ‘90, che sono gli anni (terribili per alcuni,
meravigliosi per altri) nei quali sono cresciuti la maggior parte degli autori
della seconda sezione. Grazie ai ricordi degli amici Donpasta (Daniele De
Michele), Pino De Luca, Osvaldo Piliego, Giuseppe Calogiuri, Raffaele Gorgoni,
Alessio Viola, Paola Sgobba, Francesa D’Agnano, Adolfo Maffei, Ennio Ciotta,
Antonietta Rosato, Salvatore De Simone, Fulvio Totaro, Maria Grazia Fasiello,
Salvatore Caracuta, Andrea Gabellone, Carlo Morelli, Daniela Sabato e Letizia
Basile, Danilo Siciliano, Dario Goffredo, Dario Quarta, Rossano Astremo, Paolo
La Peruta e Viviana Guadalupi ripercorriamo un lungo tratto della costa
pugliese da Bari sino alla provincia di Taranto. Non è un censimento ma un
viaggio casuale che passa da Capitolo, San Cataldo, Torre dell’Orso, Otranto,
Santa Maria di Leuca, Ugento, Porto Cesareo, Marina di Pulsano, Torre Ovo e
tante altre località che non ho mai visto e che non ho mai “assaggiato”.
L’ultima parte è dedicata alle
ricette, in ordine alfabetico, perché in spiaggia non esiste la differenza tra
antipasto, primo, secondo, frutta, dolce. Tutto può essere un pasto unico,
perché c’è chi si mantiene leggero dissetandosi magari con una granita o
gustando un gelatino, c’è chi invece arriva in spiaggia organizzato come fosse
l’ultimo pranzo della sua vita. Le ricette sono recuperate qua e là,
rubacchiate da facebook, suggerite da amici e amiche e selezionate tra i
partecipanti a Fornelli Indecisi (che ringrazio fino allo sfinimento). Manila Benedetto
ci spiega le sue teorie sulle cose da bere (e da digerire) mentre a Pino De
Luca (colonna di Fornelli Indecisi) è affidato l’arduo compito di concludere
con un “trattato” sulla frisa. Il titolo è nato da un brainstorming in ufficio
che alla fine ha messo insieme una canzone famosissima con uno dei simboli,
positivi e negativi, della cultura enogastronomica della mia regione. In alcuni
posti una frisa con il pomodoro costerà poco meno di questo libro,
controindicazione della crescita di presenze turistiche degli ultimi anni.
In chiusura tre consigli:
- ascoltate le canzoni (anche
quelle più brutte, e non sono poche)
- leggete i racconti (anche
quelli più tristi)
- provate le ricette che vi
suggeriamo (anche e soprattutto quelle più pesanti).
Buona estate e chi è senza
peccato scagli la prima dieta.
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